L’avanzata della Bolkestein

Il principio del paese d’origine sparisce dal testo della Bolkestein. Lavoratori di tutta Europa riponete le bandiere,non c’è niente da festeggiare. E’sparita la forma, non la sostanza. Semplicemente l’articolo della direttiva non si chiama più così,ma il risultato è praticamente identico. La commissione mercato interno del parlamento europeo ha fatto lo sgambetto ad Evelyne Gebhart,la relatrice socialista che si era presa l’incarico di scrivere oltre mille emendamenti al testo originale e che alla fine si è addirittura astenuta dal voto complessivo sul suo testo,lasciando libertà I ai suoi compagni di partito,di cui molti erano per il “no”. Adesso il principio del paese d’origine si chiama cooperazione amministrativa e significa che una ditta di un qualsiasi Paese dell’Ue potrà concorrere alle gare d’appalto per l’accesso e la gestione di un servizio di un altro Paese membro,presentandosi con le sue leggi e le sue consolidate pratiche.Il Paese ospitante potrà fissare dei limiti e delle norme solo negli ambiti di pubblica sicurezza e ordine pubblico,della sanità pubblica e dell’ambiente. Cosa significa? Facciamo un esempio:se la Fiat decidesse di aprire uno stabilimento in Estonia seguendo il modello di Mirafiori, potrebbe farlo senza alcun problema,a patto che non fomenti una rivolta popolare o che non inquini troppo la zona limitrofa.
Ma i salari e i turni di lavoro sarebbero gli stessi di Mirafiori e non sarebbero sottoposto ad alcun controllo da parte del governo estone.Perchè i diritti dei lavoratori non rientrano in quegli ambiti che la nuova Bolkestein affida ai controlli nazionali.E provate ad immaginare lo stesso esempio a parti invertite…Ma dove va a colpire la Bolkestein? Su tutti i servizi di interesse economico generale quali
definiti dagli Stati membri (e qui si dovrebbe aprire una lunga parentesi su cosa si debba intendere,perchè,per esempio,il libro bianco sui servizi dell’Italia non è una lista valida) ad eccezione dei servizi postali,trasporti, distribuzione e fornitura di elettricità e di gas,di acqua e dei rifiuti.
I nsomma come prima, piu’ di prima e’ da odiare, questa Bolkestein.
E’ questo il risultato di un intero pomeriggio di votazioni alla commissione mercato interno, dove all’ultimo minuto sono saltati i compromessi faticosamente raggiunti. Popolari e liberali hanno ritirato l’appoggio al testo della socialista tedesca per poi affossare in emiciclo, una a una, tutte le modifiche. Il tanto atteso articolo 16, quello che appunto stravolgeva il principio del paese d’origine, era oggetto di
due emendamenti e di un consolidato. I due emendamenti dividevano il principio di accesso da quello di gestione e hanno fatto entrambi una brutta fine; il consolidato – quello di cui abbiamo scritto poche righe fa – e’ stato salutato con un applauso dai banchi dei popolari e dei liberali. Un brutto colpo per i democratici e i socialisti che tanto avevano puntato sul compromesso Gephard e che alla fine sono costretti ad ammettere, anche se non fino in fondo, che da questa aula belga e’ uscito un vero e proprio pasticcio. Nella conferenza stampa dopo il voto Gephard si e’ detta delusa e costernata, ha accusato gli avversari politici di non voler raggiungere una mediazione per la crescita dell’Unione e ha promesso
battaglia nelle prossime tappe della Bolkestein, cioe’ nel Consiglio dei ministri e poi in aula, a meta’ gennaio. E forse e’ questa l’unica notizia positiva per il fronte anti-Bolkestein: il ko ha avuto l’effetto di riavvicinare le posizioni. Se infatti a chiedere il ritiro tout court della direttiva erano rimasti il Gue e le destre, da ieri anche socialisti e democratici stanno ripensando la loro posizione.
Per dire, Gianni Rivera, di Uniti nell’Ulivo e’ fra i 10 che hanno votato contro il testo uscito dall’aula; Antonio Panzeri, vice presidente Ds, a meta’ seduta non faceva altro che pregare per un voto favorevole agli emendamenti all’articolo 16 e a fine pomeriggio era a dir poco deluso; Luigi Cocilovo, vice presidente del Parlamento (Margherita) si riservava di leggere meglio le carte, ma certo «quel principio del Paese d’origine non l’ho mai digerito, anche se io sono favorevole alle aperture alla concorrenza ». Facile immaginare che le facce lunghe di Bruxelles siano le stesse di Roma, dato che Ds soprattutto, ma anche la Margherita, non hanno mai nascosto di puntare tutto sul jolly Gephard. Per questo gli oppositori della diret- tiva liberalizza-servizi gettano un po’ di sale nelle ferite e poi tendono
l’invito: «Quanto accaduto oggi (ieri, Ndr) testimonia una visione dell’Europa che non e’ modificabile ne’ temperabile, nonostante si tentasse di costruire intese bipartisan – afferma Marco Bersani, Attac – adesso e’ necessario costruire una nuova mobilitazione piu’ ampia e orizzontale che chieda il ritiro della direttiva ». Parole che trovano il consenso di Musacchio, capogruppo del Prc all’Europarlamento: «Il cattivo testo di compromesso e’ stato ulteriormente peggiorato dalle destre. Cio’ conferma che le “grandi coalizioni” sono foriere di guasti profondi. Adesso bisogna procedere verso il rigetto della
direttiva». Non e’ andata come doveva andare, ieri a Bruxelles. Tutti si aspettavano un voto favorevole o, nella peggiore delle ipotesi, l’ennesimo rinvio. D’altronde, non c’erano motivi per dubitare, perche’ il compromesso era frutto del lavoro di socialisti, popolari, liberali e democratici. Lo pensavano anche in Italia, tanto che era gia’ pronta una conferenza stampa dei due vice presidenti del Parlamento europeo, uno di Forza Italia e l’altro della Margherita, dal titolo inequivocabile:
«La direttiva Bolkestein sulla liberalizzazione dei servizi: due punti di vista, un compromesso ». Non se ne e’ fatto piu’ niente, lo hanno deciso ancor prima della sconfitta in aula. «E comunque quel titolo era sbagliato, era un incontro tecnico, non politico » hanno detto. Forse si’, ma e’ difficile negare che il centro-sinistra, in Europa e in Italia, questa volta ha fatto un pesante autogol.