L’ANTICOMUNISMO E’ L’IDEOLOGIA DEL GLOBALISMO

In Russia sono tornate a farsi sentire le voci di coloro che chiedono di liquidare con decreto il partito comunista dalla scena politica del paese.
Un oscuro deputato della frazione centrista OVR (“Patria-Tutta la Russia”), Aleksandr Fedulov, ha chiesto una discussione in sede parlamentare e l’intervento della Corte costituzionale, per esaminare la sua proposta di messa fuorilegge del PCFR, “per attività anticostituzionale”, e di rinvio a giudizio del leader comunista Ghennadij Zjuganov.
La proposta di Fedulov ha immediatamente sollevato un’ondata di indignazione e soprattutto, almeno per il momento, la netta presa di distanze da parte dello stesso presidente Putin.
Aleksandr Zinovyev, ex dissidente (perseguitato nell’epoca sovietica) e notissimo autore, nel 1976, del romanzo “Cime abissali”, celebrato ancora oggi in Occidente come una straordinaria testimonianza degli errori e delle brutture del “socialismo realizzato” in URSS, ha voluto far sentire la sua voce – con l’energia vigorosa del lucido e onesto intellettuale che ha sperimentato e puntigliosamente analizzato l’ultimo decennio di “luminosa libertà e prosperità” della “nuova Russia” e del “nuovo ordine mondiale” – in difesa delle ragioni dei comunisti, denunciando non solo la richiesta di interdizione del partito, ma anche la devastante ideologia che la sorregge.
M.G.

E’ rispuntata l’idea di bandire il PCFR e di allestire un processo contro la sua direzione e personalmente contro Zjuganov. Questa idea è stata definita bizzarra da qualcuno. Io sono convinto che non si tratti affatto di una trovata bizzarra, ma, al contrario, di un’idea che va presa estremamente sul serio e che è stata meditata a lungo. Non è stata pensata da personaggi dissennati, ma da gente al servizio di influenti forze sociali. E non è la prima volta che ciò avviene nella storia. Si sa bene a quali tragiche conseguenze pratiche ha portato la realizzazione di simili idee.

Esistono alcune leggi sociali oggettive di estrinsecazione e funzionamento delle ideologie. In virtù di tali leggi, l’ideologia, elaborata ai fini della manipolazione di grandi masse, deve comprendere non solo l’apologetica di un determinato strato sociale e dell’attività di determinate forze sociali, ma anche la diffamazione dei loro nemici. L’obiettivo è quello di indirizzare il malcontento delle masse contro tali nemici, di scaricare su di loro la colpa per le manifestazioni negative della struttura sociale e le conseguenze delle azioni delle forze dominanti. A memoria d’uomo si possono elencare numerosissimi esempi a proposito. Utilizzando l’ideologia dell’anticomunismo, i nazisti tedeschi giunsero al potere e scatenarono la guerra mondiale. In nome dell’ideologia dell’anticomunismo, per quasi mezzo secolo, il mondo occidentale, guidato dagli USA, ha scatenato e condotto la “guerra fredda” contro l’Unione Sovietica. Per mezzo dell’ideologia dell’anticomunismo si è realizzato lo sfacelo dell’organizzazione sociale sovietica da parte delle forze – una vera e propria “quinta colonna” dell’Occidente – che hanno manipolato la gente del proprio paese.
La dissoluzione del blocco sovietico e dell’Unione Sovietica, la distruzione del sistema sociale socialista nei paesi di questa regione, hanno generato sconcerto nello stesso mondo occidentale. Scompariva quel socialismo sovietico che era ritenuto il principale nemico dell’Occidente. L’ideologia dell’anticomunismo sembrava così perdere la sua efficacia. E’ così che, senza un’ideologia chiaramente definita, gli USA e i paesi della NATO hanno scatenato la guerra contro la Serbia e altri paesi. Gli avvenimenti dell’11 settembre dello scorso anno hanno poi offerto alle forze dominanti dell’Occidente un pretesto per l’estrinsecazione dell’ideologia della lotta contro il terrorismo, sotto la cui copertura sono passati dallo stadio “freddo” e “tiepido” della guerra mondiale a quello “bollente”.
Ma l’immagine del terrorismo mondiale come nemico della civiltà occidentale (e, più in generale, di tutta l’umanità) ha cominciato presto anch’esso a perdere la sua efficacia. Al ruolo di nemico sono stati allora innalzati gli “antiglobalisti”. Ma tali nemici si sono rivelati meno adatti dei terroristi alle esigenze propagandistiche dell’Occidente. Costruire l’immagine di un altro nemico, la quale possa coprire lungamente ed efficacemente e giustificare l’aggressione al mondo da parte degli USA e dei paesi della NATO, senza l’anticomunismo, al momento attuale e nell’immediato futuro, in linea di massima, è impossibile. Non è un caso che abbia ritrovato vigore l’ideologia dell’anticomunismo. Hanno cominciato ad ipotizzare una guerra imminente con la Cina comunista. La Cina è stata inserita nella lista dei paesi contro cui gli aggressori occidentali non escludono l’utilizzo di armamenti nucleari. Anche la Russia è entrata in questo elenco. La Russia, in effetti, è più che mai necessaria all’Occidente nella sua lotta contro il comunismo asiatico, in funzione di bastione dell’anticomunismo.
Dopo il colpo di stato negli anni di Gorbaciov e di Eltsin, in ogni campo, in Russia, ha avuto corso un catastrofico processo di degradazione. La nuova organizzazione sociale (postsovietica) è apparsa inadeguata a bloccare tale processo e a garantire la rifioritura del paese promessa dai riformatori. Nonostante gli sforzi dei “media”, sul piano materiale i successi sono stati così pochi da non poter giustificare ogni esaltazione ideologica del colpo di stato. E tale situazione è rimasta immutata fino ad oggi. Non si avverte un’ombra di fiducia persino nel campo stesso dei riformatori. Nel rispetto delle regole dell’ideologia, la mancanza di materiale concreto deve così essere compensata con l’esistenza di un’immagine del nemico, tale da poter giustificare la creazione di un “capro espiatorio”.
Il passato sovietico, a cui addossare tutte le colpe della storia russa, ha cessato di esercitare questo ruolo. Si è così additato il terrorismo quale nemico mondiale “numero uno”. Ma fino all’11 settembre dello scorso anno, gli sforzi profusi dal presidente della Russia non avevano avuto un grande successo. L’Occidente ignorava tali sforzi, e non esitava a sostenere proprio i terroristi. Dopo l’11 settembre l’argomento ha trovato nuova linfa. Ma scaricare su bin Laden la colpa della decadenza della Russia non era possibile. E allora hanno cominciato ad enfatizzare la minaccia dell’estremismo interno. Così hanno imprigionato nel carcere di Lefortovo lo scrittore Limonov (noto intellettuale, leader di un delirante movimento nazi-bolscevico, nota del traduttore). In tal modo hanno cercato di introdurre una legislazione “antiestremista”, buona per tutti gli usi (ricordate le analoghe misure varate nella Germania di Hitler e negli USA, negli anni del maccartismo!). Ma il materiale a disposizione non era certo utilizzabile per una manipolazione duratura delle coscienze dei russi ed era sicuramente insufficiente a creare l’immagine di un potente nemico interno, in grado di frapporre ostacoli alle forze dominanti, impegnate a condurre la Russia verso la rifioritura sulla base del postsovietismo. I seguaci di Limonov non possono certo aspirare al ruolo di nemici di portata epocale. Persino il raffreddore di Napoleone ha giocato un ruolo più importante nella battaglia di Waterloo, che le azioni dei “limonovzi” nella storia russa dell’ultimo decennio.
Si comprende così perché si tenti nuovamente di ricavare l’immagine del nemico interno, che congiura contro “il luminoso futuro capitalista-democratico-nazionale-russo” dai comunisti ancora non domati, in primo luogo dal PCFR e dal suo leader Zjuganov. Egli, in quanto guida di tali nemici, è figura sicuramente più rilevante di Limonov e più reale del mitico bin Laden. Nella propaganda anticomunista il PCFR può venire collegato al PCUS e Zjuganov a Stalin. E’ possibile metterli in relazione con la Cina comunista, con Milosevic e con Lukashenko, ed anche con avvenimenti che, in un modo o nell’altro, sono riconducibili a quello che è stato il principale nemico dell’Occidente nel XX secolo e che continua ad esserlo anche agli inizi del XXI.
L’idea di mettere al bando il PCFR e di processare Zjuganov, ripeto, non è solo un atto di stupidità, ma un passo molto serio e meditato di determinati circoli influenti della Russia, che si pongono l’obiettivo di estirpare quel che resta del comunismo, obbedendo agli ordini dei manipolatori occidentali. E il significato profondo di questa operazione non sta certo nella rimozione degli ostacoli che si frappongono alla rinascita e alla rifioritura della Russia – cosa che, per la verità, non viene più presa sul serio neppure nell’ambiente dei “riformatori” medesimi -, ma nella creazione dell’immagine del nemico su vasta scala (possibilmente, su scala globale), che giustifichi l’operato dei globalizzatori occidentali e dei riformatori russi. Non a caso, sorge il sospetto che ciò che accade a livello di Duma russa e di “media” russi, sia il frutto di una campagna anticomunista provocata dall’estero.
Se anche oggi il tentativo di bandire il PCFR e di processare Zjuganov non dovesse approdare a nulla di serio, il suo insuccesso non dovrà essere assolutamente considerato come la fine dell’anticomunismo. Sono inevitabili nuovi attacchi ancora più insistenti. I comunisti e i russi che ad essi fanno riferimento devono avere ben chiaro il corso degli avvenimenti in Russia e nel mondo. Nessuno mostrerà tolleranza nei loro confronti. Le forze dominanti degli USA e dei paesi della NATO stanno inesorabilmente coinvolgendo l’umanità in una guerra mondiali di dimensioni enormemente maggiori di tutte quelle del passato messe insieme. E per giocare la parte dei salvatori dell’umanità, in tale guerra, e per attirare quanti più complici possibile sul pianeta, tali forze hanno bisogno ad ogni costo di un nemico ideologico globale ed epocale.

Traduzione dal russo
di Mauro Gemma

* giornale del Partito Comunista della Federazione Russa