La schizofrenia di Davos

Il mondo è piatto visto da Davos, dove fino a domenica è riunito il gotha mondiale del potere politico ed economico, 2500 invitati, tra cui due dozzine di capi di stato e di governo e 800 presidenti delle più grandi multinazionali. E oltre ad essere piatto – cioè tutto in rete – è anche schizofrenico, secondo la decrizione, abbastanza onesta fatta da Klaus Schwab, il fondatore del Forum economico mondiale che tiene quest’anno la sua trentaseiesima edizione nella località sciistica di lusso svizzera.
L’illustrazione della schizofrenia di un mondo sempre più mondializzato è stata data da Guy Rider, segretario generale della Confederazione sindacale internazionale (Csi), fondata nel novembre scorso e che riunisce 306 sindacati di 154 paesi del mondo, che organizzano 169 milioni di lavoratori.
Per Rider coesistono «due mondi completamente differenti», uno che si è espresso in questi giorni a Nairobi con il Forum sociale, e l’altro, qui, a Davos, dove i responsabili dei fondi privati di investimento restano convinti di poter chiedere «rendimenti straordinari, non a cinque o dieci anni, ma da domani», mentre sull’altro fronte i lavoratori sono sballottati dalla precarietà e dalla povertà crescente.
Secondo un rapporto del Bit (Bureau International du Travail), la disoccupazione nel mondo è stata nel 2006 la più alta della storia umana: 195,2 milioni in cerca di lavoro nel mondo, mentre tra chi un’occupazione ce l’ha cresce la percentuale dei lavoratori poveri. Una disoccupazione che colpisce in modo particolare i giovani dai 18 ai 24 anni. Sull’altro fronte, invece, secondo uno studio presentato a Davos, la «fiducia» degli imprenditori non è mai stata così alta, un record : il 90% si dice ottimista per il 2007, che sarà un nuovo anno di crescita dell’attività delle rispettive società (mentre i dati sulla disocuppazione mondiale, secondo il Bit, rimarranno tragici nel 2007).
L’ottimismo viene anche dal fatto che gli imprenditori hanno trovato un nuovo campo di sviluppo: la lotta al riscaldamento climatico. La nuova parola d’ordine è «make green pay», rendere redditizia l’ecologia. Esperti e imprenditori chiedono una «spinta politica» per poter investire in questo nuovo settore, che significa ricerca e prospettive di crescita, soprattutto per l’area dei paesi di vecchia industrializzazione, che trovano così una strada per vendere qualcosa ai giganti incipienti, Cina, India, Brasile.
Il presidente della Duke Energy Corporation, James Rogers, che ha firmato assieme a General Electric e Alcoa un appello a Bush per chiedere che gli Usa accettino di fissare un tetto alle emissioni di Co2, ha chiesto ieri che i politici dei grandi paesi si convertano a questa nuova prospettiva, per evitare che Cina e India seguano il cattivo esempio di Usa e Europa. Ieri, nella gironata dedicata ai paesi in via di sviluppo, Bill Gates, come ogni anno, ha evocato la sua attività filatropica : 138 bambini africani vaccinati contro varie malattie dopo la creazione dell’Alleanza mondiale per i vaccini e l’immunizzazione (Gavi), fondata proprio a Davos nel 2000.
Ma, al di là di queste celebrazioni delle magnifiche sorti e progressive del capitalismo mondializzato, il presidente del Brasile, Luiz Inacio Lula da Silva ha riportato tutti con i piedi per terra: ieri, ha ricordato che i negoziati alla Wto sono bloccati dall’estate scorsa, a causa delle sovvenzioni agricole degli Usa e dell’Unione europea. «Gli Stati uniti devono ridurre le loro sovvenzioni, l’Ue deve ridurre le sue sovvenzioni e aprire di più i mercati», ha ribadito Lula, in difesa delle agricolture dei paesi emergenti. Ai margini di Davos, una trentina di ministri di paesi della Wto hanno ripreso il dialogo. Pascal Lamy, alla testa dell’organizzazione mondiale del commercio, ha affermato di aver percepito «segnali estremamente positivi», in particolare dalla Ue e da Angela Merkel, la cancelliera tedesca che ha anche la presidenza dell’Unione europea fino a giugno. «Vogliamo inviare un segnale ai paesi più poveri – ha concluso Lula – e dire loro che avranno la possibilità di cavarsela nel XXI secolo». Anche Lula ha insistito sulla questione climatica : ha lanciato un appello agli investitori internazionali, perché si ispirino al modello brasiliano incoraggiando la produzione di biocarburanti.