La rivolta degli squatters

Manifestazioni a ripetizione nonostante la durissima repressione e le centinaia di arresti. Sassaiole, molotov, barricate e lacrimogeni. La solitamente tranquilla Copenaghen da tre giorni si riscopre come una qualsiasi banlieue francese e assiste alla rivolta di una fetta della sua gioventù. Accade da giovedì mattina, quando un blitz dei nuclei antiterrorismo della polizia ha sgomberato la «Ungdomshuset», il più noto centro sociale della città, per consegnarla a una associazione cristiana comunitarista non riconosciuta dalla Chiesa ma in linea con il vento di destra che da qualche tempo spira pure in uno dei paesi «modello» della socialdemocrazia e oggi della flexsecurity sul lavoro.
Non è la prima volta che accade: già nel settembre scorso e poi a dicembre analoghi tentativi di sgombero si erano risolti nei più violenti scontri mai visti da dieci anni a questa parte in Danimarca, e la polizia aveva dovuto arrendersi. Ma la partita che si gioca è più ampia, e riguarda la volontà di chiudere o normalizzare i numerosi spazi occupati della città. Con obiettivo finale la «bonifica» della storica comunità di Christiania, la vecchia base militare in pieno centro cittadino occupata negli anni ’70 e trasformata in un villaggio autogestito e libertario. E’ forse anche questo il motivo di una resistenza così dura da parte di migliaia di giovani, consapevoli che una sconfitta potrebbe significare per loro l’inizio della fine di un’esperienza politica e di vita.
Così, mentre un gruppo nutrito di attivisti si trincerava sul tetto dell’edificio pronto alla resistenza, all’esterno è partito il tam tam. Alla parola d’ordine «fight for your rights», «combatti per i tuoi diritti», in migliaia sono scesi in piazza per protestare. Nella serata di giovedì i primi scontri tra anarchici, autonomi e polizia, proseguiti nella notte con barricate, auto incendiate, cassonetti rovesciati, lanci di pietre e di molotov e cariche degli agenti. Centinaia gli arresti. Il giorno dopo, stesse scene. «Street parade» durante la giornata, scontri e cariche nella notte, nel quartiere di Norrebro a pochi passi dal centro sgomberato ma anche attorno a Christiania. Vere e proprie rivolte contro la violenza delle squadre speciali antiterrorismo della polizia, miste a tentativi respinti di riprendersi il palazzo sgomberato.
«Abbiamo fermato nella notte 188 persone e altre 90 questa mattina, che fanno salire il numero dei giovani arrestati da giovedì a oltre 500», ha raccontato ieri il portavoce della polizia Flemming Steen Munch, che ha chiesto rinforzi perfino alla vicina Svezia. Gli ultimi due fermati sono stati presi nella giornata di ieri con una irruzione in una storica comune occupata dagli anni ’80.
Ma ciononostante la protesta non si è fermata: ieri pomeriggio altre migliaia di persone hanno sfilato pacificamente per la città e qualcuno ha perfino dipinto di rosa la Sirenetta, la celebre statua simbolo di Copenaghen, ispirata a una fiaba di Andersen. «No alla violenza poliziesca», «Salvate la casa dei giovani», era scritto su alcuni striscioni, dietro i quali hanno sfilato tantissimi giovani, militanti della sinistra radicale, autonomi e anarchici «duri» ma anche famiglie e comuni cittadini. Mentre in diverse città d’Europa, dalla «rossa» Tampere in Finlandia a Berlino, si tenevano presidi di protesta davanti ai consolati danesi. Con la protesta che rischia di estendersi, perché se da Copenaghen fanno sapere che la lotta continua finché l’edificio non sarà restituito ai legittimi occupanti, scontri sono scoppiati anche ad Amburgo, dove 700 persone sono scese in piazza e si sono scontrate con la polizia davanti al consolato danese, a Brema e a Potsdam, dove 16 persone sono state arrestate. Una manifestazione spontanea è partita venerdì sera nel quartiere «alternativo» berlinese di Kreuzberg e iniziative sono previste nei prossimi giorni anche in Italia.
Brutti segnali in vista del G8 che si svolgerà dal 6 all’8 giugno prossimi nella cittadina tedesca di Heiligendamm, sul Baltico. Un appuntamento che già da ora si preannuncia blindato e che gli attivisti della sinistra radicale e libertaria del nord e dell’est europeo intendono contestare. Alla rete Dissent nata in vista del G8 di due anni fa a Edimburgo e che sta preparando il contro-meeting di quest’anno aderiscono infatti anche gli occupanti della Casa dei giovani, che già erano stati tra i principali protagonisti della contestazione al vertice europeo di Copenaghen nel dicembre del 2002. Ed è all’uscita da un’assemblea svoltasi al suo interno che la polizia danese arrestò «preventivamente» Luca Casarini e altri quattro disobbedienti italiani arrivati fin lì per contestare il summit della Ue, rilasciandoli solo a vertice concluso.
Non è un luogo come tanti, dunque, l’Ungdomshuset, un ex teatro occupato nel 1982 e diventato il più importante ritrovo «underground» di Copenaghen. Gli occupanti non hanno mai avuto vita facile. Solo dopo anni erano riusciti a ottenere dal comune l’assegnazione dello spazio. Da allora il centro sociale ha rappresentato il punto di incontro più importante per i giovani della sinistra radicale danese e degli anarco-punk. Una spina nel fianco anche per l’amministrazione, che per questo nel 2000 decide di vendere l’edificio. A comprarlo sono i fondamentalisti cristiani di Faderhuset, «la Casa paterna». Una vera e propria setta disconosciuta dalla Chiesa ufficiale e legata all’estrema destra. Gli occupanti, di fronte alle ingiunzioni di sgombero, avevano più volte chiesto una soluzione politica o l’assegnazione di un edificio alternativo, che però l’amministrazione non ha concesso. Parallelamente, la battaglia legale contro la vendita dell’immobile, che si conclude con la sconfitta degli squatter. Fino all’escalation, partita nell’autunno e culminata negli scontri di questi giorni.