Di nuovo immagini di fumo, sangue, macerie, da Londra, come poco più di un anno fa da Madrid… Da Falluja, da Kandahar? Altri nomi di città bombardate che però non si possono aggiungere alla lista dell’orrore perché considerate «altrove» in luoghi dove la guerra giustifica e comprende il massacro indiscriminato dei civili. No, i morti non sono mai tutti uguali hanno volti, nomi, età, storie e sogni troncati diversi. I morti di Londra non vendicano quelli di Falluja o di Kandahar, come la guerra che continuerà a fagocitare vite d’innocenti in Iraq e in Afghanistan non vendicherà i morti di Londra e non ha vendicato quelli di Madrid e delle Twin Towers. Non ci sono morti da una parte e morti dall’altra parte, c’è solo un elenco incompleto e terribile di vittime che ogni giorno aumentano. Erano persone anche i venti «talebani» uccisi da un bombardamento Usa in Afghanistan, poi risultati civili, tra loro molti bambini. Il comando militare ha successivamente ammesso l’errore ma non l’orrore. E’ il disprezzo della vita umana teorizzato e praticato l’elemento che accomuna guerra e terrorismo, rendendo le due parole non solo non contrapponibili, ma una sinonimo dell’altra. La guerra porta morte in Asia, in Medioriente, il terrorismo la porta negli Usa e nel cuore dell’Europa secondo la stessa logica omicida.
Non c’è nessuna spirale guerra-terrorismo da spezzare, c’è da opporre un no irriducibile alla violenza. Un no che cammini sulle gambe della politica, della diplomazia, del dialogo, del rispetto. Certo i morti di Londra ci sono più vicini, ci indignano di più. Un anno fa a Baghdad guardavo il cadavere semicarbonizzato di un uomo che sbucava dalle lamiere della sua auto bombardata, mi era vicino.