Una parte del Partito sardo, che si sta confermando maggioritaria, ripropone l’esigenza inderogabile del federalismo e dell’autonomia. Non è un caso che il rilancio della questione sarda, attraverso il riconoscimento dell’identità di un popolo e delle sue istanze di autogoverno, sia stata posta solo dalla mozione “Essere comunisti”. Il motivo è semplice. Non si tratta solo dell’esito della proposta dei comunisti sardi che viene raccolta a livello nazionale, ma di una differente impostazione politica tra prima e seconda mozione. Mentre la prima mozione arriva a dichiarare maturo l’accordo di governo con il centrosinistra, fino a portare il Partito nella Gad, senza indicare quale programma di governo, “Essere comunisti” fornisce indirizzi e obiettivi precisi, soprattutto di natura programmatica, per l’interlocuzione con il centrosinistra.
Questa scelta della seconda mozione è una novità, determinante non solo per il Partito sardo e per l’insieme dello schieramento autonomista isolano, ma anche per il dibattito politico congressuale.
Il primo congresso regionale del nostro partito aveva già tentato di indicare una via che al precedente Congresso nazionale di Rimini non si è voluta seguire. Un percorso che riguardava non solo la nostra proposta politica per la Sardegna, ma che investiva anche il tema di un nuovo rapporto politico ed organizzativo tra Prc sardo e nazionale.
I problemi che il partito affronta in Sardegna non possono avere una sintesi adeguata a livello nazionale. La stessa scala nazionale non consente una reale rappresentatività politica del partito sardo. Non lo accettiamo. La riforma del titolo V della Costituzione e l’unificazione europea impone alla Sardegna di riformulare la propria specialità istituzionale. Per noi la scelta dell’autonomia e del federalismo non rappresenta uno dei “fronti”, uno dei “versanti” possibili, ma il terreno stesso della costruzione di un moderno partito comunista di massa nell’Isola. Ogni lotta sociale che aspiri ad essere generale, ogni proposta di riforma democratica della Regione e dello Stato, verrà valutata in Sardegna sulla base di questa pietra di paragone. Lo abbiamo visto in questi giorni nella difesa del Piano Straordinario per il Lavoro, nel momento in cui ogni aspetto della mobilitazione politica investiva le questioni del ruolo della Regione, degli enti locali, dei vincoli della finanziaria nazionale. Ma lo stesso va detto per la questione delle basi militari, della presenza dei sommergibili nucleari alla Maddalena, delle scorie nucleari, della difesa delle coste e dell’ambiente, della questione dei parchi.
In Sardegna è possibile aprire una nuova fase di lotte politiche e sociali. Ma per essere protagonisti di questo movimento autonomista e di progresso è necessario avere in primo luogo un partito unito, capace di far pesare la propria iniziativa. Per questo occorre una scelta congressuale strategica, anche statutaria, di un diverso rapporto politico ed organizzativo tra comunisti sardi e partito nazionale.
L’esperienza di questi ultimi anni ci insegna, amaramente, quanto questo riconoscimento non sia più rimandabile. Qualche mese fa siamo rimasti colpiti da una affermazione del compagno Fausto Bertinotti. In occasione dell’avvicendamento nella direzione del giornale, Bertinotti ha dichiarato che per regolare i rapporti tra il Partito e “Liberazione” era necessario immaginare «un sistema di autonomie che da un lato impedisca l’appiattimento e dall’altro eviti la contrapposizione». E’ un vero peccato che questo sistema di relazioni non si voglia estendere alle organizzazioni del Partito, in particolare per regolare i rapporti tra l’organizzazione del Partito sardo e la Direzione nazionale.
La nostra mozione, “Essere Comunisti”, si è fatta carico di questa esigenza.
Non c’è solo da prenderne atto. Bisogna continuare la nostra battaglia politica.
Velio Ortu
segretario regionale Sardegna
Antonello Licheri
capogruppo Prc Regione Sardegna
Maddalena Salerno
assessore Prc Regione Sardegna