La sfida ambientale al G8 di San Pietroburgo

Il 14 giugno scorso le accademie delle scienze di 12 Paesi hanno rivolto un appello al G8 che si terrà in luglio a S.Pietroburgo perché siano prioritarie nell’agenda dell’incontro la sostenibilità dell’energia e l’affidabilità del suo approvvigionamento, senza delle quali «i primari obiettivi dell’umanità non possono essere conseguiti».
Le Accademie – oltre a quelle dei Paesi del G8, Brasile, Cina, India e Sud Africa – ricordano l’analogo appello fatto l’anno scorso sulle maggiori sfide inerenti i cambiamenti climatici e rilevano che «queste sfide sono predominantemente correlate ai sistemi e all’uso dell’energia». Nel numero uscito il giorno dopo, la rivista Nature dà molto risalto all’appello delle istituzioni scientifiche nazionali che «dettano l’agenda ai G8», ricorda per bocca di alcuni presidenti delle accademie il ruolo più forte della comunità scientifica internazionale «per avere una voce più efficace a livello politico» e le critiche da essa svolte per l’abitudine degli Stati di non onorare gli impegni presi e, infine, a proposito della costruzione del consenso tra gli scienziati di 12 Paesi, rivela come sull’energia le «divergenze» si siano avute soprattutto tra Francia e Usa, rispettivamente a proposito del livello di supporto alla ricerca sul nucleare e sulle tecnologie per il «carbone pulito».
E infatti nell’appello si trovano sempre appaiati i richiami ai sistemi per il carbone pulito con quelli per «sistemi nucleari avanzati», entrambi messi poi insieme alle fonti rinnovabili. C’era, ovviamente, da aspettarselo: perché esse restano per molti scienziati un indefinito futuribile, quando non scatti un pregiudizio ostile («la scienza è per il nucleare»). Però nell’appello è significativo non solo l’impianto strategico che reclama un elevato livello di cooperazione internazionale e la necessità di un amplissimo intervento pubblico, ma anche che la prima priorità invocata sia quella dell’efficienza nell’uso dell’energia, finalizzando cospicui investimenti pubblici a «esplorare le strade» per incrementarla.
Ci ritroviamo così sulla stessa linea del libro verde della Commissione UE che, approvato a fine marzo scorso, propone per l’Europa l’obiettivo del 20% di risparmio energetico entro il 2020 (e il 15% di fonti rinnovabili entro il 2015).
E il «risparmio» si presenta come la strada maestra che, col contenimento dei consumi energetici, può «stabilizzare» la concentrazione dei gas di serra nell’atmosfera, ridurre l’impatto inquinante sulla biosfera e mitigare gli sconvolgimenti climatici in atto. E’ l’insieme di tecnologie e realizzazioni per la transizione verso l’era in cui l’apporto di sole, vento, acqua e biomasse diventi determinante. E’, insomma, l’unico rimedio che può incidere in modo significativo sulle quantità di energia, da subito e su un arco di tempo – dieci, quindici anni – credibile, se si vuole evitare una degenerazione tale nelle condizioni del Pianeta da mettere in discussione neanche più la qualità dei livelli di vita, ma la stessa organizzazione e gestione della società.
E poiché questo è il punto di drammaticità – non ci stancheremo di ripeterlo – delude che il recente ddl sull’energia, presentato dal Ministro per lo sviluppo economico, oltre ad aver scordato il fotovoltaico, sia più indietro dell’appello degli scienziati sulla priorità del «risparmio». E poiché questo è il punto, pensiamo che un’azione analoga a quella della comunità scientifica, senza gli appeasement di quell’appello, possa essere svolta dai protagonisti del «Contratto mondiale per l’energia». E a essi ci rivolgiamo, ben sapendo che questa iniziativa non è ancora al livello del «Contratto per l’acqua», ma che ha però già conseguito un livello di diffusione e di rappresentatività adeguato e autorevole. Che consente loro qualche cosa di più che non i rituali di un «controvertice», ma uno sforzo simile a quello che stanno conducendo le accademie scientifiche – sui fondi per controllare la diffusione dell’aviaria l’altr’anno, sugli impegni per l’energia quest’anno – con risultati che sarebbe sciocco sottovalutare.
E un po’ di zizzania, negli stupendi palazzi che gli architetti veneti disegnarono nel ‘700 per S.Pietroburgo, si può ben metterla proprio guardando al mercato: fino a quando i Paesi della UE membri del G8 tollereranno la concorrenza sleale dei Paesi, Stati uniti e Giappone, che non hanno aderito al Protocollo di Kyoto?

* Movimento Ecologista