Lavoro, morire a soli 17 anni

Aveva appena diciassette anni, Giuseppe Di Vincenzo. E’ morto nella notte di mercoledì all’Ospedale Cardarelli di Napoli dove era stato portato in condizioni quasi disperate. Operaio giovanissimo, originario di Andria (Bari), Giuseppe si era infortunato sabato scorso in un cantiere edile a Corato (Bari). Stava facendo un collaudo all’impianto del gas, quando all’improvviso è stato completamente investito da una fiamma sprigionatasi dalla saldatrice. Il corpo in fiamme che corre all’impazzata, qualche collega che lo carica sulla propria autovettura e lo «abbandona» di fronte al vicino Pronto Soccorso, poi il traferimento d’urgenza a Napoli, quattro giorni di agonia, fino alla morte.
Poco ancora si sa della vicenda, il cantiere è stato posto sotto sequestro e la Procura ha aperto un’inchiesta, iscrivendo nel registro degli indagati, come persone informate dei fatti, una donna e due uomini: Adele Sbisà, amministratrice dell’imponente complesso Corte Bracco dei Germani di Corato (dove Giuseppe stava lavorando) e Mauro Galeno e Nicola Nannola, titolari dell’impresa andriese «Termo In», dalla quale Giuseppe sembra fosse stato assunto un giorno prima dell’infortunio.
Alla Camera del lavoro regionale, il clima è di sgomento. La tragedia si è consumata in un cantiere edile per i lavori di ristrutturazione della tenuta Corte Bracco dei Germani. Ma Giuseppe lavorava per una piccola impresa metalmeccanica (la Termo In) che aveva preso in subappalto i lavori da un’altra azienda di Corato, la Idrotermica Perrone. Sembra fosse stato inquadrato con un contratto di apprendistato (l’unica forma possibile, trattandosi di un minorenne), e da metalmeccanico, benchè fosse al lavoro in un cantiere edile.
Giuseppe è stato «abbandonato», sembra, di fronte al pronto Soccorso di Corato. Dicono fosse ancora lucido, pur avendo il corpo quasi completamente ricoperto da ustioni di secondo e terzo grado. Stava saldando una tubatura (non si sa se con le obbligatorie protezioni), quando una enorme fiammata gli si è sprigionata addosso, e tutto il corpo ha preso fuoco. Per quale ragione chi lo ha accompagnato al pronto Soccorso lo ha poi «abbandonato» lì?
Su questo, e sugli altri buchi di questa drammatica storia, saranno forse le indagini a fare luce. Quello che resta invece è l’ennesima vittima, giovanissima, di un bollettino che tragicamente si aggiorna di giorno in giorno. Nel nostro Sud, «quando si è disoccupati si accetta di tutto, purchè si lavori va tutto bene» dice Donato Stefanelli, segretario della Fiom pugliese. Nel nostro Sud, e forse non solo, «agli infortuni e alle morti delle statistiche si aggiungono quelli non denunciati, che restano nel sommerso o vengono cammuffati da malattia, perchè quando sei disoccupato sei anche ricattabilissimo». In Puglia – dice Mimmo Pantaleo, segretario della Camera del Lavoro – perdono la vita sul lavoro soprattutto i giovani ai primi giorni di lavoro: «Nonostante i passi avanti di questo governo, la prevenzione è ancora del tutto insufficiente». «La politica continua a pensare alla sicureza sul lavoro come ad un problema esclusivamente economico» accusa invece Pietro Mercandelli, presidente dell’Anmil. Soltanto nell’edilizia, sono 45 le morti che si contano dall’inizio dell’anno. E non solo nel meridione. Ieri, nel bergamasco, un albanese di 47 anni è precipitato nella tromba dell’ascensore di una palazzina in costruzione presso la ditta Marcegaglia ed è in gravi condizioni. Per oggi invece Fim, Fiom e Uilm di Padova hanno proclamato uno sciopero di 3 ore «per la sicurezza del lavoro». Il concentramento partirà dalla Fonderia Anselmi, a Camposanpietro (Padova), dove la settimana scorsa hanno perso la vita due rumeni.