Nonostante l’apparente concordia tra Mosca e Washington circa le questioni della lotta contro il terrorismo internazionale in Afghanistan, la Russia e gli USA hanno un approccio differente al futuro di questo paese dell’Asia centrale. Ciascuna delle due grandi potenze ha qui specifici interessi. E, a quanto pare, sia il Cremlino che la Casa bianca si accingono a realizzarli. Ognuno vuole esercitare la massima influenza su coloro che, dopo la realizzazione delle massicce operazioni contro i talebani da parte delle forze dell’Alleanza del Nord e delle forze armate americane e britanniche, si troveranno alla guida dell’Afghanistan.
La Russia sta conducendo frenetiche consultazioni con i suoi alleati e interlocutori in Asia centrale, alla luce dell’imminente operazione antiterroristica internazionale in Afghanistan. A tal riguardo due avvenimenti destano particolare attenzione: l’11° incontro dei responsabili degli organi di sicurezza e dei servizi speciali degli stati-membri della CSI che si è aperta a Dushambe e la decisione del presidente Putin di accordare aiuto umanitario alla popolazione dell’Afghanistan.
Nel linguaggio dei comunicati ufficiali l’incontro dei rappresentanti dei servizi speciali delle repubbliche dell’ex URSS, avvenuto nella capitale tagika, ha messo in rilievo “la concordanza di vedute, circa le questioni del coordinamento dell’azione degli organi di sicurezza e dei servizi speciali, tra gli stati-membri della CSI e gli altri paesi che non fanno parte della Comunità degli Stati Indipendenti, nell’ambito della lotta contro il terrorismo internazionale”. La sostanza di queste misure, in tutta evidenza, è racchiusa nella definizione dei passi da compiere e delle caratteristiche dell’aiuto delle repubbliche centrasiatiche della CSI e della Russia ai nuovi alleati, gli USA e la Gran Bretagna. Anche se è ancora presto per affermare, in quale misura sia corretto usare la parola “alleati”. Sebbene la Russia abbia già fornito ai militari americani informazioni riservate, riguardanti la collocazione delle basi dei talebani e dei seguaci di bin Laden, senza le quali non sarebbe possibile la prima tappa (di intervento degli aerei da bombardamento) dell’operazione antiterroristica, è comunque un fatto che a Dushambe si affrontano diverse questioni meno importanti per gli USA, ma essenziali per la Russia. Ad esempio, la disponibilità delle guarnigioni di frontiera, di parte della 201° divisione e delle formazioni militari dei nostri partner a impedire una possibile invasione dei talebani. Oppure, come controllare l’attività dei servizi speciali occidentali nella zona dell’Asia centrale di competenza russa, dopo l’arrivo di reparti militari e tecnologia bellica della coalizione antiterroristica. Oppure ancora, su come realizzare il passaggio in Afghanistan della tecnologia militare, degli armamenti e delle munizioni promessi da Vladimir Putin all’Alleanza del Nord. Sicuramente, verranno esaminati anche i piani di repressione delle possibili azioni di protesta di una parte della popolazione islamica nelle repubbliche dell’ex URSS, che potrebbero manifestarsi dopo un massiccio attacco occidentale all’Afghanistan.
Lo svolgimento di incontri a un così alto livello, come quello di Dushambe, hanno evidentemente lo scopo di convincere ancora una volta gli alleati di Mosca in Asia centrale, che il Patto di sicurezza collettiva rappresenta un meccanismo politico-militare realmente efficace. Che la Russia vuole rispettarlo fino in fondo e garantire la sicurezza dei suoi alleati. La Russia stessa, in questo, è interessata non meno dei suoi alleati centrasiatici: alla Russia è indispensabile non solo mantenere, ma anche rafforzare la propria influenza politica, militare ed economica in questa regione del mondo, per essa di vitale importanza. E realizzare questo non sarà facile, perché le repubbliche centrasiatiche della CSI, in conseguenza di una situazione geopolitica che sta cambiando, potrebbero essere attratti nella zona d’influenza degli interessi americani di lungo periodo. Proprio questo pericolo è stato smentito almeno nelle conclusioni ufficiali della seduta di oggi a Dushambe. Particolarmente interessante è stato anche l’inaspettato incarico affidato al governo della Federazione Russa di accordare un serio aiuto umanitario alla popolazione dell’Afghanistan. Dell’importanza di questa decisione del Cremlino testimonia il fatto, che sia stato incaricato della sua esecuzione Serghej Shoigu, una delle personalità più vicine al presidente russo. E’ sufficiente ricordare i precedenti personali incarichi di Putin a Shoigu: la formazione e la partecipazione alle elezioni parlamentari del blocco vicino al Cremlino di “Unità” e le operazioni di soccorso alla città di Lensk, colpita da un’inondazione. In entrambi i casi Shoigu ha assolto egregiamente al suo compito, facendo aumentare non poco il prestigio politico del presidente russo. Il nuovo incarico a Shoigu testimonia di una nuova tappa del gioco politico del Cremlino in Afghanistan. E’ chiaro che l’aiuto umanitario verrà fornito dalla Russia solo a quelle province afghane, che sono sotto il controllo o verranno liberate dall’Alleanza del Nord. Fin dall’inizio, Putin aveva pubblicamente rivendicato la fornitura di armamento e tecnologia russi all’Alleanza del Nord. E occorre ricordare la pubblicazione sul giornale “Kommersant” della frase, pronunciata dal presidente Bush in una conversazione telefonica con Vladimir Putin: “volete di nuovo insediare a Kabul un governo filo-moscovita”.
E’ verosimile che sia proprio così. Il Cremlino potrebbe utilizzare una situazione favorevole, per intervenire apertamente e su vasta scala a fianco dell’Alleanza del Nord, per insediare un regime amico in Afghanistan. Gli americani hanno capito molto velocemente quanto può accadere, e hanno preso delle contromisure: hanno cominciato a coltivare il vecchio re in esilio Zahir Shah, per ottenere che questo personaggio oppure suo figlio possa guidare il nuovo regime dopo l’abbattimento dei talebani. Non è un caso che alcuni “media” già abbiano comunicato che la parte più moderata dei talebani sia pronta ad abbandonare i suoi screditati dirigenti, come il mullah Omar, e ad entrare in una coalizione con Zahir Shah. Ciò, pur apparendo una manifestazione propagandistica, testimonia comunque che gli orientamenti di Washington sono abbastanza chiari.
Se tale versione degli avvenimenti è vera, assisteremo allo sviluppo di uno scenario molto interessante. Russia e USA, pur alleati nella coalizione contro i terroristi, di nuovo, come negli anni della “guerra fredda”, stanno cominciando una fase di confronto per l’influenza in Afghanistan e, più in generale, in Asia Centrale. Naturalmente questo confronto non avrà le stesse aggressive e feroci caratteristiche, che ebbe nella seconda metà del XX secolo. Essa avrà caratteristiche abbastanza civili e diplomatiche, come qualsiasi competizione tra buoni vicini. Ma la storia può ripetersi.
Traduzione dal russo
di Mauro Gemma