Tra i ferrovieri italiani domina l’amarezza di chi si vede dar ragione dai fatti. Non si prova nessuna soddisfazione, infatti, nel constatare che le proprie previsioni negative, gli allarmi ignorati, le proposte snobbate oggi trovano una dolorosa conferma nella realtà. «Purtroppo era tutto atteso, anzi siamo stati molto precisi nell’ammonire dai rischi verso cui stava andando», mormora con malcelato disappunto Franco Nasso, segretario nazionale della Filt Cgil, la principale sigla di rappresentanza dei lavoratori dei trasporti. Non sono stati ascoltati: né dal governo di centrodestra, che si è accanito sui bilanci delle ferrovie, né dall’allora amministratore delegato Elio Catania, che ha testardamente ignorato gli evidenti sintomi della grave patologia di cui oggi rischiano di pagare le conseguenze migliaia di famiglie e un paese intero.
Non c’è alcun mistero, alcun giallo, infatti, sui miliardi scomparsi dalle casse delle ferrovie italiane: è tutto scritto nei documenti ufficiali. La mazzata più pesante l’ha data il governo Berlusconi, soprattutto con l’ultima finanziaria, quella “elettorale”, quella della “riduzione” delle tasse: «Ha prosciugato le risorse per le ferrovie – spiega Nasso – infatti l’azienda si è ritrovata a dover affrontare il 2006 non solo senza poter investire ma addirittura con dei problemi enormi nella gestione ordinaria. E questa è stata anche una polpetta avvelenata lasciata lì per il governo attuale…». Lo stesso giochino, infatti, è stato proposto anche con l’Anas, che adesso fatica a tenere aperti i propri cantieri lungo la penisola. Un bel lavoro, insomma, da parte chi adesso attacca la finanziaria del centrosinistra facendo orecchie da mercante di fronte agli allarmi del ministro dello Sviluppo, Pierluigi Bersani, quando dice che «ci siamo trovati i conti in condizioni tali che è difficile persino far circolare i treni».
L’altro attore protagonista sulla scena del delitto delle ferrovie è l’ex amministratore delegato di Trenitalia, Elio Catania, che non si è limitato a subire la mannaia governativa facendo spallucce, ma ha anche commesso quelli che i sindacati definiscono «gravi errori di gestione». Quali? Un esempio per tutti: nel 2006 i costi operativi sono lievitati del 22% metri il costo della voce «lavoro» si è limitata a un fisiologico adeguamento inferiore a l2%. E non si tratta di valori buttati lì su un volantino, ma di cifre indicate a chiare lettere nella relazione semestrale dell’azienda.
Per questo, oggi, i ferrovieri sono preoccupati, arrabbiati, ma di certo non sorpresi della gravissima denuncia del nuovo amministratore delegato. «Bastava andare ogni giorno a lavorare per percepire i sintomi dello sgretolamento dell’azienda – commenta Franco Nasso – perché i lavoratori potevano osservare con i propri occhi il degenerare della qualità dei servizi, dei livelli di sicurezza, dello stato di salute della loro azienda».
E i sindacati dov’erano? Hanno taciuto? «Per niente – replica i l segretario della Filt Cgil – basta scorrere la nostra rassegna di comunicati per constatare che non abbiamo lasciato passare un giorni senza segnalare a Catania e al governo che stavano agendo in modo sconsiderato e che stavano conducendo le ferrovie italiane verso il disastro. E abbiamo chiesto mille volte di riassegnare alle Fs i trasferimenti che avrebbero permesso di mantenere un livello sufficiente di investimenti, quanto bastava almeno a evitare il blocco dei cantieri, come invece è avvenuto durante l’estate scorsa». E infatti anche il leader della Cgil, Guglielmo Epifani invita il governo attuale a evitare tagli ai trasporti.
Quegli allarmi sono rimasti inascoltati, fino a ieri, quando li ha fatti propri e li ha rilanciati il nuovo amministratore delegato, Mauro Moretti, che in settembre ha sostituito Catania. Ma le ferrovie italiane sono veramente messe così male? Sussistono davvero i rischi di “chiusura”? «Diciamo che la situazione è di quelle a rischio elevato», osserva causticamente Franco Nasso. E il segretario generale della Filt Cgil, Fabrizio Solari, accenna alla reazione dei sindacati: considerata anche la situazione di Alitalia, Tirrenia e trasporto pubblico locale, «l’ipotesi di uno sciopero generale nel settore dei trasporti, purtroppo, diventa sempre più realistica».