«L’America ha ancora paura. Ma non vuole Guantanamo»

«La sentenza della Corte Suprema su Guantanamo è importante. Purtroppo non vorrà dire che i prigionieri della baia si troveranno in situazioni migliori». L’avvocato Eric Lewis è uno dei più prestigiosi esponenti dell’Aclu, l’American Civil Liberal Union e del Ccr, il Center for Constitutional Rights, le più famose organizzazioni statunitensi in difesa dei diritti civili. L’Aclu e il Ccr non solo sono le strutture che per prime contestarono il Patrioct Act stilato dopo l’11 settembre, che in sostanza limitava le libertà civili individuali, ma sono anche quelle che da subito e duramente hanno combattuto la costituzione di Guantanamo.

Come mai è così sicuro degli sviluppi pratici della sentenza dell’Alta corte?

Partiamo dall’inizio. La portata della decisione presa è grande. E’ la seconda volta nella storia che la Corte bacchetta l’amministrazione Bush a proposito dei diritti violati nella prigione di Guantanamo. La prima è stata due anni fa, quando ha ufficialmente condannato la presa di posizione del presidente, il quale si arrogava l’autorità di arrestare e detenere senza limiti di tempo uomini sospettati di essere terroristi, negando loro qualsiasi accesso ad avvocati difensori. La decisione della scorsa settimana è ancora più forte: non solo rimprovera l’amministrazione, ma sancisce anche che la convenzione di Ginevra deve essere applicata all’esperienza di Guantanamo.

Quindi?

La Corte non ha fatto appello soltanto agli standard che i tribunali devono seguire. Ma ha fatto riferimento all’articolo 3 della convenzione, dove si fa richiamo ai trattamenti umani. Secondo il giudizio della Corte, i detenuti di Guantanamo devono rientrare nella categoria di prigionieri a cui si deve riconoscere il diritto ad essere trattati in maniera umana. Quindi l’invocazione della convenzione in generale e dell’articolo 3 in particolare, può aprire la strada a successivi passi nel rispetto dei diritti. In generale è stata messa in discussione l’intera impalcatura del carcere. In sostanza, la Corte ha detto a Bush jr.: «Non hai il potere di fare quello che vuoi e in particolare non hai il diritto di negare protezione a quelle persone». E questa non è certo la situazione che il presidente degli Stati Uniti prevedeva quando decise di organizzare i tribunali militari – che non davano la presunzione di innocenza agli accusati – in alternativa ai tribunali civili che invece Clinton aveva usato contro i terroristi. L’Alta Corte costituzionale statunitense, lo sappiamo tutti, non è certo la paladina di posizioni liberal, ma stavolta si è comportata contrariamente alla sua solita impostazione conservatrice.

Secondo lei è sintomo di un cambiamento di clima politico?

Se andiamo ad analizzare la sentenza nel suo profondo, essa non è affatto una sentenza liberal, anche se il risultato è sotto gli occhi di tutti. Al contrario, la Corte difende degli standard giuridici che ritiene debbano essere applicati. Difende il ruolo dei tribunali ordinari militari e le loro regole. Al cuore della decisione c’è l’idea che esiste già uno statuto – l’Uniform Code of Military Justice (Ucmj) – che prescrive in maniera dettagliata le regole che i tribunali militari devono seguire. Di conseguenza, secondo l’Alta Corte, queste procedure devono essere quelle utilizzate dalle corti marziali speciali, a meno che tale sistema non sia impraticabile. Ma i tribunali speciali istituiti dall’amministrazione non seguono questi standard. Per giustificare tale procedura, l’amministrazione si è appellata a pericoli speciali dovuti alla guerra al terrorismo. Ciò nonostante, la corte conclude che nulla dimostra l’impraticabilità dell’applicazione di tali regole a questi casi. Di per sé il principio sancito è del tutto conservatore. Non ci vedo nulla di sinistra. C’è ancora molta strada da qui a dire che Guantanamo deve chiudere. Tanto più che il presidente Bush ha già spiegato che non ha intenzione di chiudere la prigione e che non gli sembra affatto che la sentenza punti a questo. Secondo me la decisione può addirittura rappresentare una sfida per il programma di sicurezza interna stilato dalla National Security Agency. Si può facilmente dimostrare che questo programma è in realtà illegittimo, superato dal già esistente statuto previsto dal Foreign Intelligence Surveillance Act. Proprio come le commissioni militari sono superate, secondo la sentenza dell’Alta Corte, dalle regole stabilite dall’ Ucmj. Mi pare una grande vittoria.

Sì, ma la chiusura di Guantanamo?

Il carcere di Guantanamo si è rivelato essere più una fonte di problemi che uno strumento per raggiungere gli scopi per cui era stato costruito. E cioè poter trattare senza rispetto di qualsiasi regola persone soltanto sospettate di essere pericolose. Bush jr voleva mettere quegli individui lì e gettare la chiave restando impunito. Senza destare alcun protesta internamente o a livello internazionale. Ma la pressione oggi esiste e sta dicendo “no”. E’ vero che i cittadini americani non vogliono dei pericolosi terroristi liberi di scarrozzare per strada, ma è anche vero che hanno un’alta considerazione della libertà e dei diritti. E non credo che a molti piaccia vedere processi ingiusti – quando i processi ci sono – con accusati che non hanno diritto alla difesa. Soprattutto se istituzioni con l’autorevolezza dell’Alta corte sottolineano tali violazioni. Ricordiamo inoltre che dei 490 detenuti a Guantanamo solo 14 sono stati messi sotto processo, e di questi nessuna sentenza è mai stata emessa. Ora, i democratici dovrebbero fare tesoro della decisione della Corte e usare i loro poteri per esercitare una pressione che credo possa essere condivisa da parte della popolazione. Sono ottimista.

E se Guantanamo chiudesse davvero, che fine farebbero i detenuti?

In realtà la chiusura di Guantanamo non necessariamente migliorerebbe le loro condizioni. Alcuni di loro verrebbero probabilmente messi nelle carceri statunitensi, ma la maggior parte sarebbe rispedita nei rispettivi paesi d’origine. Di loro si perderebbero definitivamente le tracce e, conoscendo gli standard di diritti umani rispettati nei penitenziari di queste nazioni, chissà che fine farebbero. Un’altra battaglia dovrebbe intraprendersi quindi, per fare in modo che verso queste persone venga per davvero assicurato il rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo. Ma questa sarebbe una nuova pagina, tutta ancora da scrivere.