«La recessione? Esiste da tempo. Bin Laden in tutto questo non ha proprio nessuna colpa. E questa fase non si sa assolutamente quanto potrà durare». Lester Thurow, uno degli economisti più letti al mondo, professore del Massachussett’s institute of technology, in Italia ospite del congresso nazionale della pubblicità promosso dall’Upa, è una voce fuori dal coro nel panorama economico americano. L’economista risponde in un’intervista a Liberazione minimizzando l’impatto che la tragedia degli attentati alle Twins ha avuto sull’economia mondiale.
Professore la recessione era dunque già nell’aria?
Il 99 per cento dell’attuale crisi economica era già in corso. E l’ultimo trimestre è stato gravissimo per l’economia americana, dunque per l’economia mondiale. L’attentato alle Torri è arrivato in un momento in cui non poteva avere altro impatto che evidenziare questa crisi. Porre l’attenzione dei media e degli economisti su una fase di depressione già in atto. La colpa del calo dei consumi non è certamente legata al crollo delle Twins. Certo si è accentuata dopo gli attentati ma è durata solo qualche giorno. Non si possono dare tutte le colpe ai terroristi. Il fallimento della Swissair non si può certo attribuire agli attentati. Quella compagnia era già sull’orlo della crisi. Fin dal 1999 sostenevo che la nostra economia aveva intrapreso la strada della recessione. In Borsa le cose erano cambiate già più di due anni fa, anche durante il boom delle dot. com, della new economy.
Quando finirà questa fase recessiva?
Non si può fare alcuna previsione. In un’intervista ad un vostro quotidiano nazionale (il sole240re) ieri ho spiegato che la recessione è di vari tipi. Esattamente di tre tipi: ve ne è una che io definisco a “v”. Si determina quando si prevede che la recessione duri poco ed è curata con politiche monetarie che stimolano l’inflazione e il taglio dei tassi per accelerare gli investimenti. Poi ve ne è un’altra: detta a “L”, lunga, come è nel caso della crisi giapponese. Un’altra, ed è quella che stiamo vivendo ora, è quella a “U” dove non si può fare alcuna previsione sulla sua durata.
Quali sono le politiche migliori per risanare l’economia in questo momento?
Non ci sono manovre economiche migliori o peggiori. In America Bush intende stanziare 100 miliardi di dollari per risollevare l’economia in crisi. Ritengo sinceramente che lo stanziamento da 100 miliardi, deciso a Washington, sia assolutamente insufficiente perché si tratta di una misura fiscale troppo debole. Credo invece, e lo spero, che si decida di erogare almeno 250 miliardi di dollari. Occorre un grosso incentivo finanziario per risolvere questa situazione recessiva, 100 miliardi non basteranno.
L’America riscopre politiche neokeynesiane?
Quelle che stiamo adottando non sono politiche neokeynesiane, è Keynes allo stato puro. Abbiamo semplicemente deciso che in questo momento il modo migliore per risolvere la recessione è ripartire dallo Stato e dagli incentivi che solo lo Stato può garantire e finanziare.
E l’Europa?
Ho fatto una scommessa tempo fa. La più grave recessione che colpirà l’America non sarà mai tanto grave come quella che colpirà l’Europa. In Europa la recessione si manifesta circa nove mesi dopo quella americana. Sono pronto a scommettere che presto l’Europa subirà la più grave crisi degli ultimi tempi.
Nel mondo economico è ancora in corso un dibattito: secondo lei la globalizzazione è morta?
Assolutamente no. I no global hanno torto. O meglio la loro critica alla globalizzazione non è esatta. La globalizzazione non schiaccia i paesi più poveri, semplicemente li ignora. Nessuna industria intende investire dove non ci sono risorse, dove non c’è specializzazione, non c’è istruzione. Nessuna multinazionale fa affari dove non c’è possibilità di guadagno. Per questo dico: la globalizzazione non è morta. Semplicemente è in “stand by”, aspetta di risvegliarsi.