L’acqua è fuori mercato

Scenderanno in piazza per dire che l’acqua deve restare fuori dal mercato. Sabato 20 marzo le cento associazioni nazionali e i mille comitati territoriali che aderiscono al Forum nazionale movimenti per l’acqua manifesteranno a Roma per chiedere ancora una volta di fermare il processo di privatizzazione delle reti idriche. Ci hanno provato con le 400 mila firme raccolte per una proposta di legge di iniziativa popolare, ci proveranno con un corteo, e sono pronti anche a ricorrere al referendum. Perché se sarà fatta la volontà del governo, entro il 2012 tutto il servizio idrico nazionale potrebbe essere affidato, tramite gara, a soggetti interamente privati. “Dopo l’emanazione del decreto Ronchi abbiamo deciso di riunirci per una grande manifestazione nazionale – spiega Paolo Carsetti, segretario del Forum italiano dei movimenti per l’acqua – consapevoli che quanto stava accadendo era solo un tassello di una politica molto più ampia, che in breve avrebbe toccato tutti i beni comuni, fino a mettere sul mercato la vita delle persone”.

Rassegna – Quali saranno per i cittadini le immediate conseguenze della privatizzazione?

Carsetti – Intanto l’aumento delle tariffe. Secondo i nostri dati ci troveremo a pagare in bolletta circa il 61 per per cento in più, senza nessun vantaggio in termini di qualità del servizio. Vogliono farci credere che l’ingresso dei privati servirà ad assicurare gli investimenti necessari a rimodernare le reti idriche. Eppure basta guardare cosa è successo negli ultimi vent’anni per capire che questo non accadrà. Dall’‘85 al ’95, quando la gestione era ancora interamente pubblica, i finanziamenti sono stati circa due miliardi all’anno. Nel decennio successivo, quando anche a seguito della legge Galli è iniziato il processo di privatizzazione, gli investimenti sono scesi a 700 milioni. La dispersione idrica inoltre è rimasta la stessa da quindici anni, con una media nazionale che si aggira intorno al 35-40 per cento.

Rassegna – Nella vostra battaglia avete trovato anche il sostegno degli enti locali. Quali sono i motivi che hanno spinto le Regioni a schierarsi contro il governo?

Carsetti – Le Regioni si sono sentite ancora una volta scavalcate nelle loro competenze. In particolare Toscana, Marche, Piemonte, Liguria, Puglia e Valle d’Aosta hanno preso posizione netta e hanno fatto ricorso alla Corte Costituzionale contro il decreto Ronchi. Emblematico è il caso della Regione Puglia, la cui giunta ha approvato a ottobre una delibera per far tornare interamente pubblica la gestione dell’acquedotto, definendo – ed è questa secondo noi la vera svolta – il servizio idrico privo di rilevanza economica, e dunque fuori dal mercato. D’altra parte lo stesso sta accadendo anche in Europa. A Parigi ad esempio l’acqua, che da anni era in mano ai privati, adesso torna a essere pubblica.

Rassegna – La manifestazione di sabato sarà un modo per farvi vedere e farvi sentire, ma la vera battaglia la giocherete con il referendum. Cosa chiederete agli italiani?

Carsetti – Intanto l’abrogazione del decreto Ronchi. Ad aprile inizieremo la mobilitazione e non dubitiamo di raccogliere le 500 mila firme necessarie entro i tempi previsti. Il nostro obiettivo è arrivare al voto entro la ?ne del 2011. Chiederemo anche l’abolizione dell’art. 150 del decreto ambientale (il 152 del 2006) che ha effettivamente dato l’avvio al processo di privatizzazione in Italia, consentendo l’affidamento delle reti idriche a società private o pubblico-private. Insomma, agli italiani diremo che l’acqua deve stare fuori dal mercato e i profitti fuori dall’acqua, e questo sarà anche lo slogan del nostro referendum.