La seconda morte accidentale di un anarchico

Una cosa orrenda, di una brutalità inverosimile. Il sindaco Albertini compie un gesto prettamente elettorale cercando di leccare piedi, mani e tutto quello che si può pensare alle destre estremiste. Sta per andarsene e cerca di portare l’ennesimo regalo alla destra reazionaria cercando di eliminare la memoria di un atto criminale.
Giuseppe Pinelli era già identificato come vittima, in questura sapevano benissimo che era innocente, non se ne sono accorti dopo. Vi era stato invitato per informazioni e trattenuto addirittura illegalmente per ore. Non c’era nessun fermo, non c’era neanche una dichiarazione di sospetto, niente. Cercavano di provocarlo, di farlo reagire, di inguaiarlo. Il questore gli fece anche la solita trappola dell’interrogatorio: “Mi dispiace per la cattiva notizia, il tuo amico Valpreda ha parlato, ha confessato, è stato lui a mettere le bombe alla Banca nazionale dell’agricoltura”. Una balla completa a cui, secondo l’invenzione della prima ricostruzione della polizia, Pinelli avrebbe risposto: “E’ la fine dell’anarchia”, buttandosi giù. Peccato che il tutto era stato male costruito perché Pinelli si butta ore dopo la balla su Valpreda. E cosa successe in quel tempo?

Lo abbiamo ricostruito con i documenti giudiziari e della polizia, con le perizie e le controinchieste e proposto in Morte accidentale di un anarchico, dove è raccolta e raccontata tutta la ridda di falsità, ipocrisie, bugie per far dire che Pinelli si sarebbe buttato da solo, fino all’idea assurdità della scarica metafisica, il “malore attivo”, che mise fine alla storia processuale. Per questo abbiamo sfottuto anche il nostro caro amico Gerardo d’Ambrosio che lo inventò da giovane procuratore. Il malore attivo, ovvero uno che invece di cadere per terra, si alza, corre e scavalca una finestra per buttarsi giù, non esiste come malattia o come gesto psichico. Un assurdo. Come quando al processo, il giudice a chiede ai poliziotti presenti nella stanza se non hanno provato a fermare quell’uomo che stava scavalcando la balaustra, secondo il loro racconto: “Si”, rispose un poliziotto, “e a me rimase in mano una scarpa nel tentativo di trattenerlo”. Poi ahimè il Pinelli sfracellato a terra aveva tutte e due le scarpe ancora addosso. Dal tragico al grottesco. Quando finalmente si otterrà la riesumazione del cadavere, si troverà l’ecchimosi sul collo da parte della nuca, dove probabilmente Pinelli era stato colpito duramente prima della caduta. Pinelli è stato chiamato in Questura, è andato con la sua bicicletta e non è mai uscito con le proprie gambe.

Il fatto di aver inguaiato e perseguito gli anarchici non è un incidente nato per caso ma sappiamo dagli stessi documenti giudiziari che era un piano, una progressione preparata di cui in tanti erano già a conoscenza. Bisognava preparare un clima alla violenza di Stato per spostare l’attenzione della società e anche dei giudici, della parte non coinvolta nel gioco e che ha saputo anche reagire e comportarsi molto bene durante i processi su Piazza Fontana trasportati per tutta Italia. Delle bombe sui treni e nelle piazze i colpevoli preparati erano sempre gli anarchici ed erano sempre i servizi deviati – che deviati non erano perché a servizio dello Stato – a metterle.