L’Anp si sceglie un altro premier

Non c’è ancora un comunicato ufficiale, ma ieri sera una fonte autorevole di Hamas ha annunciato che l’accademico di Gaza, senza tessera di partito in tasca, Mohamed Shubir ha accettato di prendere il posto di Ismail Haniyeh sulla poltrona di premier palestinese. Secondo le previsioni fatte dai giornali locali, nei prossimi giorni il presidente Abu Mazen gli affiderà formalmente l’incarico di creare il nuovo governo di unità nazionale. Ieri sera erano riuniti a Gaza rappresentanti di Hamas e al-Fatah per discutere della lista dei ministri mentre Abu Mazen ha iniziato un viaggio che, dopo colloqui ad Amman, lo porterà al Cairo. Dagli Stati uniti intanto il premier israeliano Olmert continua a giocare su più fronti. In un’intervista al quotidiano di Gerusalemme est Al-Quds ha detto di essere pronto a dialogare con Hamas se il movimento islamico rispetterà le condizioni poste dal Quartetto: riconoscimento di Israele e dei passati accordi israelo-palestinesi e fine della lotta armata. Allo stesso tempo punta in profondità il campo politico americano, segnato dalla cocente sconfitta elettorale subita dai repubblicani, e a George Bush ha manifestato le sue preoccupazioni per una possibile (piccola) apertura statunitense a Iran e Siria.
Israele negli ultimi due anni ha ispirato l’unilateralismo alla base della politica estera statunitense e ora teme che un cambio di rotta, anche modesto, di Bush si traduca nel congelamento di un attacco contro l’Iran. Il Jerusalem Post, quotidiano di destra, non ha mancato di sottolineare che il neo segretario alla difesa, Robert Gates, non è fautore di politiche aggressive contro Tehran. Così le dichiarazioni bellicose rilasciate da Olmert prima della partenza per Washington non sono tanto rivolte all’Iran, quanto all’Amministrazione Bush: se non attaccate voi, lo faremo noi. Questo è il concetto che Olmert è andato a spiegare negli Usa.
Mohammed Shubir, 60 anni, è islamista moderato e soprattutto un docente universitario con un dottorato in microbiologia ottenuto all’università della West Virginia. È considerato vicino a Hamas anche se non ne fa parte attivamente. Si proclama un indipendente con buone relazioni con ogni schieramento politico. Ieri in un’intervista al quotidiano israeliano Haaretz, Shubir non si è sbilanciato rispetto alla linea che il nuovo esecutivo avrà nei confronti di Israele ma ha detto che guarderà con «realismo» allo stato ebraico. Sui nomi dei futuri ministri palestinesi abbondano le indiscrezioni. Quelle più insistenti dicono che otto ministeri andranno a Hamas, sei ad al-Fatah, sei agli altri partiti palestinesi e quattro a personalità indipendenti. Ministro delle finanze sarà l’economista e leader del partito «Terza Via» Salam Fayad, che aveva ricoperto lo stesso incarico nei governi guidati da Abu Ala. Ministro degli esteri sarà con ogni probabilità il professore di scienze politiche Ziad Abu Amr, esperto di movimenti islamici con forti legami accademici negli Usa. Ministro della sanità potrebbe diventare Mustafa Barghuti, leader di Iniziativa nazionale, che per settimane ha mediato tra Hamas e Fatah e ieri era a Damasco per colloqui con i leader islamici in esilio.
Le trattative sui nomi dei ministri non sono ancora concluse anche perché Hamas insiste nel voler confermato il dicastero dell’interno a Said Siyam. Quest’ultimo però è osteggiato da Al-Fatah per la sua decisione di creare una nuova forza di sicurezza a Gaza che non ha esitato a schierare contro i servizi di sicurezza tradizionali fedeli alla presidenza.
Il passo indietro fatto da Hamas e il lavoro intenso svolto dai dirigenti politici di tutte le fazioni, ha lo scopo dichiarato di persuadere Usa ed Europa a revocare, come ha deciso domenica la Lega Araba, il blocco dei finanziamenti internazionali all’Anp scattato dopo la vittoria di Hamas. I dubbi sono molti. «Ho l’impressione che tanti sforzi non basteranno ad ottenere la fine dell’isolamento politico ed economico del popolo palestinese, la chiave per riaprire la Palestina al mondo rimane nelle mani di Israele, che con i suoi giudizi e pressioni può continuare a condizionare la comunità internazionale», ha detto al manifesto l’ex ministro del lavoro Ghassan Khatib. Intanto si fanno insistenti le voci di un interessamento del premier uscente Haniyeh alla carica di presidente. Un obiettivo che, sondaggi alla mano, è alla sua portata.