Le aperture di Parigi. Ma per Bersani «restano nubi»

Stop ai litigi sull’opa Enel su Suez per conquistare la belga Electrabel. Ed ecco, negli auspici di Prodi e Chirac, il nuovo clima di collaborazione sulle partite aperte nell’energia: gli scambi di partecipazioni tra gli operatori dei due paesi, la corsa comune al nucleare di nuova generazione, il difficile compito di smaltire le scorie.
L’allungamento dei tempi della fusione “difensiva” tra Suez e Gaz de France favorirà – secondo Prodi – la ripresa di «discussioni amichevoli». Perché «un atteggiamento ostile non tile» ammonisce il nostro Presidente del Consiglio, che sembra voler archiviare definitivamente il progetto di un assalto non pacifico del nostro ex monopolista elettrico agli asset europei controllati dalle aziende d’oltralpe.
Dare, avere e collaborare. In nome della reciprocità, sottintendono i due premier. Riaprendo magari i giochi – sembra di capire – per una cessione “concordata” all’Enel di quegli impianti elettrici che Suez dovrà comunque alienare per rispettare i vincoli Antitrust legati alla fusione con Gaz de France.
Si cambia davvero registro? Presto per dirlo. L’Enel si nasconde dietro un prudente no comment. E un richiamo al realismo, se non allo scetticismo, viene dal nostro ministro dello Sviluppo economico Pier Luigi Bersani. Tra Italia e Francia «rimangono nubi sui rapporti energetici» afferma Bersani al termine del vertice di Lucca. Comunque «non abbiamo interesse ad operazioni ostili o aggressive, che si tratti di Enel, Eni o Saipem» puntualizza Bersani riferendosi anche alle voci riportate ieri dalla stampa francese di un progetto
di Opa dell’Eni, attraverso la Saipem, sulla transalpina Technip, specializzata in ingegneria dei servizi petroliferi. Voci peraltro smentite dal cane a sei zampe.
Reciprocità? Il problema è tutto lì, sottolinea Bersani. Che rimarca l’«accoglienza strepitosa» garantita ad Edf nella nostra Edison mentre gli accordi imbastiti tra Edf e Enel «non sono andati a compimento». Peccato, perché la nostra idea è che debba esserci una pluralità di campioni europei». «Bisogna che si mescolino i sangui. È illusorio e regressivo – insiste – un ripiegamento su dimensioni nazionali». Un po’ di sangue si sta intanto mescolando nella problematica gestione delle scorie nucleari. Proprio ieri è stato firmato l’accordo, già imbastito a gennaio, sul trattamento in Francia delle nostre scorie più pericolose, che ci tiriamo dietro dalle vecchie centrali atomiche chiuse con il referendun dell’87. L’accordo, siglato da Bersani e dal suo omologo francese Francoise Loos, prevede che 235 tonnellate di combustibili irraggiati vengano trasportate progressivamente in Francia (dal prossimo gennaio alla fine del 2015) per essere trattate dalla società specializzata Areva, che per il compito riceverà 267 milioni di euro, restituendo poi al nostro paese, tra il 2020 e il 2025, il prodotto del “processamento”: uranio e plutonio, non meno bisognosi di una rigorosa custidia.
A occuparsene sarà a quel punto la Sogin, la società pubblica costituita per gestire i cascami del nostro nucleare. Che dovrà comunque piazzare questo materiale – puntualizza Bersani in una nota – in un deposito di superficie. La cui collocazione dovrà essere individuata «attraverso un approfondito confronto con le regioni» sottolinea nella nota, che censura duramente la scelta del Governo Berlusconi (poi abortita a furor di popolo) di allestire il deposito unico nazionale nel sottosuolo salino di Scanzano Jonico.