Articolo pubblicato sul sito http://atlasalternatif.over-blog.com
Traduzione dal francese di Massimo Marcori per l’Ernesto online
Il capitolo dedicato all’Oceania su l’Atlas alternatif descriveva già nel 2006 l’egemonismo australiano nella zona. Pare che questo egemonismo sia turbato dalla crescita della potenza cinese nel Pacifico e che alcune correnti nella classe politica australiana siano in una logica di confronto con Pechino.
Nel dicembre scorso, Wikileaks rivelava (col concorso del Guardian) che nel marzo 2009 in occasione di un colloquio con Hillary Clinton, il vecchio primo ministro australiano Kevin Rudd ( diventato nel settembre scorso ministro degli esteri) aveva né più né meno suggerito all’attuale Segretario di Stato statunitense di “utilizzare la forza” contro Pechino (al rischio di un conflitto nucleare…) se la situazione fosse degenerata e ha incitato a chiedere l’autonomia del Tibet. Il cablo di quest’incontro precisa anche che il programma di acquisto del nuovo sottomarino d’attacco presentato dal governo laburista nel 2008 mirava direttamente a contrastare la capacità di proiezione cinese.
Nel settembre scorso la stampa cinese presentava dei pareri di esperti secondo i quali il nuovo primo ministro laburista, Julia Gillard potrebbe essere meno anticinese del suo predecessore Kevin Rudd. Ma nel marzo 2011 a Washington questa ha insistito sull’importanza dell’alleanza strategica con gli Stati Uniti, e il governo di Canberra si è mostrato ancora più interventista di Washington su dossiers come la Libia o la Siria (l’Australia chiede la condanna di Bashir el Assad davanti alla giustizia internazionale), cosa che non è proprio il segno della predisposizione di questo paese ad operare per una buona intesa tra le nazioni.
Però il Consiglio degli affari australiani (Business Council of Australia), che raggruppa le cento più grandi imprese australiane, ha ricordato contro le velleità protezioniste del senatore di destra Barnaby Joyce, che l’Australia avrebbe bisogno di investimenti cinesi negli anni a venire e che i capitali giungeranno d’ora in poi prima dall’Asia che dai paesi occidentali. Questa crescente interdipendenza sul piano economico tra Pechino e Camberra potrebbe nonostante tutto attenuare gli umori bellicisti dei laburisti australiani.