“La regola in cantiere: nè ponteggi, nè cartelli”

Succede tutti i giorni e le cause sono sempre le stesse. 840mila volte, tanti sono gli infortuni in un anno. Un ponteggio che traballa, un parapetto che non c’è, una bombola troppo vicina ad una fonte di calore. Giovanni, Lucian, Claudio. 1300 volte all’an-
no, a sedici anni come a sessanta, si muore perché «le norme ci sono, ma nessuno le rispetta». Da sempre, per ciò che ricorda Giuseppe Petrioli. Gira per fabbriche e cantieri da 25 anni, da quando è ispettore per la prevenzione dell’Asl. Oggi è direttore del dipartimento di prevenzione della Azienda sanitaria fiorentina. Nel 2003 il suo ufficio ha fatto 6877 sopralluoghi e accertato 1043 irregolarità, sempre le stesse. «Le prime cause di rischio sono le cadute dall’alto», racconta. «Un ponteggio senza parapetto, fatto così alla buona perché tanto il cantiere dura due mesi». Come quello che due settimane fa ha ucciso Giovanni Ponticelli, che a 16 anni camminava su una passerella alta otto metri senza nessuna protezione. E la possibilità di essere scoperti è bassa, nulla. «Se hai una falegnameria prima o tardi nella vita una ispezione te la devi aspettare, un cantiere può aprire e chiudere senza che nessuno lo controlli».
Ma nei cantieri come nelle fabbriche a volte «manca tutto, dalla cartellonistica ad una mascherina da un euro». Con una protezione come quella Giuseppe Parisi e Beniamino Argentina si sarebbero salvati dall’asfissia che li ha colti pochi giorni fa mentre pulivano una cisterna a Monopoli. «Facciamo tutto il possibile – ribatte Petrioli – incrementiamo i controlli, facciamo informazione alle aziende, e soprattutto cerchiamo di formare i dipendenti, soprattutto extracomunitari». Sono loro a pagare conto più alto nella scia di sangue del lavoro. Di 840mila incidenti del 2005, contando solo i lavoratori regolari, gli incidenti accaduti agli immigrati erano 106mila, di cui 131 mortali.