L’assemblea del 15 gennaio può essere un’utile occasione per chiarirsi le idee, là in fondo a sinistra. Il tavolo Bastaguerra dei socialforum, propone alla discussione un programma per rendere concreto il «No alla guerra senza se e senza ma». Ritiro immediato dei soldati italiani da Iraq e Afghanistan. Basta con le missioni di guerra travestite da missioni di pace: nient’altro che forme di aggressione neocoloniale ad altri popoli. Il ritiro dall’Iraq è una forma di decenza indifferibile, dopo i massacri di Falluja e delle altre città sunnite. E per il futuro mai più missioni militari secondo il Nuovo Modello di Difesa che mira alla «tutela degli interessi nazionali ovunque minacciati». Mai più «missioni di pace» effettuate con eserciti e armi pesanti, ma piuttosto va sostenuta l’alternativa dei corpi civili di pace edella diplomazia dal basso. Proprio sul ritiro di ogni interventismo militare (compreso quello della Nato), a partiredal’Iraq, si gioca oggi la nostra complicità o non/complicità con la guerra globale e con le forme di gestione che essa sta assumendo. Sulle missioni militari si misura il necessario salto di qualità che tutto il movimento della pace può compiere e la futura politica estera dell’Italia che ripudia la guerra. E’ necessario opporsi agli interventi militari armati nelle «aree di crisi» e lottare per il disarmo dell’Italia e dell’Europa. Senza dimenticare la Palestina e il sostegno alla campagna di Action for peace per l’abolizione del Muro di Sharon.
No al riarmo. Apertura di una vertenza generale contro il Warfare, per il Welfare: tutte le aree della sinistra alternativa dovrebbero impegnarsi per esigere spese sociali alternative alle spese militari, per contrastare l’economia militarista dello stato e riconvertirla verso i bisogni e i redditi sociali. Su questo è possibile unire molti settori (dai precari, ai migranti, alle lotte per la casa). Su questo bisognerebbe sostenere la generale campagna contro la finanziaria e impegnarsi nelle piazze e in Parlamento. A partire dal no al rinnovo della missione di guerra a Nassiriya.
Strettamente connesso al no alle spese militari è il nostro no all’esercito europeo e al riarmo connesso. Un modo concreto per avviare una politica di disarmo a livello europeo che renda reale il principio costituzionale del ripudio della guerra.
No ai mercanti di morte, alla produzione e al commercio di armi. Porre con forza il tema della riconversione dell’industria bellica. Specialmente oggi dopo la missione commerciale di Ciampi in Cina ed il generale orientamento del mondo imprenditoriale verso un ruolo trainante della produzione di armi. Il centrosinistra ha coperto fin troppo in questi anni la politica della produzione di armi in Italia e ha favorito, con le scelte dei nuovi armamenti una vera riconversione al contrario verso il made in Italy della tecnologia di guerra.
No alle basi militari. Si è avviata una campagna nazionale per la riconversione/chiusura delle basi militari Usa/Nato e di quegli insediamenti dell’esercito italiano e adesso europeo (come gli Eurofighter di Grosseto) che costituiscono un danno e un pericolo per le popolazioni civili(vedi le lotte dei pescatori di Teulada). Una campagna fondata su un grande lavoro di rete (Vialebasi) per organizzare una vasta opposizioneai nuovi piani strategici Usa e Nato che mirano a fare dell’Italia la punta avanzata della guerra globale contro il Medio Oriente. Affermare il nostro NO ai nuovi piani di ampliamento e insediamento militare (la nuova base a Taranto, il nuovo comando a Napoli, gli ampliamenti di Sigonella, della Maddalena e di Camp Darby), porre la vertenza anche sul pianolegale e parlamentare, significa cominciare a rompere la complicità tra il nostro paese e i piani di guerra. Dunque, riconversione ad usi civili e chiusura in primo luogo di tutti quegli insediamenti militari come i porti nucleari e i poligoni di tiro.
A questo punto devo dire che sono ben consapevole che il movimento da solo non ce la può fare, pure assommando e coordinando le sue numerose campagne antiguerra. Non basta l’autonomia del sociale se non si ottiene anche una adeguata sponda politica che si faccia carico fortemente dei contenuti prima esposti. E questa sponda politica oggi è frantumata, non visibile, non omogenea, nonostante il generoso lavoro dei parlamentari pacifisti in questi anni. Ma è necessario, a mio parere che si unifichi politicamente la sinistra alternativa, se vogliamo che il «No alla guerra senza se e senza ma», aspirazione di milioni di persone, diventi elemento chiaro di forza contrattuale con le altre forze politiche dell’opposizione, se si vuole battere nella sostanza il berlusconismo di guerra.
Bastaguerra, tavolodei socialforum