Dopo aver detto e ribadito che «non esistono governi amici» – e che più avversario di quello Berlusconi ce ne sono stati pochi – la Fiom entra in campo e propone le sue priorità, la sua visione dell’ordine dei problemi e delle soluzioni. «La priorità assoluta oggi è la precarietà – spiega a Liberazione Gianni Rinaldini, segretario generale dei metalmeccanici della Cgil – un dato ormai non solo italiano ma che riguarda tutta Europa». La discussione è già aperta nel governo, Confindustria ha indicato la sua strada e la Fiom ha ritenuto necessario ribadire il suo punto di vista, rimettere a punto le proposte per sviluppare le iniziative necessarie per rilanciarle.
Ribadite quindi la necessità dell’abrogazione della legge 30?
Sappiamo che non basterà togliere una legge per affrontare il dramma della precarietà. Crediamo debba essere un primo passo per ridefinire l’insieme della legislazione sul lavoro. La linea emendativa della legge 30 sarebbe insufficiente, bisogna ridisegnare un percorso legislativo dal contratto d’apprendistato come solo strumento per l’inserimento al lavoro, per non ripetere la truffa del contratto di formazione lavoro senza la formazione; va rivisto totalmente l’impianto dei contratti a progetto che sono una vera e propria truffa e ricondurre le altre forme contrattuali a tempo determinato e interinali alla loro funzione reale: eccezionali e specifiche per alcune fasi e in determinati momenti. Vorrei sottolineare che è esattamente ciò che attualmente è in vigore in Spagna.
E’ possibile battere la precarietà?
Esistono letture ormai un po’ patetiche, sostenute spesso dall’alto di professioni super garantite, che continuano a raccontare l’ipotetico scontro tra un lavoratore storico garantito e un giovane precario, dove le garanzie sarebbero un vincolo contro l’espansione delle opportunità di lavoro. Credo non abbiano ancora capito che è finita la sbornia di precarietà e flessibilità, quell’egemonia culturale è acqua passata. Le lotte in Francia hanno spazzato via ogni dubbio: giovani studenti e lavoratori “garantiti” si sono battuti insieme contro questa visione sbagliata, incarnata nel Cpe. Ed è inutile affannarsi in Italia per camuffare strumenti simili con proposte di assunzioni a tempo indeterminato senza articolo 18, ovvero con libertà di licenziamento nei primi tre anni, o cose affini. Oggi si devono fare i conti con l’emergere in forme e modi diversi di un’opposizione all’uso della precarietà e ai suoi supposti argomenti teorici. Anche il voto dei giovani alle ultime elezioni politiche sembra dirci questo.
Qual è la sfida che vi lancia il mondo imprenditoriale?
E’ contenuta in un passaggio nell’ultima relazione di Montezemolo, particolarmente grave e sottovalutato nei commenti, che pone seccamente la gestione unilaterale dell’orario di lavoro da parte delle imprese come contropartita per mantenere in vita i contratti nazionali. Brutalmente: niente contratto nazionale senza flessibilità dell’orario in mano alle aziende. E’ lo stesso punto al centro dei 13 mesi di trattativa con i metalmeccanici. Mi sembra che riproporre un nuovo modello di relazioni sindacali su ciò che abbiamo contrastato per tredici mesi con 70 ore di sciopero e tutto ciò che sappiamo, sia un atto di assoluta gravità dal punto di vista delle relazioni sindacali. E poi mettendo a confronto ciò che chiede Montezemolo con l’aumento dell’età pensionabile fissata come priorità dal Governatore di Bankitalia e con la fotografia sociale del paese offerta dal volume dei dati Istat 2005, si fa fatica a capire quale rapporto esista tra le diverse questioni sul tappeto. A meno che si pensi ancora una volta di scaricare tutto il peso della crisi e delle scelte imprenditoriali sulle spalle dei lavoratori e dello Stato.