Ségolène Royal sarà la candidata di ripiego della sinistra radicale? Sono in molti a porsi questa domanda paradossale sulla socialista accusata di «blairismo», alla vigilia della riunione – oggi e domani – dei rappresentanti degli 800 collettivi locali del «no» alla Costituzione, che dovrebbero scegliere un candidato unico della sinistra antiliberale per le presidenziali del 2007. Questioni di merito e di metodo dividono questo schieramento, che sulla carta ha la forza della vittoria contro il trattato costituzionale varato nel 2005, ma che nella pratica è rimasto da allora frantumato nelle diverse espressioni partitiche o di movimento. Così, da Porto, al congresso del Pse, la candidata socialista si è autoinvitata a distanza dagli anti-liberisti, alla vigilia della loto riunione: Royal ha preso di mira la Bce, affermando che le decisioni della Banca centrale europea dovrebbero essere «sottoposte a una valutazione politica». Contro gli gnomi di Francoforte, Royal afferma che «non sarà più il signor Trichet» il presidente della Bce, ex governatore della Banque de France, a «decidere l’economia del nostro paese».
Nel frattempo a Parigi la sinistra radicale si lacera: sostanzialmente, tra chi (come il Pcf) pensa a un’intesa di governo con il Ps e chi (Lcr) non ne vuole sentire parlare. La scelta del candidato non sarà compito dei soli militanti dei collettivi: dopo il voto della base, ci vorrà un «doppio consenso» da parte dei partiti. E qui, ognuno correrà per sé: ieri, Olivier Besancenot della Lcr ha fatto sapere non solo che non sarà presente alla riunione del fine settimana, ma che si presenterà alle presidenziali, qualunque sia il voto dei militanti. Besancenot potrà essere fermato solo dall’impossibilità di raccogliere le 500 firme di uomini politici eletti, necessarie perché la candidatura sia accettata ufficialmente. Ieri, Besancenot ha ingiunto al Ps di «non metter(gli) i bastoni tra le ruote» facendo pressione sui sindaci socialisti perché gli rifiutino la firma. Il Pcf presenta la sua segretaria, Marie-George Buffet. Secondo i primi dati, ha raccolto la maggioranza dei voti dei militanti dei collettivi. «E’ normale – spiega il sindacalista Claude Debons – perché i comunisti sono la maggioranza. Anzi, quello che è strano è che non abbia raccolto più del 50 per cento». Ma molti non vogliono avere come rappresentante del fronte anti-liberista la segretaria di un partito storico, anche se il Pcf aspira ad unificare questo fronte dietro la propria bandiera. Buffet ha promesso di dimettersi dalla carica di partito se sarà scelta.
Ma per mettere tutti d’accordo, la giovane Clémentine Autain, indipendente comunista ed assessore alla gioventù del comune di Parigi, pensa di essere piazzata meglio: posso rappresentare «tutte le sensibilità» ha affermato ieri, «il salto generazionale può essere una carta in più di fronte alle difficoltà che abbiamo a firmare un accordo politico». Per Autain, poi, «la gente non ne può più di vedere sempre le stesse facce». Il candidato di questo schieramento avrebbe potuto essere il leader contadino José Bové, ma l’altermondialista si è ritirato dalla corsa (forse con una mossa solo tattica). «Oggi constato che né il Pcf né la Lcr e neppure il collettivo nazionale, totalmente paralizzato, sembrano aderire all’approccio unitario», ha affermato. Anche il comunista dissidente Patrick Braouezec è nella corsa. Alla fine, c’è il forte rischio che il fronte del «no» di sinistra arrivi a pezzi alle presidenziali: i candidati dell’area trotzkista saranno tre (Lcr, Arlette Laguiller di Lo e il Partito dei lavoratori), poi ci sarà Buffet per il Pcf, forse Bové.
Nel collettivo ci sono anche i Verdi dissidenti, mentre i Verdi ufficiali presentano Dominique Voynet (anche se i francesi, stando ai sondaggi, preferiscono Nicolas Hulot, animatore della trasmissione Ushuaia Nature di Tf1, che non ha nulla a che vedere con la sinistrra ma che vuole sottoporre ai candidati un «patto per l’ambiente» pur continuando a coltivare l’idea di candidarsi). Il Ps teme la dispersione, il ripetersi del disastro del 2002 e una campagna feroce contro Ségolène Royal, che potrebbe fare danni.