La vertigine delle spese militari: iniziamo i tagli da quelle

Tra le pieghe della Finanziaria c’è una voce che non riesce a bucare l’attenzione politica e mediatica che circonda la manovra di bilancio e che pure ne rappresenta un pezzo non trascurabile. Le spese militari della prima finanziaria dell’Unione, infatti, crescono in maniera impetuosa, all’incirca 2 miliardi di euro, in misura non comprensibile se non nella logica dello sviluppo e sostegno delle missioni internazionali con relativo ammodernamento e professionalizzazione delle Forze Armate come del resto è spiegato dalla Nota aggiuntiva che il ministro Parisi ha presentato martedì alla Commissione Difesa della Camera.
Il dato paradossale è che dopo un periodo di compressioni di spesa il complesso militare ha bisogno di “ripristinare il normale trend evolutivo di bilancio” che ha visto decurtare i finanziamenti dai 19,811 miliardi di euro del 2004 ai 17,782 del 2006 (ah! Berlusconi), trend che si è già interrotto lo scorso anno con una previsione per il 2007, al netto della Finanziaria, di 18,134 miliardi. Si tratta di una somma che riguarda l’intero comparto della Difesa ma che va poi divisa tra la Funzione Difesa propriamente detta (Esercito, Marina, Aeronautica) che assorbe 12,437 miliardi (di cui il 72% in spese per il Personale), la Funzione Sicurezza pubblica (Arma dei Carabinieri) cui vanno 5,282 miliardi e poi le funzioni esterne (111 milioni) e le pensioni provvisorie (304 milioni). Come si vede il grosso delle spese è destinato al mantenimento di un personale sovradimensionato- si calcola in 40mila il numero dei marescialli in esubero e in tremila quello degli ufficiali – pensato per un esercito di leva con una truppa, e una funzione, molto diversa da quella attuale nella quale l’obiettivo della proiezione rapida richiederebbe un esercito di 130-140mila effettivi in luogo dei 193mila attuali.

Ed è proprio la filosofia di proiezione e di intervento rapido, integrati alla Nato e alla Ue, che ispira una logica tecnocratica con cui alla necessità di razionalizzazione della struttura, con accorpamenti, integrazioni interne, eliminazione di duplicati, si associa l’obiettivo di un massiccio ammodernamento delle strutture con la crescita impetuosa della spesa in investimenti sulla scia di paesi europei come Francia e Gran Bretagna. Che, non a caso, hanno la più solida tradizione di proiezione militare, spesso di matrice coloniale, e che vantano efficienze operative e strutturali di primo piano.

Ecco quindi che si spiega il gigantesco contributo, 1,7 miliardi nel 2007, 1,55 nel 2008 e 1,2 nel 2009, stabilito dall’articolo 113 della Finanziaria che va a formare un Fondo, a disposizione del ministero della Difesa, “destinato al finanziamento degli interventi a sostegno dell’economia nel settore dell’industria nazionale a elevato contenuto tecnologico”. Per valutare la consistenza dell’erogazione basti pensare che con la metà di questo stanziamento si eliminerebbero i ticket stabiliti dalla Finanziaria!

Lo stanziamento in oggetto, però, non è l’unico perché un altro articolo, il 187, stanzia 400 milioni di euro per il 2007 e 500 per il 2008 e 2009 per il funzionamento dello strumento militare cioè “manutenzione ordinaria e straordinaria di mezzi, materiali, sistemi, infrastrutture, equipaggiamenti nonché adeguamento delle capacità operative e dei livelli di efficienza anche in funzione delle missioni internazionali di pace”. Ma non basta, con l’articolo 110 si rifinanziano le attività già previste a favore del settore aeronautico e che ammontano a 100 milioni per il 2007, 110 per il 2008 e 100 milioni per il 2009: si tratta degli Eurofighter che così non sono coperti dall’articolo 113.

A fronte di questi stanziamenti ci sono poi delle decurtazioni minime come i 120 milioni sottratti dalle risorse per la professionalizzazione delle Forze Armate, i circa 100 milioni prevedibili dai risparmi che colpiranno i vari ministeri e che saranno stabiliti dal Ministero dell’Economia oltre al contributo al bilancio nazionale che verrà dato con la dismissione di immobili della Difesa non più utilizzati (le caserme in particolari che potranno essere vendute agli enti locali). Come si vede si tratta di un trasferimento che resta imponente e che a nostro avviso non è accettabile, soprattutto in presenza di una finanziaria che continua a tagliare diversi servizi di base, che introduce i ticket, che sostanzialmente blocca il turn-over nel pubblico impiego che, a dispetto della regolarizzazione di 150mila precari nella scuola, riduce drasticamente il numero dei docenti, e così via.
L’obiezione, del resto, va mossa anche in considerazione dell’effettivo utilizzo di questi stanziamenti. Cosa c’è infatti nell’ammodernamento e rinnovamento dell’apparato militare? I piani di investimento sono molti e sono consultabili nella “Nota aggiuntiva allo stato di previsione per la Difesa”. Tra questi il grosso andrà ai programmi aerei (1,359 miliardi) con il programma di velivoli Joint Strike Fighter, programma cui partecipa anche Israele, che andranno a sostituire i Tornado e gli Amx e il programma di elicotteri NH-90 funzionali allo spostamento rapido di truppe in territori di guerra. A questi vanno aggiuntigli Eurofighter che saranno completati nel 2015 e a cui l’Italia partecipa con uno stanziamento di 450 milioni nel 2007 e gli stessi Tornado che costeranno 160 milioni. Altre due voci importanti di questo programma di investimenti sono costituite dai sistemi missilistici (435 milioni) e dai mezzi navali (533) che prevedono la costosissima portaerei Cavour (complessivamente verrà a costare 1,390 miliardi e sarà pronta nel 2008).

Ovviamente tutto questo si giustifica con il rinnovato ruolo internazionale dell’Italia che passa tramite lo stanziamento di 1 miliardo alle missioni di pace – previsto dall’articolo 188 che rende automatico il rifinanziamento, articolo che il governo si è impegnato a cancellare ma senza aver ancora predisposto l’emendamento – e che, in ultima analisi, costituisce la leva che muove tutto il resto. Ancora una volta, sarebbe bene cominciare da riconsiderare proprio questo aspetto della politica militare, e purtroppo estera, del nostro paese.