L’attacco di questo governo avverrà, su tutti i fronti, e sarà “devastante”. La chiave scelta sarà quella della divisione: dividere i lavoratori, dividere i sindacati, dividere i diritti. Non ci si illuda sulla sua dinamica interna, le diverse posizioni tra ministri: è “una dinamica mediatica”, e le diverse ipotesi avanzate – valga l’esempio sulle pensioni, o sui licenziamenti – sono solo movimenti interni tipici della miscela “liberista accompaganta da forme di populismo”, di questo governo che in ogni caso procederà con “arroganza e forzature”. Le parole con le quali Sergio Cofferati ha introdotto ieri il direttivo nazionale della Cgil, e ha aperto l'”autunno”, sono drastiche contro il governo e contro la Confindustria, sono di “avvertimento” agli altri sindacati – coi quali c’è da aprire il confronto – affinché riflettano sulle trappole tese. Sono di critica al “fronte progressista”, che sui licenziamenti si è già mostrato ben poco “coeso”, sicché il governo può giocare su “un terreno insidioso, usando le contraddizioni per aggirare la posizione sindacale”. Bersaglio speciale è e sarà la Cgil: “il tentativo di isolarla, accreditando l’idea che il sindacato si muova per interessi meramente ‘politici'”.
I punti di maggiore novità, nella relazione di Cofferati sono due. Da un lato la centralità della difesa dei “salari reali”: inaccettabile il parametro dell’inflazione programmata scritto da questo governo nel Dpef, esso equivale a a una scelta “deliberata” di diminuire i salari. Non c’è più un “interlocutore” per concertare una qualche politica redistributiva. Quindi – vedi i contratti – questi obiettivi il sindacato oggi può raggiungerli solo col conflitto.
E’ lo stesso scenario del 23 luglio, della “concertazione”, che è stato disfatto. Resta da vedere se questa relazione, che dà per finita la concertazione, ne tragga tutte le conseguenze, a partire dal congresso della Cgil, per il quale il documento della maggioranza si muove invece su una linea di continuismo. Non mancano di notarlo, in modi diversi, alcuni dirigenti sindacali: della sinistra sindacale “Cambiare rotta-lavorosocietà”, come Rosi Rinaldi, Gian Paolo Patta e il segretario di Brescia Greco; ma anche il segretario dell’Emilia Romagna Rinaldini che, intervenendo ieri, ha rilevato la “novità” nella relazione, che impone un “cambiamento”.
L’altra svolta Cofferati l’ha compiuta riguardo al movimento antiglobalizzazione: meglio tardi che mai. La Cgil, che alla manifestazione di Genova non ha partecipato (a differenza della Fiom che già fa parte del Social forum, così come la sinistra Cgil) oggi deve “aprirsi” a questo movimento, “consolidando i canali di confronto con quella galassia di giovani interessati ai problemi della globalizzazione”, in iniziative comuni. Saldo e ribadito, il discrimine della “nonviolenza”, Cofferati coglie l’occasione per attaccare il governo sul tentativo di mettere in discussione “il diritto democratico di manifestare”. Diritto che lo stesso sindacato, ovviamente, eserciterà, indicendo le manifestazioni “che si rendessero necessarie” (i metalmeccanici della Fiom, come si sa, decideranno già il 28 del mese le loro iniziative di lotta), “senza nessuna debolezza”.
E’ il ricorso “alla piazza”, criticato ieri dal dirigente Fiat Cantarella, per il quale ai problemi in ballo basta un “tavolo” di trattativa. Ma Cofferati ha risposto sottolineando come gli attacchi del governo si sostanzino in “proposte” che i ministri spesso non sanno ben argomentare, giacché sono stati scritti per loro dalla Confindustria (e neanche glieli hanno spiegati bene”).
Sui metalmeccanici, ribadita la valenza della lotta della Fiom, dopo l’accordo separato firmato da Fim e Uilm con la Federmeccanica – che “hanno firmato addirittura sotto l’inflazione programmata” – Cofferati non ha però assunto come tema generale, per tutte le categorie, la “produttività” da redistribuire su cui insistono i metalmeccanici. Si è invece impegnato per una lotta contro la stortura “democratica”, l’assenza di regole che fa sì che una maggioranza sindacale, la Fiom, non abbia voce in capitolo, mentre una minoranza può fare accordi coi padroni che hanno poi validità per tutti.
Sulle pensioni, come anticipavamo, l’attacco è sia al ministro Tremonti, che vuole inserirle in finanziaria per “fare cassa”, sia all’ipotesi del ministro Maroni, “subdola e non meno pericolosa”, di diminuire i contributi per i “neoassunti”: non solo non ci sarebbe poi pensione per loro, ma diminuirebbe anche quella per i “vecchi” assunti, e la pretesa “unificazione con i parasubordinati” sarebbe al ribasso, ingiusta per tutti.Stesso tentativo di divisione, “corporativo”, del governo, sull’art.18: si propone di liberare i licenziamenti “senza giusta causa” per i nuovi lavoratori, e di salvaguardare chi è già impiegato. Ma sull’art. 18 pesa anche la disponibilità “a sinistra” a cancellare di fatto la legge in favore dell'”arbitrato obbligatorio”.