La spartizione delle spoglie

Appalti miliardari per gli amici di Bush e Co. I democratici chiedono indagini.

Un contratto da sette miliardi di dollari in due anni per spegnere gli incendi dei pozzi petroliferi in Iraq, con un margine di profitto assicurato del 7%. Questa l’entità della commessa che il Pentagono ha assegnato, senza neppure passare per uno straccio di gara, alla Kellogg Brown & Root, sussidiaria della Halliburton (la società che ha avuto alla sua testa dal 1995 al 2000 Dick Cheney, attuale vice presidente Usa). L’informazione è arrivata ieri dal Corpo dei genieri dell’esercito sotto forma di lettera al deputato della Camera dei rappresentanti, il democratico della California Henry Waxman che l’8 aprile scorso, insieme ad un altro collega, John Dingell, del Michigan, aveva rivolto un’interrogazione al General Accounting Office, il braccio investigativo del Congresso, perché appunto investigasse sulle modalità con cui l’amministrazione ha assegnato ricchi contratti per la ricostruzione dell’Iraq. In particolare, nero su bianco, i due chiedevano lumi proprio sulla sussidiaria perché «i legami tra il vice presidente e la Halliburton» potrebbero far pensare «che abbia ricevuto un trattamento di favore dell’amministrazione». Nella lettera il comandante dei Genieri spiega che la società è stata scelta perché considerata l’unica in grado di fornire garanzie di intervento rapido ed efficace nelle condizioni di guerra date. La risposta non scioglie il quesito dei deputati, e tuttavia dà intera la dimensione delle spoglie di guerra che gli «amici» si stanno spartendo con la ricostruzione dell’Iraq, dopo essersi spartite quelle della distruzione. Un bottino da 100 miliardi di dollari che suscita avide brame e sospetti feroci anche all’interno degli Usa, come dimostra il risveglio dei democratici, che sulla questione hanno riscoperto una verve da opposizione che latitava da tempo.

Ma, ben al di là della guerra all’Iraq, è dall’11 settembre che la Kellogg Brown & Root fa affari consistenti. E’ lei che ha costruito le gabbie di Guantanamo, e si è anche aggiudicato l’appalto esclusivo per la fornitura logistica alla marina e all’esercito: cioè cucina, costruzioni, generazione di elettricità, trasporto di carburante etc.

Un altro amico dell’amministrazione è il gruppo Bechtel, il maggiore appaltatore del paese e uno dei finalisti prescelti nella corsa all’Iraq. Il gruppo annovera tra i suoi dirigenti l’ex segretario di stato George Shultz, oggi anche presidente del gruppo dei consiglieri al Committee for the Liberation of Iraq, gruppo «ferocemente pro guerra dagli stretti legami con la Casa bianca», come ha scritto il 10 aprile il New York Times. Gruppo che si è detto anche fortemente impegnato , oltre alla «liberazione dell’Iraq» anche alla «ricostruzione della sua economia». Ben oltre lo scardinamento del regime, conterà dunque il rifacimento di un intero sistema economico a immagine e somiglianza dei «liberatori».

Le armate pronte all’azione non mancano. Secondo un rapporto speciale del Center for Public Integrity, un gruppo di osservazione del mondo politico che ha base a Washington (www.publicintegrity.org) dei 30 membri del Defense Policy Board, il gruppo di consiglieri del Pentagono, nove hanno legami con compagnie che tra il 2001 e il 2002 hanno firmato con il dipartimento della difesa contratti per 76 miliardi di dollari. Tra i nove c’è Richard Perle, costretto il 27 marzo scorso alle dimissioni dalla carica di presidente del Board per patente conflitto di interessi. Prendeva soldi dal gruppo Global Crossing per convincere il Pentagono a prendere decisioni in favore del gruppo medesimo. Tuttavia Perle resta nel gruppo dei consiglieri, costituito nell’85 per fornire al capo del Pentagono «consigli e opinioni indipendenti e competenti». I membri attuali sono stati tutti scelti da Douglas Feith, vice di Rumsfeld e appartenente al gruppo dei neo conservatori super falchi. Gli altri otto consiglieri segnalati da Public Integrity, hanno tutti forti legami con l’industria delle armi: Boeing, Northrop Grumman, Lockheed Martin, Booz Allen Hamilton. Come ad esempio l’ammiraglio David Jeremiah, 38 anni di gloriosa carriera nella marina, direttore o consigliere di amministrazione in almeno 5 corporations che nel 2002 hanno avuto dal Pentagono più di 10 miliardi di dollari di contratti. O come James Woolsey, ex capo della Cia, meglio noto oggi come il teorico della IV guerra mondiale, ma anche pezzo grosso del Paladin Capital Group, società che cerca capitali di investimento per imprese legate alla sicurezza interna degli Stati uniti.