Sono i contenuti che decidono. La fase delle alleanze fondate “contro” ha fatto troppi danni alla politica italiana. Occorre una sinistra indipendente sia da Berlusconi che da Veltroni».
Giorgio Cremaschi, segretario confederale della Flom, non è mai stato tra gli estimatori del governo Prodi, e non fa mistero di guardare con estrema diffidenza a «una sinistra che si considerasse per sempre alleata del Partito democratico». Ma il colloquio con lui non serve a disegnare strategie politiche per il futuro, quanto a capire come le ultime vicende politiche stanno incidendo sul sindacato.
Che succede in Cgil, Cremaschi?
E’ in atto una svolta moderata profondissima, cheporta a un livello ulteriore il modello che ha accompagnato l’organizzazìone negli anni 90. Si sta passando a una concertazione con una forte idea della politica dei redditi a un modello di concertazione più vicino a quello Cisl, per cui è centrale l’accordo con le imprese. Da una concertazione triangolare a una bipolare: da un lato sindacato e imprese, dall’altro il governo.
La contestata vicenda del Protocollo welfare è un capitolo di questa svolta?
Sì, ma non c’è solo il Protocollo, c’è anche una politica contrattuale fondata sulla flessibilità e la competitività. Questa strada porta, se non sarà interrotta, all’eutanasia del contratto nazionale, che è la linea delle imprese.
La Cgil ha affrontato con durezza il recente dissenso Fiom. Ha pesato la nascita del Pd?
Mah, questa cosa non viene dagli ultimi 15 giorni: la Cgil ha praticato un collateralismo che ha indebolito il sindacato ed è una delle cause della crisi profonda dell’alleanza di centrosinistra. Quando sento Epifani dire che Veltroni è rispettoso dell’autonomia del sindacato (quando tutti sanno che non è così) mentre la sinistra “radicale” interferisce, capisco che è già dentro il Pd, sia che prenda sia che non prenda la tessera. Il Pd non ha bisogno di dare “ordini” alle riunioni sindacali (ma avviene anche questo), è egemone se si costruisce una cultura sindacale moderata: il Protocollo welfare è il Pd. Oggi questa cultura sindacale si sente forte nel dire che i risultati non ci sono perché siamo stati troppo timidi, dobbiamo essere più liberali e più liberisti: e in questo scontro il gruppo diriente della Cgil è privo di bussola e subalterno alla Cisl. Nega alla radice la realtà, tutte le volte che ci sono esperienze positive di lotta: Vodafone, Atesia, sono state subito normalizzate, vissute come poco più che un fastidio. Se negli anni ’68- ’69, con quella esplosione di lotte, il sindacato avesse risposto così, con una cultura chiusa, incapace di affrontare le novità, oggi non avremmo nemmeno lo Statuto. C’è una chiusura in se stessa della burocrazia, dell’apparato, la parola “confederalità” viene brandita come una clava.
Recentemente la Banca d’Italia ha sottolineato che il basso livello dei salari è un’anomalia italiana…
Senza strumentalizzare Draghi, se l’Italia è il paese europeo con la peggiore dinamica salariale, negli ultimi anni, è evidente che il sindacato è responsabile. E ce una parte del sindacato che è convinta di questo, ma pensa di risolvere il problema ridimensionando la contrattazione nazionale. Si dà la colpa ai contratti nazionali che non danno soldi. Ma se le piattaforme salariali sono ridicole! E la contrattazione aziendale? Non era vietata per legge, ma non si fa perché non ci sono i rapporti di forza, che in Italia si giocano sul terreno della contrattazione nazionale.
A proposito: lo scontro che si è aperto in Cgil sulla linea della Fiom non rischia di danneggiare la vertenza dei metalmeccanici?
I primi segnali di lotta sono positivi. Certo il Protocollo non ha aiutato una piattaforma che punta a ricostruire potere contrattuale dei lavoratori nei luoghi di lavoro e a rafforzare la contrattazione nazionale. Ma i risultati si vedono alla fine: decisivo sarà l’uso delle lotte. La differenza che c’è tra i metalmeccanici e altre categorie, è che nei metalmeccanici c’è ancora l’idea che con il conflitto sociale si possono cambiare i rapporti di forza, mentre gran parte del sindacato ha abbandonato questo punto di vista.