Jean-Marie Straub e Danièle Huillet sul Lido non sono venuti. Lo avevano già detto e così è andata. «Motivi di salute», spiega il direttore Marco Müller che ha coordinato personalmente l’incontro stampa del film. È arrivato il film, magnifico, Quei loro incontri, sono arrivati gli attori, gli stessi con cui i due registi lavorano da anni a Buti, paese in Toscana, a pochi chilometri da Pontedera dove si è fermato fino alla morte Jerzy Grotowski. Giovanna Daddi e Dario Marconcini, tra i protagonisti in Quei loro incontri di quell’esperienza furono sostenitori appassionati, forse non è un caso trovarli insieme a Straub-Huillet. Buti gli ha dato la cittadinanza onoraria, loro lì si sentono a casa, ci hanno girato tre film ognuno preparato attraverso una regia tetrale (testi autonomi, quasi a mostrare le differenze tra le possibili rappresentazioni di realtà: sul palco a luci artificiali, sullo schermo con la luce del giorno, entrambi nel sonoro visibile di voci, corpi,movimenti interiori di macchina e di sguardo). I primi lavori era Elio Vittorini, Sicilia! (99) e Operai contadini (2001). Ora è Cesare Pavese, I dialoghi con Leucò, testo premonitore di poesia sovversiva, la stessa che distillano nelle loro immagini Straub-Huillet. Ancora incontri che non avvengono per caso.
E sono arrivate tre lettere (a firma di Jean-Marie Straub), parole di commuovente tenerezza che immaginiamo Straub dire (è sempre lui che parla mentre Danièle cammina un po’ avanti e dietro) tormentando il sigaro, grandi passi su e giù, col cappello in testa. «D’altronde non potrei festeggiare in un festival dove c’è tanta polizia pubblica e privata alla ricerca di un terrorista – il terrorista sono io! E vi dico parafrasando Franco Fortini: finché ci sarà il capitalismo imperialistico americano non ci saranno mai abbastanza terroristi nel mondo».
Scandalo. Le agenzie battono la notizia, facce inorridite. Vogliamo metterli a Guantanamo adesso? O è che sentirsi dire chiaramente, nella «morbidezza» del politically correct che aggressioni, violenze, occupazioni sono materia squisita per nutrire gli integralismi di ogni parte è insopportabile?
Ringrazia Müller Straub nella lettera – «per il suo coraggio» . «È venuto troppo presto per la nostra morte – troppo tardi nella nostra vita». «Perché Pavese? Perché ha scritto: Comunista non è chi vuole. Siamo troppo ignoranti in questo paese. Ci vorrebbero dei comunisti non ignoranti, che non guastassero il nome». Già, pensando che i «grandi» media mentre lamentano la crisi del cinema e del mercato hanno da tempo fatto propria la filosofia della «vetrina» preoccupandosi che il Leone lo vinca un film asiatico, magari d’autore, destinato a finire in dvd nella polvere di qualche scaffale. È vero pure però che la Mostra ha dedicato alla conferenza stampa del film dieci minuti contro i venti/trenta d’abitudine. «Gli attori hanno chiesto di non parlare e di limitarsi alla lettura delle lettere» (affidata a Giovanna Daddi, a cui Straub ha chiesto di essere la sua Antigone) è la versione ufficiale.
Non è vero, è la risposta unanime del gruppo. La Mostra voleva spostare la conferenza alle 14 (la proiezione ufficiale del film per il pubblico era alle 15.00). Straub e Huillet: «Siamo molto arrabbiati. In Italia mentono tutti, si mente sempre. Perché non si dice la verità anche se può essere poco gradevole? Jean-Marie ci teneva moltissimo che venissero poste domande agli attori butesi. È stata una ‘censura’ della Mostra, non permettere una conferenza stampa come le altre e ridurre tutto a dieci minuti». Peccato. Perché gli attori (ce lo insegnava proprio Grotowski ai tempi del Principe costante) sono interpreti e corpi politici. Avrebbero potuto dirci molte cose di questo lungo lavoro (quasi dieci anni), di «quei loro incontri». Giovanna Daddi e Dario Marconcini sono registi, autori e attori, anche qui non poche cose da raccontare.
Le lettere ci dicono anche che Jean-Marie Straub a Venezia la prima volta ci è venuto (come giornalista) nel 1954. I registi di cui ha parlato sono Mizoguschi, Bunuel, Hitchcock. C’è stato poi Machorka-Muff (62) e Non riconciliati, la proiezione la paga JL Godard, che di Straub Huillet è amico da sempre. Fino a Quei loro incontri «per un Leone ruggente». I problemi però sono altri, sono la vita di ogni giorno, le cose che vanno sempre peggio «e io non sono cattolico, la speranza è un’invenzione del Vaticano, Ci vogliono muscoli, polmoni, respiro», dice Straub. Loro l’energia l’hanno messa tutta nel loro cinema, nel fare le cose che hanno voluto. «Fortini lo diceva a proposito della guerra dei sei giorni, che continuando su quella strada ci sarebbero stati sempre più antisemiti, lo diceva lui, un ebreo. Io l’ho parafrasato pensando all’oggi».