La Rivoluzione d’Ottobre ha fato la storia, vi piaccia o meno

Negli ultimi anni dell’800 la Socialdemocrazia tedesca, ancora su posizioni anticapitaliste, lanciò una parola d’ordine – attraverso documenti, saggi, pamphlet – con la quale si ratificava la fine della forza propulsiva della Comune di Parigi . In verità, la Comune non era il vero oggetto della discussione: il distacco da essa era il mezzo, per la Socialdemocrazia, per cambiare natura, passare dalle posizioni di classe a quelle riformiste, moderate (e oggi liberiste) che avrebbe dispiegato nel ‘900.

Nei primi anni ’80 Enrico Berlinguer enunciava “ l’esaurimento della spinta propulsiva della Rivoluzione d’Ottobre”. In tanti avremmo voluto che tale enunciato rappresentasse l’avvio di una riflessione profonda, politica e teorica, non solo sulla grandezza della Rivoluzione di Lenin e i grandi obiettivi colti sul piano planetario dall’Unione Sovietica, ma anche sugli errori e sulle degenerazioni del “socialismo realizzato”. La nostra speranza era che l’assunto di Berlinguer aiutasse il movimento comunista ed operaio ad uscire dalla propria crisi da sinistra. Ma anche in questo caso, come in quello della Socialdemocrazia tedesca di fine ‘800, la “ratifica” dell’esaurimento della forza propulsiva di una rivoluzione si rivelò solo un cavallo di Troia, una pura funzione politica, volta, in questo caso, a trasformare il PCI da forza ancora comunista a forza socialdemocratica, premessa della Bolognina.

Oggi un nuovo e ben più vasto attacco si leva contro la Rivoluzione d’Ottobre e la storia, gli ideali e il progetto sociale dei comunisti. Un attacco che parte dalle forze liberiste e di destra ma che non viene respinto, ed anzi viene spesso, in modi diversi, assunto anche da alcune delle forze più significative della sinistra, anche comunista. Il vergognoso modo in cui il Tg2 sta parlando, a più riprese, ed “educando” venti milioni di italiani sulla Rivoluzione d’Ottobre; l’invocazione di Luca Volontè ( Udc) volta a mettere i comunisti fuorilegge anche in Italia; l’articolo di Bifo pubblicato il 7 novembre da Liberazione, nel quale si sostiene l’idea stravagante (ma pericolosa) secondo la quale la Rivoluzione d’Ottobre sarebbe stata prodotta dalla depressione di Lenin: sono questi solo gli ultimi, e non maggiori, segni di un attacco su vasta scala contro la Rivoluzione russa che passa sui grandi media di destra e a volte anche di sinistra.

Ora, la Rivoluzione d’Ottobre è stata e rimane un evento di così grande portata nell’intera storia dell’umanità che non bastano certo alcune cialtronerie di fase a sminuirne il ruolo oggettivo. Essa – per l’immensa portata che ha avuto la sua concreta evocazione di un mondo nuovo – si difende da sé, come l’invenzione della ruota o la nozione della doppia elica del DNA.

Il punto è: qual è , invece, la funzione politica degli attacchi contro di essa?

Per ciò che riguarda gli attacchi della destra tale funzione appare facilmente decodificabile: la Rivoluzione d’Ottobre ebbe il grande merito, tra l’altro, di dire all’umanità che i rapporti di produzione capitalistici non sono “natura” e dunque eterni, immutabili: disse una volta per tutte che il socialismo è possibile. E’ questo che fece e di nuovo fa impazzire la borghesia, come la Rivoluzione francese fece impazzire l’aristocrazia, che seppe da Robespierre di non essere emanazione di Dio. Nemmeno i padroni lo sono e la Rivoluzione d’Ottobre e i comunisti di oggi, che glielo dicono, debbono essere demonizzati ed estromessi dalla storia

Riconosciamo il contributo che il cristianesimo, attraverso il quinto comandamento –“non uccidere” – ha dato alla costituzione, sul piano planetario, del tabù rivoluzionario dell’assassinio. Come si fa a non riconoscere ai comunisti, alla Rivoluzione d’Ottobre, il tentativo di costituire un altro tabù, altrettanto rivoluzionario e volto a cambiare la storia dell’umanità e cioè il tabù dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo e sulla donna?

La destra tende a demonizzare il comunismo attraverso la strumentalizzazione dei suoi errori e delle sue degenerazioni. I comunisti sanno: la loro storia non è indenne da errori. La durezza della lotta, la violenza fascista e imperialista con la quale il capitalismo si è difeso di fronte all’avanzare delle trasformazioni sociali (gli undici eserciti occidentali che combattono contro l’Ottobre, sul terreno russo, sino ai primi anni ’20; la titanica armata nazista che occupa e distrugge il paese dei soviet; il fascismo antisocialista di Mussolini pagato dalla borghesia francese, dal nascente capitalismo italiano e dai padroni delle terre; le dittature alla Pinochet o, in questi giorni, il nuovo tentativo di golpe contro Chavez, in Venezuela) sono state e sono cause primarie della difficile transizione al socialismo. Ma la storia ha palesato un grumo di problemi, per la transizione, che sono andati al là di questo: contraddizioni grandi e relative al rapporto tra masse e potere, tra democrazia socialista e sviluppo e qualità delle forze produttive, tra esigenza della libertà individuale e necessità della socializzazione. Problemi grandi, ma di tipo rivoluzionario; nodi – appassionanti – da sciogliere ma che certo non ci spingono ad interiorizzare l’eternità del capitale né a rinunciare, come è stato teorizzato nel nostro Partito, alla rinuncia del potere. A questi rinunciatari essenzialmente socialdemocratici va ricordato ciò che afferma la stessa teologia della liberazione : “ è la Legge che crea la Morale”.

L’attacco contro i comunisti, la loro demonizzazione tende invece a sacralizzare lo stato presente delle cose e non è un caso che uno come Volontè abbia messo sullo stesso, “nefasto” piano, i comunisti e il movimento di Genova, paragonando entrambi alle brigate rosse.

Vi è poi l’ultima questione: perché anche Liberazione partecipa, con articoli come quelli di Bifo, alla demonizzazione dell’Ottobre? Possiamo azzardare un’ipotesi? Il fatto è che probabilmente vi è un rapporto tra la costruzione della “Cosa Rossa” e la demolizione dei comunisti e della loro storia. Compresa la rinuncia alla bandiera rossa e alla falce e il martello.