Lagos, strage di «ladri di benzina»

Un’esplosione improvvisa, centinaia di corpi carbonizzati, un quartiere immerso in un incendio che divampa per ore. Un nuovo scoppio di un oleodotto ha colpito ieri Lagos, capitale economica della Nigeria, con un bilancio pesantissimo: ufficialmente sono stati dichiarati 269 morti, ma è molto probabile che le vittime saranno alla fine più di 500. La tragedia è avvenuta a Abule Egba, quartiere densamente popolato nella zona settentrionale della città più popolosa del paese più popoloso dell’Africa.
La scena è di quelle che si ripetono con cinica frequenza in Nigeria, ottavo esportatore di greggio mondiale ma affetto da una cronica scarsità di carburante: nella notte, alcuni ladri di benzina hanno praticato un buco nella pipeline che parte dal deposito della Nigerian National Petroleum Corporation (Nnpc), la compagnia petrolifera di stato. Si trattava di professionisti del «bunkering», come viene definita in gergo la perforazione degli oleodotti in Nigeria: prima di bucare la tubatura, sono infatti venuti sul luogo con un’autocisterna, che hanno provveduto a riempire con la benzina sottratta. Ma poi sono andati via lasciando aperto il foro. È a quel punto che si è sparsa la voce per il quartiere e una folla di persone, dotata di taniche, bottiglie, borse, si è avventata sul posto, cercando di prendere un po’ di benzina per rivenderla al mercato nero. L’ «estrazione» è andata avanti per ore, fino all’esplosione, avvenuta in tarda mattinata e provocata con ogni probabilità da una sigaretta accesa.
Le immagini diffuse dalle agenzie di stampa internazionali mostrano un paesaggio apocalittico, con corpi letteralmente scarnificati dal fuoco, diverse case incenerite, oltre a una moschea e a una chiesa distrutte. Un funzionario della Croce rossa, citato dall’Associated Press, ha dichiarato che «l’unico modo per riconoscere i cadaveri era a partire dalla forma del cranio». Un fotografo della Reuters sul luogo ha parlato di «500 forse 700 corpi bruciati», sparsi per tutto il quartiere.
Il bilancio appare quindi destinato a salire. Senza contare che molti dei feriti, temendo di essere arrestati, si sono nascosti e non si sono fatti visitare dagli operatori della Croce rossa che si sono recati sul posto. Altri non sono andati in ospedale perché non hanno il denaro sufficiente per sostenere le cure.
La Nigeria e la città di Lagos non sono nuove a queste tragedie, che si ripetono con una certa routine e con la stessa identica dinamica: solo nel maggio scorso, in un incidente analogo, 150 persone sono morte a Inagbe Beach, alla periferia di Lagos, poco lontano da un altro luogo dove pochi mesi prima 100 persone erano perite in un’altra esplosione. Nel 2000, un devastante scoppio aveva provocato almeno mille morti a Jesse, nel Delta del Niger.
La carenza di carburante e la povertà che affliggono la metropoli nigeriana spingono masse di persone a dedicarsi al «bunkering» artigianale: caricarsi un paio di taniche di benzina per poi rivenderla per le strade. Secondo dati di esperti del settore petrolifero, almeno il 5 per cento della produzione di greggio nigeriano viene sottratto con il «bunkering»: un rapporto della società petrolifera di stato Nnpc sostiene che nel corso degli ultimi cinque anni si sono verificati 2.258 atti di vandalismo ai danni di oleodotti. I ladri organizzati rubano sia il prodotto non raffinato, che poi vendono a navi cisterne in attesa a largo della costa, sia la benzina, che immettono sul mercato nero. Ma le tragedie avvengono soprattutto quando i fori sono praticati da gente comune, poco consapevole dei rischi che comporta questa pratica. Dopo l’ultimo incidente, il ministro della salute dello stato di Lagos aveva esortato la Nnpc ad aumentare i controlli sulle sue pipeline, per evitare il ripetersi delle tragedie. Ma il suo appello sembra essere caduto nel vuoto.