«Lasciate stare le pensioni o faremo cadere Prodi»

Operai. Siamo andati all’Iveco di Brescia, grande fabbrica del Nord, per ascoltare i lavoratori dopo i fischi di Mirafiori e le critiche alla Finanziaria. Sale la richiesta che il governo mostri un’identità più forte, decida azioni socialmente giuste. Le priorità? Salari e pensioni. «Se aumentate l’eta pensionabile, ci pensiamo noi ad andare in piazza…»

La trattoria “Il Covo” offre primo, secondo, contorno, mezzo litro d’acqua, un quartino di vino e caffè a dieci euro tondi. Un prezzo imbattibile per una città come Brescia. E le lavagne che declamano il menù del giorno sono una tentazione, proprio di fronte al cancello di via Fiume dal quale sciamano a ondate i tremila dipendenti dello stabilimento Iveco. Ma nonostante tutto il locale non riesce più a fare l’esorbitante numero di coperti di un tempo. Gli operai continuano a essere restii a spendere, timorosi, guardinghi rispetto a un futuro che ancora non riescono a mettere a fuoco. Come dimostrano le risposte alle tre domande che l’Unità ha voluto rivolgere loro, guarda caso proprio all’ombra di una serie di manifesti dell’Unione che parlano di «un’Italia con 56 milioni di domani».
Anche in una fabbrica dall’altissimo tasso di sindacalizzazione, come questa, dove la storia recente non è punteggiata da stangate occupazionali come è accaduto a Mirafiori dal 1980 in poi, i lavoratori – anche i tanti che in aprile hanno votato per il centrosinistra – non sono disposti a fare sconti a nessun governo, neanche a quello di centrosinistra. Chiedono chiarezza: sulle pensioni, innanzitutto, che si dicono disposti a difendere a costo di dare loro stessi la spallata a Prodi; poi sul Tfr, rispetto al quale affiora parecchia confusione e un certo malcontento perché nessuno ha ritenuto di ascoltare la voce dei lavoratori prima di dare il via libera alla riforma; infine c’è grande apprensione per quel che potrebbe arrivare dal cosiddetto “patto per la produttività”, perché chi lavora in catena di montaggio sa bene cosa significherebbe cedere ulteriori pezzi di vita alla fabbrica. Tra gli operai dell’Iveco di Brescia c’è anche chi difende a spada tratta il governo e le sue scelte: ma non per questo rinuncia a chiedere al centrosinistra uno sforzo in più per rendere più identificabile la sua azione riformatrice.

UGO VERZELETTI
«Lavoro qui da trent’anni e ancora non posso dire con certezza quando andrò in pensione. Tra dieci anni? Dipende da cosa deciderà il governo. E su questo siamo tutti davvero molto attenti, qui dentro non c’è nessuno disposto a ulteriori spostamenti in avanti nel tempo. Ho votato per il centrosinistra perché volevo un cambiamento radicale rispetto al quinquennio di Berlusconi ,volevo un ritorno alla politica e questo bene o male c’è stato, perché non mi sfugge la differenza tra questa finanziaria e quelle di Tremonti. Ma non può essere tutto qui, adesso si vada avanti ,mi viene da dire si faccia almeno questo come ha fatto Berlusconi: lui le promesse che ha fatto ai padroni le ha mantenute tutte, Prodi faccia lo stesso con noi. Ma occorre più chiarezza».

VALENTINO MARCIÒ
«Sì, li ho votati questi del centrosinistra e non me ne pento. A Prodi, a Damiano, a Bersani, a Padoa-Schioppa e a tutti i ministri dico solo una cosa, quella che mi sta più a cuore: se mi allungano il periodo di lavoro necessario per andare in pensione allora sono pronto a scendere io stesso in piazza per far cadere il governo. Già ci ha pensato Maroni ad allontanarmela se adesso lo fa anche il centrosinistra vedrete che qui saremo in tanti a incazzarci…».

GIACOMO CONO
«Ho votato centrosinistra perché io ci credo davvero nelle potenzialità riformatrici di questa coalizione. L’importante è che non ci si perda e si attui il programma, Comunque nel merito delle scelte compiute finora non sono affatto deluso, ho soltanto una paura: mi spaventano le “voci” che si rincorrono ogni giorno sulle pensioni. Ecco, se il governo aumenta l’età per andare in pensione allora per noi sarebbe un grande dispetto. E poi non è nel programma dell’Unione».

DARIO CASALINI
«Ho votato il centrosinistra perché era l’unica vera alternativa al berlusconismo, ma vedo che sta facendo grande fatica a farsi riconoscere come tale. Sì, sono piuttosto deluso dalle troppe altalene, per esempio sulla finanziaria, dalle troppe dichiarazioni di segno diverso che sentiamo ogni giorno da rappresentanti del governo o della maggioranza. Io vorrei tanto che vi fosse un portavoce unico che parlasse per tutti, così sentiremmo – finalmente – una sola versione delle posizioni del centrosinistra. Cosa dovrebbe fare Prodi per riconquistare la mia piena fiducia? È molto semplice: attuare il suo programma. Basterebbe quello. Ma visto che si parla anche tanto di pensioni, voglio dire a Massimo D’Alema – e mi dispiace perché io sono dalemiano – che se lui pensa che sia “aberrante” che qualcuno vada in pensione a 57 anni probabilmente è solo perché non ha provato a lavorare per trent’anni in fabbrica».

MARIA RACCAGNI
«Alle elezioni di aprile sono tornata a votare per il centrosinistra. Anche se ho una formazione di sinistra nel 2001 avevo votato per il centrodestra, per protesta, per rabbia. Ora, come allora, però, sono un po’ delusa: questa finanziaria me l’aspettavo diversa e soprattutto più chiara. Invece un giorno si parla dei Suv, il giorno dopo del bollo auto, poi salta fuori un’altra cosa… Ma a me che ho due figli interessa che non si tagli la sanità, perché per un’ecografia devo aspettare mesi e non posso pagare le visite private: faccio l’operaia e ho un marito operaio, insieme portiamo a casa 2.200 euro al mese, perché lui fa i turni ed è più anziano quindi guadagna di più, ma di due buste paga una se ne va via pulita per il mutuo. Insomma, io sono qui dentro a lavorare da 14 anni, ne ho davanti almeno altri 16, se tutto va bene, al centrosinistra dico che per riconquistare la mia fiducia basterebbe mantenere le promesse: far pagare più tasse ai ricchi e agli evasori, lasciare a noi operai qualche soldino in più in busta paga e garantire più sicurezza e stabilità al lavoro».

ADRIANO ORIZIO
«Io ho votato Rifondazione comunista e vorrei far notare che questo è il governo più di sinistra della storia d’Italia. Dopodiché dico anch’io che c’è stata molta confusione e una grave incapacità di spiegare la manovra ai cittadini, a noi lavoratori. E poi troppe retromarce, poco coraggio, per esempio sull’aliquota Irpef al 47%, sulle liberalizzazioni per i tassisti… Ora vedremo se come dicono da gennaio in poi avremo qualche risultato positivo nelle nostre buste paga, quello sarà il banco di prova più importante per la finanziaria. Io mi rendo conto delle difficoltà che attraversa il paese, però non possiamo dimenticare da dove veniamo e chi sono le persone che ci hanno dato la fiducia, cioè questi lavoratori. Insomma, io ho ancora fiducia ma spero di vedere scelte coraggiose, a partire dalla lotta alla precarietà del lavoro».

GIOVANNI FINASSI
«Ho votato per il centrosinistra perché sono convinto che “far ripartire l’Italia” non sia solo uno slogan ma una necessità imprescindibile. Delusione? No, lamento soltanto la mancanza di un po’ di chiarezza in più. Per esempio, perché non si dice forte e chiaro che abbiamo ritirato le truppe dall’Iraq e che questa finanziaria prevede aliquote Irpef che non toccano i redditi dei ceti più deboli? Il centrosinistra non sa “vendere la sua merce”, al contrario di Berlusconi. Ma non dobbiamo neanche continuare a commettere l’errore che stiamo ripetendo quotidianamente in questi primi sei mesi: discutere su quello che la destra ci rinfaccia invece di farlo sui fatti oggettivi».

MASSIMO BUSSI
«Io sono contento di come si sta muovendo Prodi e sono d’accordo con lui quando dice che questo è un paese penoso, prigioniero degli strascichi del berlusconismo. Io mi arrabbio con i miei colleghi che insorgono per la riforma del Tfr e chiedo di spiegarmi perché mai dovrebbe essere meglio per noi se quei soldi restano alle aziende piuttosto che l’Inps o un fondo pensioni. Certo, c’è un problema di certezze, di chiarezza e nella confusione è più facile che qualcuno alimenti polemiche spesso infondate, ma sono convinto che quando inizieranno ad arrivare buste paga migliori i lavoratori capiranno. Invece di stare lì a guardare se pagheremo 7 euro in più all’anno per il bollo auto dovrebbero cercare di capire bene cosa succede al Tfr e alle pensioni. Ma devono capire che per loro l’alternativa non è un ritorno al berlusconismo ma un ulteriore salto di qualità su questa strada. Però, la vedi quell’edicola? Vende sempre meno giornali: molti si informano soltanto con la televisione e questi sono i risultati».