Lasciati soli

L’Afghanistan non è uno stato, non nel senso che in occidente diamo a questo termine. Dettagli detti popolo governo e territorio, parole come sovranità, a Kabul non hanno senso. E’ in un questo non-stato prodotto da un’invasione e gestito dagli eserciti che l’Italia è in guerra. L’ambiguità delle definizioni sostitutive (operazione, missione eccetera) è un intralcio alla comprensione del fatto che siamo in guerra, punto. Ed è la guerra ad aver prodotto il disastro a cui assistiamo in queste ore.
Un giornalista italiano viene rapito in Afghanistan, con il suo autista e il suo interprete. Il governo italiano si mobilita. Scongiura il rischio del blitz armato, decide di aprire una trattativa, la affida a chi ritiene più credibile. In Afghanistan questa credibilità si chiama Emergency, è fatta di tre ospedali, 28 centri di primo soccorso, un milione di afghani curati senza differenza di età, etnia, censo, religione. L’uomo scelto per fare la spola tra italiani e tagliagole si chiama Rahmatullah Hanefi. Il governo italiano chiede, Emergency accetta, la trattativa si apre. Si chiuderà con la liberazione dell’ostaggio italiano, il macello dei due afghani, la desaparicion di Hanefi.
Ieri siamo stati informati che Rahmatullah Hanefi è probabilmente un talebano travestito, l’organizzazione chiamata Emergency un sospetto coacervo medico-politico, il suo leader Gino Strada un pazzo, un esagitato, uno che vede il mondo alla rovescia. Ne siamo stati informati, per così dire, anche da sinistra: persino l’Unità afferma che i servizi di alcuni paesi cercano di capire se Hanefi «può essere considerato un fiancheggiatore». Adesso sappiamo che queste tesi sono anche del governo, o di parte di esso. Che Gino Strada e la sua organizzazione non sono fastidiosi compagni di strada ma in qualche maniera avversari.
Riteniamo che queste siano infamie. Riteniamo che questa vicenda stia mescolando in modo inestricabile calunnie senza padre ma con molti figli, operazioni politiche interne ed estere, previsioni di affari in divenire. In una parola la guerra, solo con altri mezzi. Tutto il peso della guerra in Afghanistan si sta scaricando sulle spalle di Rahmatullah.
Il capo dei servizi afghani che lo accusa è un guerriero professionista con passaporto americano. I servizi britannici citati a suo sostegno sono gli stessi che inventavano le super-armi di Saddam. Gli ospedali che Emergency sarà forse costretta a svuotare rappresentano milioni di dollari per qualsiasi azienda del business umanitario. Il governo che lo ha incaricato di mediare ha detto che lo difenderà «perché tutte le vite sono uguali», citazione testuale dal comunicato di palazzo Chigi: non perché è una brava persona, non perché era il nostro uomo, ma perché è un bipede con il pollice opponibile.
In Afghanistan l’Italia è presente con le bandiere tricolori dei suoi soldati e con quelle bianche e rosse di Emergency. Anche le prime hanno dei pregi, anche le seconde dei difetti. Ma noi stiamo con queste ultime. Ampi pezzi della sinistra italiana no.