L’accordo c’è, a Gaza spiraglio per i palestinesi

Descritto come un successo della mediazione del Segretario di stato Usa, Condoleezza Rice, l’accordo raggiunto ieri tra il governo Sharon e l’Autorità nazionale palestinese sulla frontiera di Rafah e altre questioni irrisolte legate al dopo-ritiro israeliano da Gaza, è il risultato delle prime importanti trattative dirette tra Israele e l’Anp di questi ultimi anni. L’intesa smentisce il tormentone di Ariel Sharon sull’«inesistenza di un partner palestinese» al tavolo del negoziato. Un punto sul quale ieri ha battuto il presidente Abu Mazen, definito una «persona onesta» dallo stesso capo di stato israeliano Moshe Katsav in visita a Roma e con il quale però Tel Aviv non avvia discussioni. Nel suo discorso televisivo alla nazione – in occasione dell’anniversario della dichiarazione di indipendenza letta da Yasser Arafat ad Algeri nel 1988 – Abu Mazen ha accusato il governo Sharon di tenere a distanza la leadership palestinese e di voler scatenare la guerra civile in Cisgiordania e Gaza insistendo sul disarmo dei gruppi militanti dell’Intifada.

In casa Anp ieri si è anche festeggiato e non solo polemizzato. «L’accordo raggiunto migliorerà la vita della nostra gente, favorirà il libero movimento delle merci e delle persone ed inoltre la sua applicazione è garantita internazionalmente», ha affermato Nabil Abu Rudeinah, il portavoce palestinese. Passata l’euforia, si prevede una complessa applicazione del patto: la storia recente israelo-palestinese è fatta di intese rimaste pezzi di carta o attuate solo in parte. Lo stesso Segretario di stato Condoleezza Rice ha tenuto a sottolineare la fragilità del risultato di ieri, osservando che resta molto da fare per «garantire che gli impegni siano messi in pratica».

La riapertura del valico di Rafah – chiuso da Israele – è fondamentale per il miglioramento delle condizioni di vita della popolazione palestinese, poiché rappresenta la porta di Gaza sul mondo. Senza dubbio ne trarrà vantaggio l’economia di Gaza che ha sofferto negli ultimi anni la sua crisi più dura, tanto che nel piccolo lembo di terra palestinese evacuato da Israele, il 70% degli abitanti vive al di sotto della soglia della povertà e la disoccupazione tocca il 44% (dati della Banca Mondiale).

Secondo l’accordo, per la prima volta i palestinesi avranno il controllo della frontiera con l’Egitto, ma, a ben vedere, con una sovranità limitata. Al valico verranno installate telecamere a circuito chiuso che riprenderanno tutti coloro che passano il confine. I movimenti saranno monitorati da funzionari israeliani ma spetterà ad osservatori europei prendere decisioni nei casi dubbi. Saranno loro a stabilire l’ingresso a Gaza di persone che Israele considera sospette. «Bisogna guardare in faccia la realtà sul terreno – ha spiegato l’analista palestinese Ali Jirbawi cercando di smorzare gli entusiasmi -. Sarà Israele ad avere la supervisione sul transito dei palestinesi e delle loro merci tra Gaza ed Egitto». Tel Aviv non avrà potere di veto ma Jirbawi si è detto convinto che gli osservatori europei, dovendo scegliere tra le ragioni delle due parti sull’ingresso nella Striscia di determinate persone, non esiteranno a dare la precedenza alle «motivazioni di sicurezza» degli israeliani, nonostante Gaza sia territorio palestinese e non dello Stato ebraico.

Più confortanti sono le prospettive per l’economia. Israele permetterà, attraverso il transito di Karni, il passaggio di almeno 150 camion da Gaza al giorno entro fine anno e di almeno 400 al giorno entro fine 2006. Tra i punti più importanti dell’accordo c’è, a partire dal 15 dicembre, la riapertura del cosiddetto «corridoio sicuro», tra Cisgiordania e Gaza. I palestinesi, teoricamente, potranno spostarsi tra i due territori a bordo di autobus, scortati da reparti israeliani, che attraverseranno il territorio dello Stato ebraico. L’intesa prevede anche la costruzione di un porto a Gaza mentre, per ora, rimane tutto fermo all’aeroporto internazionale di Rafah. Ieri sera è stato comunicato che sarà una vecchia conoscenza dei palestinesi, il generale dei carabinieri Pietro Pistolese, a guidare la missione dell’Ue a Rafah. Pistolese è stato il vicecapo della missione internazionale schierata a Hebron nel `94 e consigliere di sicurezza alla missione elettorale europea a Betlemme nel `96.