Le cluster bomb incubo dei civili

«Tutte le armi e le munizioni usate dalle forze armate israeliane sono legali dal punto di vista del diritto internazionale e il loro uso è conforme alle convenzioni internazionali». Questo è quanto hanno dichiarato alla Bbc i rappresentanti dell’esercito di Tel Aviv interpellati sull’uso delle cluster bomb nel sud del Libano durante i bombardamenti delle scorse settimane. Sul piano teorico questa dichiarazione è sicuramente insindacabile, visto che Israele, ma anche Stati Uniti, Cina, India, Pakistan, Egitto ed altri, non hanno firmato il trattato di Ottawa del 1997 sulla proibizione dell’uso, stoccaggio e trasferimento di mine antipersona e sulla loro distruzione, ratificato invece da 151 paesi, fra cui l’Italia. Tuttavia sul lato pratico l’utilizzo di questo tipo di munizioni va a colpire indiscriminatamente la popolazione civile. Infatti circa il 20% delle bombe non detonano al contatto con il suolo dove rimangono fino a quando un pur piccolo movimento non le fa esplodere.
Le cluster bomb, note anche come bombe a grappolo, vengono utilizzare per rendere impraticabili strade o piste di aereoporti, causare danni a veicoli oppure per uccidere o ferire i soldati nemici. Possono essere lanciate sia dall’artiglieria che dall’aviazione e, nel momento in cui si trovano ad alta quota, si aprono a grappolo, appunto, disperdensosi in un’area assai vasta. «Ancora oggi – ha detto Giuseppe Schiavello, della campagna italiana contro le mine, – in Cambogia, a più di trent’anni dalla fine della guerra, esplodono le cluster bomb. A Sarajevo per esempio, l’anno scorso sono morti due bambini che giocavmo con una di queste bombe. Una delle particolarità di tale armamento – ha aggiunto Schiavello – è data dalle sue piccole dimensione e dal fatto che spesso essendo colorate, o fasciate da un minuscolo paracadute, attirarano l’attenzione dei bambini. A differenza delle vecchie mine antipersona, dove a morire erano circa il 50%, le cluster bomb non lasciano scampo».
Secondo Chris Clark, capo della missione di sminamento dell’Onu nel sud del Libano, dopo un ispezione di circa il 40% dei siti dove sono state utilizzate e ritrovate munizioni israeliane, vi sarebbero bombe pronte ad esplodere in circa 30 località che, probabilmente alla fine delle operazioni di monitoraggio, potrebbero arrivare fino a 100. Il problema infatti si presenta adesso con il rientro degli sfollati nelle case abbandonate durante il conflitto. «Entro sei mesi – dichiara Clark – la situazione sarà sotto controllo ed entro un anno sarà risolta». Ad oggi, dopo un’inchiesta di Rainews24 di alcuni mesi fa, sono 57 i paesi al mondo che ancora possiedono le cluster bomb e 32 quelli che le producono, fra cui anche l’Italia che ha messo al bando le mine nel 1997.