Nell’Unione a 25 sono circa 43 milioni i lavoratori di età compresa tra i 15 ed i 29 anni, 5 milioni dei quali con meno di 20 anni. E sono circa 430 i lavoratori europei under 25 che muoiono ogni anno sul lavoro. Questi i dati presentati da“Partiamo bene! ”, la campagna europea sulla prevenzione dei rischi nei luoghi di lavoro, un’iniziativa dell’agenzia europea per la salute e la sicurezza al lavoro, organismo dell’Ue che ha sede a Bilbao, a cui ha aderito la Confederazione Europea dei Sindacati. Ogni anno l’Agenzia individua un tema riguardante la prevenzione, da focalizzare in una serie di iniziative concentrate in una settimana sul tema. Quest’anno la scelta è caduta sui rischi riguardanti i giovani al lavoro. Secondo l’agenzia, i lavoratori giovani sono esposti agli infortuni almeno per il 50% di probabilità in più rispetto agli adulti, in tutti i settori di attività economica. Oltre un milione di essi ogni anno subiscono infortuni, abbastanza gravi da costringerli ad assentarsi dal posto di lavoro per più di tre giorni. Una ricerca canadese rileva che i giovani hanno una probabilità di infortunio cinque volte maggiore rispetto agli altri lavoratori nelle prime quattro settimane di lavoro e che su di loro grava anche una minore consapevolezza delle questioni relative alla salute sul lavoro. L’agenzia individua tra i motivi la mancanza di esperienza, l’immaturità fisica, la scarsa conoscenza dei problemi attinenti alla salute e alla sicurezza e il mancato riconoscimento di tali fattori da parte delle imprese, quindi: insufficienti formazione, supervisione e misure di protezione, incapacità di collocare i giovani in situazioni di lavoro adeguate. Il gruppo di lavoratori di età più giovane, vale a dire tra i 15 ed i 24 anni, è quello più esposto ai lavori fisicamente pesanti. Le indagini della fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro mostrano, inoltre, che, nella società della globalizzazione, lavorare a velocità elevata e con scadenze pressanti è abbastanza comune tra i giovani. Rispetto ad un lavoratore medio, i giovani hanno maggiori probabilità di essere soggetti a mansioni e movimenti ripetitivi, oltre che a dover sopportare peggiori condizioni quali temperature estreme, rumori e vibrazioni forti sui luoghi di lavoro.
Per i sindacati europei, la salute e la sicurezza dei giovani al lavoro è decisamente legata alla lotta contro la precarietà. La cosiddetta “flessibilizzazione” dei rapporti di lavoro ed il conseguente circuito di precarietà a cui i giovani sono assoggettati negli ultimi decenni hanno avuto e continuano ad avere di fatto un rilevante impatto sulla salute. E’ una questione crescente ed urgente: decine di milioni di donne e uomini nell’Unione europea, soprattutto giovani, lavorano in situazioni precarie ed i precari sono più vulnerabili e vittime di infortuni sul lavoro. La precarietà dei giovani si accompagna alla debolezza della loro posizione nelle contrattazioni collettive riguardanti i salari, le loro condizioni di lavoro e la loro protezione sociale, abbassando quindi il livello degli standard sociali e attaccando il “modello sociale europeo”. Non ricevono né formazione né informazione e, inoltre, spesso entrano in una spirale che porta all’esclusione sociale e ad una forma di precarietà esistenziale. Lo stress professionale, largamente sconosciuto o ignorato, ha cominciato a pesare sempre più sul benessere dei lavoratori, tanto da divenire in Europa il secondo problema di salute dopo il mal di schiena. E, in connessione con lo stress ed i disturbi psicologici in senso lato, va poi segnalato il carico di lavoro, in costante aumento. Anche questo è un elemento di forte importanza, soprattutto perché tra il 1990 ed il 2000 in Europa i lavoratori sottoposti a ritmi elevati sono passati dal 40 % al 56% e quelli sottoposti a rigide scadenze dal 50% al 60%.
La settimana europea ha coinciso con i dibattiti preparatori della nuova strategia comunitaria sulla salute al lavoro per il periodo 2007-2012. La nuova strategia dovrebbe comportare tra le sue priorità la lotta alla precarietà ed il rafforzamento delle strutture che sono alla base della prevenzione come i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, le ispezioni ed i servizi di prevenzione. Il quadro che si delinea evidenzia ancora un lungo cammino da compiere verso l’avvicinamento agli obiettivi della strategia di Lisbona di più posti di lavoro e di migliore qualità.