L’agonia dell’Onu

La conferenza dell’Onu per discutere la riforma dell’organizzazione vedrà la più grande assemblea di leader mondiali che si sia mai tenuta. Ciò avverrà mentre il segretario generale è coinvolto in uno scandalo familiare per corruzione. Kofi Annan, insomma, è in una situazione molto difficile. Proprio come l’organizzazione che guida. Tutti concordano sul fatto che riformare le Nazioni unite è essenziale. Pochi concordano su quali debbano essere queste riforme. L’élite ereditaria che governa il Consiglio di sicurezza versa chiaramente in gravi condizioni e necessita di una cura. Il Consiglio di sicurezza dovrebbe essere abolito o allargato? La promessa di allargamento ha portato a una competizione indecorosa. La Germania vuole fare parte del Consiglio di sicurezza, ma l’Italia (incoraggiata dagli Usa) si oppone. Gli italiani sono venuti allo scoperto e hanno denunciato la subornazione di fondi di alcuni stati africani per sostenere la loro richiesta di un seggio al tavolo più ambito. Altri suggeriscono che al Consiglio di sicurezza l’Ue dovrebbe avere un singolo rappresentante a rotazione. La Francia e la Gran Bretagna si oppongono.

Gli Usa vogliono che il Giappone diventi un membro permanente del Consiglio di sicurezza. La Cina si oppone: sarebbe soltanto un altro voto per gli Usa, dato che dal 1945 al Giappone non è consentita una politica estera autonoma. L’India vuole un seggio permanente, ma il Pakistan dice: siamo anche noi una potenza nucleare. Il Brasile e il Sudafrica vogliono entrare. Si sono comportati bene per quanto concerne Washington, ma… Ciò che rende tutto questo più patetico che mai è il servilismo dei tedeschi, dei brasiliani, dei giapponesi e degli indiani. Desiderano talmente entrare, che sono felici di accettare uno status subordinato, senza diritto di veto. E così le dure lotte di potere procedono dietro le quinte oscurando alcune delle vere questioni in gioco. Quali?

È impossibile capire il processo di riforma odierno senza guardare al momento fondativo dell’organizzazione. La Carta e la struttura delle Nazioni unite furono concordate dopo la seconda guerra mondiale. Furono dettate dagli Stati uniti e accettate dalla coalizione delle grandi potenze che aveva vinto la guerra. Un’eccellente ricostruzione di come è stata fondata l’Onu la si può trovare in Act of Creation: The Founding of the United Nations, il brillante saggio storico di Stephen C. Schlesinger, caldamente raccomandato come antidoto per coloro che ancora credono che l’Onu sia figlia dell’idealismo.

Schlesinger, professore presso la New School di New York, fa piazza pulita dei sentimentalismi e chiarisce che l’Onu fu una creatura americana, e che Roosvelt e Truman imposero il loro punto di vista praticamente su tutte le questioni. Churchill brontolò, Stalin contrattò, ma Truman vinse.
Il tentativo successivo alla prima guerra mondiale si era tradotto nella Lega delle Nazioni. Anch’essa era stata il risultato dell’iniziativa Usa, e Woodrow Wilson aveva persino sperato di usarla come strumento contro gli isolazionisti più irriducibili in patria, ma furono questi ultimi ad averla vinta. Gli Usa non ne fecero parte. La Lega delle Nazioni si sarebbe dovuta chiamare, più appropriatamente, la Lega delle Nazioni Imperiali, perché quasi tutto il mondo, all’epoca, era occupato o controllato dalle potenze imperiali: la Gran Bretagna, gli Usa, la Francia, la Russia, il Giappone. In quella guerra i giapponesi avevano combattuto sul lato vincente. Scopo dei fondatori della Lega era impedire che le dispute inter-imperiali sulle colonie si trasformassero in guerre, che avrebbero avuto un effetto devastante sul commercio imperiale. Fu un fallimento. Il suo scopo era fermare una nuova guerra ma, con l’ascesa di Mussolini e Hitler, la Lega non riuscì a impedire gli attacchi preventivi degli italiani contro l’Albania e l’Abissinia. Mussolini sostenne, usando una retorica non dissimile da quella utilizzata dagli interventisti di oggi, che l’Italia aveva bisogno di un impero e che la civiltà occidentale era necessaria per modernizzare i dispotismi feudali. Hitler occupò la Renania, minacciando direttamente la Polonia e la Cecoslovacchia. È per questa ragione che la Carta delle Nazioni unite conteneva una forte presa di posizione contro gli attacchi preventivi e, in un mondo sempre più post-imperiale, sottolineava l’inviolabilità della sovranità nazionale.

Le eccezioni erano previste, e furono espresse chiaramente nell’Articolo 51: «Nessuna disposizione del presente Statuto pregiudica il diritto naturale di autotutela individuale o collettiva, nel caso che abbia luogo un attacco armato contro un membro delle Nazioni unite, fintantoché il Consiglio di sicurezza non abbia preso le misure necessarie per mantenere la pace e la sicurezza internazionale. Le misure prese da membri nell’esercizio di questo diritto di autotutela sono immediatamente portate a conoscenza del Consiglio di sicurezza e non pregiudicano in alcun modo il potere e il compito spettanti, secondo il presente Statuto, al Consiglio di sicurezza, di intraprendere in qualsiasi momento quell’azione che esso ritenga necessaria per mantenere o ristabilire la pace e la sicurezza internazionale».

Durante la guerra fredda, l’Onu fu usata dagli Usa per intervenire nella guerra civile coreana, ma fu ridotta a puro osservatore quando gli Usa invasero il Vietnam, e quando l’Unione sovietica inviò le sue truppe per sedare le rivolte in Ungheria (1956) e in Cecoslovacchia (1968). Né ha potuto difendere i diritti umani dei cittadini in Cile, Brasile, Argentina, Indonesia, Pakistan o Turchia. Quando dei membri del Consiglio di sicurezza hanno scatenato guerre e occupazioni, l’Onu è stata impotente.

Nel muovere guerra all’Iraq, gli Usa e la Gran Bretagna non hanno invocato il diritto all’«autotutela» ma i falsi dossier, le bugie ripetute, le vendette contro i giornalisti che hanno rivelato o messo in discussione le falsità nella fase di preparazione alla guerra miravano a spaventare un’opinione pubblica scettica facendole credere che un regime militare indebolito rappresentasse una minaccia.

Ricordate l’«allarme dei 45 minuti», il contributo speciale di John Scarlett e Tony Blair allo sforzo bellico? Mentre la guerra iniziava, l’Onu non ha fatto niente. Una volta che Baghdad è stata occupata, una risoluzione del Consiglio di sicurezza ha accettato la nuova situazione e ha riconosciuto il governo fantoccio. Quando Pol Pot fu rovesciato da un vicino clemente, l’Onu impiegò 12 anni a rimuovere l’uomo di Pol Pot. Lo stato dominante, allora come oggi, sono gli Usa. Di solito succede quello che vogliono loro. È sciocco fingere che non sia così.

Nella guerra del «bene contro il male», come l’ha caratterizzata George Bush, che ruolo può avere l’Onu, ammesso che possa averne uno? Questa questione è il vero cuore del dibattito. Come può la potenza americana (o, secondo la formulazione dello speechwriter di Blair, «la dottrina della comunità internazionale») essere legittimata attraverso una serie di nuove norme internazionali? L’Articolo 51 e la Carta dovrebbero essere emendati in modo da prevalere sulla sovranità nazionale e salvare vite umane in caso di «disastri umanitari» (naturalmente, senza essere applicabili a New Orleans, dove i difensori dei diritti umani in uniforme hanno già imposto una politica di «spara per uccidere» proprio come i «peace-keeper» dell’Onu ad Haiti)? Chi deciderà dove la «democrazia» colpirà la prossima volta per portare stati recalcitranti nella sfera di coprosperità? Certamente non l’attuale Commissione Onu per i diritti umani piena di dissidenti, alcuni dei quali pensano in realtà che le nuove misure di emergenza in Gran Bretagna violino il codice dell’Onu contro la tortura.

Questa Commissione dovrà essere eliminata e sostituita da un Consiglio dei Diritti Umani, la cui composizione sarà determinata da… sì, dal Consiglio di sicurezza, sostenuto dai team legali degli Usa e della Gran Bretagna. Oh, che meravigliosa miniera d’oro per la professione legale potrebbe essere questa! E, osiamo pensare, potrebbe garantire al nostro primo ministro un lavoro ben remunerato dopo che si sarà ritirato.

Le uniche riforme significative sarebbero abolire la camera ereditaria dando tutto il potere (specialmente se si tratta di decidere quando andare in guerra) all’Assemblea generale, e spostare la sede da New York a Caracas, Kuala Lampur, Shanghai o Città del Capo, in riconoscimento del fatto che il grosso del mondo teoricamente rappresentato dall’Onu vive nel Sud. Questo non succederà. Si potrebbe dunque tornare a una versione emendata del suggerimento di Winston Churchill del 1945: una struttura regionalizzata con un Consiglio delle Americhe, un Consiglio d’Europa e un Consiglio dell’Asia orientale, ma ora si potrebbe aggiungere a questi un Consiglio dell’Asia meridionale, un Consiglio dell’Africa e un Consiglio del Medio Oriente. Ciò non ridurrebbe il potere degli Usa immediatamente ma, almeno, fornirebbe una forte struttura di voto regionale, proporzionata alla popolazione.

Qualsiasi riforma reale richiederebbe il ritiro dall’Onu di molti stati importanti del Sud per imporre un cambiamento dello status e della composizione del Consiglio di sicurezza, e un trasferimento non ambiguo di potere all’Assemblea generale; e, in caso di fallimento, un passaggio ai consigli regionali. La maggior parte dei leader non verranno alla Conferenza come «pari», ma come postulanti. 190 stati membri. Una presenza militare statunitense in 121 stati. Le Nazioni Unite d’America?

Traduzione Marina Impallomeni