La sinistra nei pasticci

Ho incontrato un pòstero. Uno studente del secolo prossimo cui era stata assegnata la tesi: Il centro sinistra d´inizio secolo. L´aveva svolta in un modo bizzarro, applicando alla vicenda del centro sinistra del nostro tempo lo schema della Storia d´Italia di Francesco Guicciardini: antefatto – l´età dell´oro del grande Lorenzo – e i tre tempi del crollo: invasioni neo barbariche, fallimento della riscossa italica, servitù finale. Quello schema l´aveva replicato così: antefatto, l´età dell´oro della prima Repubblica e i tre successivi tempi: invasione leghista-berluschista-neofascista, tentativo di riscossa centrosinistrica, “suicidio” finale: tenendo conto, ovviamente che la storia può ripetersi due volte: la prima come tragedia, la seconda come farsa.Naturalmente, era un sogno. Per meglio dire, un incubo.

Mi domando se ci sono ancora i modi per scongiurarlo. I principali attori hanno fatto di tutto per renderli difficilissimi. È forse destino di questo paese bellissimo e intelligentissimo. Di avere in sorte una politica fatta di personalismi inflazionati e di disegni sottilissimi. Con formula oscena ma elegante, i francesi definiscono queste trame, oscure ai più tranne che agli intimi, e soprattutto supremamente indifferenti ai comuni mortali, “enculage des mouches”.

Dei modi di scongiurarlo, temo che si stia scegliendo il peggiore. Quello di scatenare un conflitto aperto tra le componenti e all´interno delle componenti della coalizione, contrapponendo come regalo inatteso a una destra suicida un suicidio della sinistra: e soprattutto, quel che conta di più, infliggendo a un paese in condizioni economiche e psicologiche gravi, anche se non serie, un´età di torbidi fatta di rabbia e di frustrazione.

Sui modi di uscire da questo orribile pasticcio Michele Salvati prospettava, sul Corriere della Sera del 26 maggio, quattro soluzioni. Prima: il getto della spugna da parte di Prodi: quod Deus avertat. Seconda: il rattrappimento della Federazione, non più Ulivo, se mai Ulivetto, necessariamente egemonizzato dal nòcciolo Ds: giustamente sconsigliata e del resto irrealizzabile per la comprensibile riluttanza dei “minori”. E poi una terza e una quarta, secondo lui praticabili. La nascita di una lista prodiana: asinello in marcia verso il grande partito democratico del futuro, aperto, ai volenterosi. E la quarta: la fabbrica di un programma che federasse tutti i partiti del centro sinistra per battere questo governo sgangherato e salvare il paese dalla disintegrazione.

A me pare che Prodi abbia scelto, più o meno, la terza, che francamente mi sembra la più avventuristica. L´ultima, invece, mi sembra la più realistica, se realizzata attorno ad una leadership che accettasse di essere superparte serena e non controparte rancorosa. Sarà banale. Ma è anche comprensibile. Il mio giornalaio, che non si raccapezza tra le altre combinazioni variamente denominate e composte, l´ha capita. Mentre non capirà certamente perché una soluzione così semplice non sarà neppure presa in considerazione.

Per quale ragione questa banalissima e ragionevole soluzione, della vera e propria Unione, viene contestata dagli addetti ai lavori? C´è chi dice: questa è una soluzione partitica: una volta ancora si lascia fuori la “società civile”. Francamente, la cosiddetta “deprofessionalizzazione” della politica non mi ha mai convinto. Abolire i partiti per affidare la gestione della società alla “cuoca di Lenin” non mi è sembrata una grande idea vittoriosa. Dappertutto, nel mondo, la democrazia si svolge e si rinnova attraverso i partiti. Rinnovare i partiti riaprendoli alla società? Certo. Ma questa fondamentale esigenza la si soddisfa non con i girotondi, ma con le concrete proposte e azioni di governo. Ernesto Rossi raccomandava di scegliere i deputati attraverso retate casuali nei luoghi pubblici. Ma almeno, scherzava.

E però, in proposito, c´è anche chi dice: una proposta di governo concreta, l´attuale centro sinistra, nella sua così variegata composizione, non la costruirà mai. Se ciò fosse vero, tanto varrebbe dire che non vincerà mai: e comunque, che non governerà mai, dovesse per caso vincere. Ma io credo che non sia affatto vero. L´esperienza del passato e i problemi drammatici del presente hanno avvicinato le posizioni, anche le più distanti: se è vero, per esempio, che Bertinotti ha ricordato il centro sinistra di Moro e di Nenni come un´esperienza da rivalutare.

Certo, non servono i programmi tradizionali scesi dall´alto, che nessuno ha mai letto. Invece, l´iniziativa che mi ostino vanamente a proporre, di una Conferenza programmatica permanente, che mobiliti e interroghi tutte le più significative istanze della “società civile” sui temi più critici che veramente la interessano – l´occupazione, le tasse, i servizi pubblici, le pensioni, l´istruzione, la salute – passando in rassegna e dibattendo con la massima intensità e trasparenza le soluzioni prospettate, selezionandole democraticamente, aiuterebbe a rinnovare le idee e forse anche i quadri dei partiti, fonderebbe su basi salde e concrete la coalizione, riaccosterebbe la Società alla Politica. Dimostrerebbe la superiorità di una sinistra di governo su una destra di slogan. Metterebbe in imbarazzo quei neo destri ex sinistri che imputano – devo dire talvolta con qualche ragione – alla sinistra povertà di idee e conservatorismo di comportamenti.

Infine, chi impedirebbe a questa coalizione di governo, fondata su una proposta di governo, di prendere il nome di Nuovo Ulivo?

Forse, il centro sinistra continuerà probabilmente a baloccarsi con quello sport francese che ho ricordato prima. Deve però stare attento. È uno sport pericoloso. Chi lo pratica, può restarne vittima.