La Resistenza di Vicenza con i sinti contro la base

«Sono vicentini che vivono nella precarietà economica a causa della scomparsa dei loro mestieri tradizionali e che non beneficiano di alcun ammortizzatore sociale. Sono persone che vivono contro la loro volontà da decenni sopra una ex discarica in condizioni ambientali, igieniche e di sovraffollamento che nessun altro vicentino accetterebbe». Poche righe, in calce al volantino, spiegavano ieri mattina le ragioni di un 25 aprile particolare, a Vicenza, con un centinaio di persone che ha raggiunto il campo di via Cricoli per testimoniare solidarietà alle famiglie vittime di un’incursione fascista avvenuta sabato 14 aprile. Sinti e “gaggi” hanno preso il caffé insieme e si sono messi in marcia verso Piazza Matteotti per ricordare il tributo di dolore del popolo rom/sinti: 500mila persone sterminate, più gli internati e i deportati dal duce e dai nazisti. In Italia, Polonia e Jugoslavia, non sono stati poche le persone rom e sinti ad aderire ai movimenti di resistenza. Walter Catter, membro della Resistenza padovana fu fucilato dai nazisti al Ponte dei Marmi, a Vicenza, con altri nove compagni l’11 novembre del ’44. «Il dopoguerra per questo popolo non è mai cominciato», denuncia l’Opera Nomadi che, assieme all’associazionismo cittadino, ha convocato la manifestazione di ieri. Emarginazione, pregiudizi, esposizione all’aggressività delle formazioni neofasciste: ecco i problemi dei sinti vicentini, simili ai loro fratelli in quasi tutta l’Europa. Un pregiudizio che sembra ripetersi quando chiedono di raggiungere la celebrazione ufficiale del 25 aprile, in corso a Piazza dei Signori. Gli verrà vietato con la curiosa motivazione che una manifestazione non può cogiungersi con un’altra manifestazione. Senza tensione, antirazzisti e rom se ne andranno alla spicciolata nell’altra piazza piena di bandiere No Dal Molin: la festa è di tutti.
E la festa sarebbe proseguita a meno di quaranta chilometri dal capoluogo, a Schio, dov’era in programma un pranzo antifascista e una serie di proiezioni sulla resistenza mentre al presidio permanente della Lobia, dove il Pentagono vorrebbe costruire la nuova base della 173ma brigata aviotrasportata, era stato convocato un happening creativo dal titolo “Porta quello che vuoi trovare”. Filo conduttore della giornata dedicata alla resistenza è stata l’opposizione popolare alla costruzione di Ederle 2. Un fermento visibile in città e nella provincia già segnata dalle servitù militari. A Longare, stasera, e a Verona sono in programma assemblee contro la base, l’indomani ci sarà un concerto al presidio e sabato si correrà in bicicletta tra Ponte Marchese, alla Lobia, e Longare, dove insiste la Base Pluto.
Nell’assemblea del martedì, sotto il tendone del presidio permanente, s’è discusso di come esportare negli Usa la protesta contro Ederle 2. Oltreoceano c’è già Code Pink, Codice Rosa, agguerrita organizzazione femminista e pacifista vista nelle vie di Vicenza e sul palco del 17 febbraio quando in 200mila dettero vita all’imponente dimostrazione contro la guerra e la base. I portavoce del presidio hanno parecchia fiducia nella capacità di penetrazione delle attiviste americane.
Intanto, è appena iniziata la schermaglia legale promossa dal comitato per l’indizione di un referendum contro Palazzo Trissino, il comune di Vicenza che ha bocciato a marzo la possibilità di un pronunciamento dei cittadini sulla vicenda. Per ora, i legali della Giunta, artefice del progetto Ederle 2 con la benedizione della confindustria locale, hanno snobbato la convocazione del giudice e hanno spedito la lettera della Provincia che sosiene di non essere in grado di esprimere un parere su chi abbia il compito di assolvere la procedura di impatto ambientale su un’opera del genere. Ma i comitati confidano che un giudice riconosca un diritto stabilito dallo statuto municipale.