Che hanno a che fare l’ingegnere Ibrahim el-Hibri, cittadino venezuelano di origine libanese, e suo figlio Fuad, già cittadino tedesco, ora naturalizzato statunitense, con l’anthrax? L’Fbi li sospetta forse di essere i mandanti delle lettere al Bacillus anthracis che stanno mettendo in allarme gli Stati Uniti? Sono la traccia che porta alle caverne dove si attenderebbe ansiosi che nel grande scontro di Ignoranze i morti afghani si aggiungano a quelli dell’America (di cui è bene ricordare che quasi la metà erano di altre nazioni)?
No, i due sono dall’altra parte, dalla parte dei vaccini. Lo sono, tuttavia, in un modo che illustra come l’Ignoranza occidentale – detto senza offesa – sia superiore a quella mediorientale quando si tratti di affari (in fondo erano libanesi le città che albergarono, 5.000 anni fa, il primo alfabeto, le prime tecniche commerciali documentate e i primi gruppi di mercanti-navigatori organizzati che conquistarono il Mediterraneo e ci tolsero all’innocenza dei riti tribali). Qualche passo indietro ci aiuterà a capire questo pezzo “libanese” della lunga ed interrelata storia tra produzione biologica ad uso militare e vaccini per combattere eventuali offensive nemiche o terroristiche.
Nei primi anni 80, Fuad el-Hibri è fresco dei suoi studi d’ecomomia a Stanford e di gestione aziendale pubblica e privata a Yale. Non gli ha risparmiato i soldi per l’educazione il padre Ibrahim – oggi presidente della giunta esecutiva della Digitel venezuelana (posseduta al 56% dalla Telecom Italia Mobile), nonché proprietario della I&F Holdings N.V., società di investimento basata nel paradiso fiscale delle Antille Olandesi, e membro della Dar Al Aytam Al Islamyah, gruppo filantropico libanese basato a Beirut che si occupa di varie attività assistenziali per orfani dei paesi arabi.
Il giovane Fuad entra da chierico in uno dei templi dell’Occidente, la Citicorp di New York (capace di trasformare i miliardi dei suoi clienti in miliardi caraibici) e passa poi alla filiale di Jeddah, in Arabia Saudita. Dai lidi sauditi Fuad approda alla Booz-Allen & Hamilton, di cui segue e promuove progetti di vario tipo a Singapore, Sydney, Jakarta, Kuala Lumpur, e Wellington (Nuova Zelanda), partecipando poi al management di varie altre aziende, per lo più di telecomunicazioni e biotecnologia. Nel 1990 fonda la sua East West Resources Corp. (Ewr), società di consulenza e sviluppo, tanto capace di muoversi tra le civilizzazioni di ogni tipo da conquistare subito il difficile, per dir così, mercato russo di Eltsin, dove realizza la prima rete di telefonia cellulare a Mosca e l’ammodernamento di quella fissa in alcune altre regioni russe. In più, Fuad assiste una grande società europea occidentale a vincere l’asta per la telefonia mobile in Polonia, e si assicura altri progetti in Venezuela (reti provinciali di telefonia mobile) e in El Salvador (rete telecomunicativa).
L’avventura – sua e del padre – nei meandri della bio-warfare e dei suoi rimedi ha inizio in contemporanea a quegli exploit. Il viatico è una società inglese, la Porton Products Ltd., già Porton International, a sua volta erede del centro di ricerca Porton Down (nell’omonima località presso Salisbury), creato agli inizi degli anni 40 come fulcro del programma britannico di guerra e ricerca militare biologica. Porton Down, padre nonché associato del coevo programma statunitense, aveva in seguito sviluppato e messo sul mercato vaccini contro l’anthrax ma le privatizzazioni della Thatcher lo avrebbero consegnato (come Porton International) nel 1982 alla proprietà di Wensley Haydon-Baillie, un gentiluomo che molti anni dopo, nel 1998, sarebbe stato arrestato – già indebitato per 15 milioni di sterline – per frode fiscale sull’Iva.
Nei primi anni ’90, la Porton Products vede tra i suoi investitori di supporto proprio la I&F Holdings N.V di Ibrahim e Fuad si dà in quel tempo da fare per organizzare grosse vendite di vaccino anti-anthrax e botulino della Porton, premurandosi anche di procurare quello anti-anthrax all’Arabia Saudita, che non era riuscito ad ottenerlo dal governo degli Stati Uniti.
Nell’ottobre 1994, l’ubiquo Fuad in qualità di direttore della Speywood Holdings, sussidiaria della bio-tech francese Beaufur Ipsen, organizza l’acquisto della Porton da parte della Speywood stessa, alla non trascurabile cifra di 65 milioni di sterline. La pensione non si addice a Fuad e negli anni inglesi coltiva l’amicizia con l’ex-capo del Joint Chiefs of Staff statunitense William J. Crowe, passato poi al Foreign Intelligence Advisory Board presidenziale e in seguito divenuto ambasciatore statunitense in Inghilterra (sino al 1997).
Un anno prima che Crowe lasci l’ambasciata, Fuad – allora cittadino tedesco – rivolge la sua vulcanica attenzione alla ventilata vendita dello statunitense Michigan Biological Products Institute (Mbpi), posseduto dallo stato del Michigan e per tre decenni unico fornitore statunitense di vaccino anti-antrax. Pur essendo in non buone condizioni finanziarie, l’Istituto gode di un non trascurabile monopolio. Nel 1997, il Michigan promulga una disposizione che autorizza la vendita del Mbpi e permette agli ex-dirigenti di partecipare all’asta. Fuad e padre, per comprare il Mbpi (una legge statunitense ne proibiva la vendita a stranieri), fondano la Bioport (incorporata negli Stati Uniti il 12 maggio del 1998). Nello stesso periodo, Fuad chiede ed ottiene in tempi record la cittadinanza statunitense.
La Mbpi viene venduta per 24 milioni di dollari alla Bioport che supera d’un balzo la concorrenza dell’unico altro contendente, l’italiano Gruppo Marcucci, che pur offriva più soldi ma (forse) meno royalties future per lo stato del Michigan (la Bioport, comunque, pagherà in liquidi solo 3,25 milioni di dollari, il resto essendo obbligazioni di vario genere e future royalties). Fondando la Bioport, Fuad non aveva perso tempo con istanze libano-tribali ed aveva associato nel consiglio d’amministrazione della società, oltre alla moglie, Nancy Grunenwald, due ex-capi laboratorio del Mbpi, Myers e Van Ravenswaay (che avevano in precedenza cercato di comprare loro stessi l’istituto), nonché – in qualità di presidente – l’ormai ex-ambasciatore e generale William J. Crowe. Crowe doveva aver conservato più di qualche buon contatto al Pentagono, a giudicare dalla subitanea benedizione che lo stesso Pentagono avrebbe dato alla vendita della Mbpi alla Bioport e dalla contemporanea decisione delle autorità militari di cominciare la vaccinazione di 2,4 milioni soldati e riservisti (al marzo del 2000 sarebbero stati già vaccinati 400 mila). Lo stesso pacchetto di maggioranza della Bioport (tenuto dalla Bioport Intervac llc, incorporata nel solito Maryland) vedeva associati Fuad e la moglie, nonché Crowe e la già nominata I&F Holding del padre di Faud. Altre partecipazioni contavano la Intervac Management (pure del Maryland) e la Mbpi Corp. (stato del Michigan).
Con tale forte presenza “nazionale” nell’unica produttrice statunitense di vaccino anti-anthrax (nonché di uno anti-rabbia e di derivati del plasma), il Pentagono, le forze armate e i cittadini statunitensi avrebbero dormito tranquilli. Avrebbero, se non fosse per i problemi tecnici e finanziari incontrati subito dalla Bioport. Già nel 1995 e nel 1997, la Food and Drug Administration (Fda), agenzia federale per il controllo dei medicamenti e dell’alimentazione, aveva trovato che il Mbpi era piagato da problemi di contaminazione dei vaccini e da altre carenze e, all’inizio del 1998, poco prima della vendita alla Bioport, aveva ordinato la sospensione della produzione. Dopo il passaggio di proprietà, la produzione era ripresa nel maggio del 1999 (ma in seguito la Fda troverà alla Bioport vecchie partite di vaccino cui era stata cambiata la data di scadenza).
Come rivelato da una inchiesta promossa dal deputato repubblicano Walter Johnes jr. e dal democratico Lingg Brewer (Timothy Maier, Insight, Washington Times, 20 settembre 1999), nell’estate 1999 la Bioport aveva fatto pressioni sul Pentagono – suo esclusivo cliente – per ottenere un più favorevole contratto, affermando che il prezzo di 4,36 dollari a dose per il vaccino anti-anthrax non permetteva una conduzione a profitto e la riabilitazione dei laboratori. Lo stesso Pentagono accordava allora alla Bioport un “anticipo” di 18 milioni di dollari, un nuovo contratto triennale per un prezzo di acquisto alla dose di 10 dollari, nonché la possibilità di vendere all’estero sino a 70mila dosi prima della vendita al Pentagono. Una buona dose di ossigeno per Fuad e soci, generosamente rinnovata nel febbraio del 2000 con un altro anticipo di 13 milioni di dollari per miglioramenti, la ristruturazione del debito dei 18 precedenti, con la restituzione dei 7,4 già versati al momento dalla Bioport.
Non passerà però un mese che lo stesso Pentagono – messo sull’avviso di possibili nuovi problemi tra Bioport e Fda – notificherà alla società (220 dipendenti) di fermare la produzione in vista di una nuova ispezione della Fda. Non ne sono noti i risultati ma gli impianti della società sono ora protetti dalla Guardia Nazionale. Sarebbe, tuttavia, forse cosa migliore che la stessa Guardia proteggesse i cittadini-soldato e i contribuenti statunitensi dalla Bioport e dai funzionari del Pentagono addetti ai contratti commerciali.
* Associate Professor all’University of Colorado Health Science Center, Division of Infectious Deseases