Lavoratori di ceramica, non si buttano

Come aiutare lo sviluppo del made in Italy di qualità? Una domanda che investe direttamente il caso della Richard Ginori 1735 di Sesto Fiorentino, storica manifattura di ceramiche al centro da mesi e mesi di una dura e complicatissima vertenza. Uno scontro che ha portato a 30mila ore complessive di sciopero, le ultime venerdì scorso. Con gli oltre 300 lavoratori e le loro rappresentanze sindacali che chiedono di non affrontare la crisi (bilancio in rosso di 18 milioni) facendo passi indietro ma in avanti. Con investimenti, innovazioni e commercializzazione adeguata di un marchio conosciuto in tutto il mondo. Invece, l’ultimo piano industriale conosciuto (e bocciato) prevedeva 109 esuberi, e lasciava spazio a una sola speranza – quella di un nuovo stabilimento – a patto di poter giocare la carta della «riqualificazione» immobiliare dell’area dove oggi ha sede la Ginori. Uno spazio enorme, in una zona residenziale assai appetibile del grosso centro alle porte di Firenze. In risposta, l’amministrazione comunale ha approvato un regolamento urbanistico che non prevede interventi edilizi nell’area, e il sindaco sestese Gianni Gianassi è tornato a chiedere apertamente investimenti per rilanciare l’azienda. Insomma un altro muro contro muro. Ma chi controlla Ginori, e cioè il gruppo Pagnossin di Carlo Rinaldini, continua ad andare per la sua strada. Nonostante il peso di 50 milioni di debiti con le banche. O forse proprio per quello.
Rsu e sindacati sono andati al ministero delle attività produttive. Doveva essere un incontro per discutere di un nuovo piano industriale con l’ormai ex partner di Rinaldini, Rocco Bormioli, che invece si è ritirato dalla scena pochi mesi dopo la sua entrata perché non si è realizzata nessuna delle condizioni minime per avviare un lavoro in prospettiva. Per Rsu e sindacati è diventata l’occasione per cercare di dare un respiro nazionale alla vertenza: «Ginori ha un mercato e avrebbe anche potenziali acquirenti – spiega Luca Paoli della Filcem Cgil fiorentina – ma Rinaldini non intende mollare la presa». Così, all’incontro al ministero c’erano i nuovi soci di Rinaldini: il patron dei marchi Porcellana Bianca e Viceversa, l’aretino Rolly Bonelli, e l’immobiliarista Luca Fabrizio Sarreri. Su di loro il giudizio di Paoli è quantomeno dubbioso: «Sono acquirenti molto presunti, visto che sono anche loro in difficoltà finanziarie. Li hanno venti milioni per Ginori?». All’incontro c’era anche Domenico Dal Bo’, che è stato uno dei sette amministratori delegati succedutisi in Ginori negli ultimi due anni. Uomo di fiducia di Rinaldini (tanto quanto inviso ai lavoratori e ai sindacati), era stato lui a presentare il piano industriale poi bloccato che prevedeva i 109 esuberi. Quasi inutile dire che il suo ritorno rende, se possibile, ancora più difficile la situazione.
L’assemblea che vedrà l’entrata in scena ufficiale dei nuovi soci di Ginori è stata fissata per il 16 gennaio prossimo. «La Filcem ci sarà – chiude Paoli – per dire che Ginori ha bisogno al più presto di essere rilanciata con un nuovo piano industriale che abbia investimenti adeguati. Intanto lo stato di agitazione va avanti. E’ stato deciso dall’assemblea dei lavoratori, dopo che abbiamo spiegato loro che l’incontro al ministero non è andato bene. Non ha fatto chiarezza. E i due nuovi soci di Rinaldini ci hanno detto che secondo loro non c’è bisogno di un nuovo stabilimento». Natale davvero difficile per gli oltre 300 lavoratori della Ginori e le loro famiglie.