La questione del Nord: Cipputi vota Berlusconi

Il centrosinistra ha vinto le elezioni e pazienza se Berlusconi non ha
ancora telefonato a Prodi. Però se gli operai di Lombardia, Veneto
Piemonte
e dintorni non avessero votato Berlusconi più di tanto, Prodi avrebbe
vinto
con un margine migliore. La maggioranza di operai, pensionati e
disoccupati
del Nord hanno infatti scelto il centrodestra. È uno degli aspetti più
forti
della ricerca elaborata dalla Swg che con l’Ires- Cgil sta lavorando a un’indagine
più ampia, a cui collabora l’Istituto Cattaneo, promossa per i 100 anni
del
sindacato di Corso d’Italia, forse la più grande ricerca sul lavoro degli
ultimi 30 anni. Settemila interviste su un campione rappresentativo di
tutto
il lavoro e di tutti i lavori, per ampiezza e complessità è rapportabile a
quella di Aris Accornero negli anni Settanta. Sarà pronta a settembre. Ma
intanto sono disponibili i dati dell’approfondimento su come hanno votato
i
«mestieri» alle politiche, alla Camera. È stato incrociato un campione di
riequilibrio di 1200 intervistati con un’indagine Swg che di persone ne
aveva intervistate 15mila.
Alcuni dati erano attesi. In tutto il paese alla Camera hanno votato per
il
centrodestra gli imprenditori e commercianti, gli artigiani e lavoratori
autonomi, i liberi professionisti. Le percentuali variano a seconda delle
macro-aree in cui è ripartita la ricerca. C’è il Nord (Piemonte, Valle d’Aosta,
Lombardia e Triveneto), il Centro Nord (Emilia, Toscana, Liguria, Umbria e
Marche), il Centro Sud (Lazio Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata,
Calabria e Puglia) e Sud (Sicilia e Sardegna). Per imprenditori e
commercianti si va dal 61,2% che al Nord ha scelto Silvio Berlusconi, al
41,70% che lo ha scelto al Sud. Gli artigiani hanno votato in massa la
destra al Nord e al Centro Sud (il 61%) i liberi professionisti lo hanno
fatto di più al Centro Nord (il 49,6%) mentre al Sud premiano il
centrosinistra con il 44,7%. Insomma molto del lavoro non dipendente che
una
rozza sintesi rubrica sotto la voce «blocco sociale delle partite Iva» e
dintorni ha confermato i propri orientamenti elettorali. Quanto agli
operai
il dato non è omogeneo su tutto il territorio. Al Nord la percentuale si
sposta a favore della destra con il 45,7% mentre a sinistra resta il
37,5%.
La tendenza non nasce ora, si potrebbe dire che è l’evoluzione del voto
«bianco», democristiano: però la sua riconferma diventa un nodo da
sciogliere non solo per il centrosinistra che non riesce a sfondare in una
base, quella operaia, che teoricamente gli apparterrebbe, ma anche per il
sindacato. Visto che al Nord ci sono i tassi di sindacalizzazione più alti
e
che il lavoro dipendente (operaio in primis) è nel «mondo» del sindacato.
Senza contare le politiche del lavoro del passato governo a cominciare dal
tentativo di rendere più facili i licenziamenti, o le urla e gli strepiti
di
ministri e sottosegretari quando si trattava di prendere di petto il
problema delle retribuzioni e del potere d’acquisto. Per non parlare dell’elogio
della flessibilità portato alle estreme conseguenze (leggi precariato).
Eppure l’operaio del Nord ha di nuovo scelto il centrodestra. Contro il
29,6% del Centro Nord, il 32,9% del Centro Sud e il 41,4% delle isole (ma
qui il voto operaio è andato per il 40,9% al centrosinistra, quindi tra i
due schieramenti c’è un distacco risibile). Del resto in una realtà come
quella settentrionale in cui il tasso di disoccupazione è basso (anche il
3,5%) e in famiglia lavorano due persone su tre ed è forte la prossimità
con
la piccola impresa, la delocalizzazione della produzione può preoccupare
più
della precarietà, tema nazionale molto sentito dai giovani che ovunque
(vedi
gli studenti) hanno votato per il centrosinistra. «Rispetto al 2001 il
centrosinistra non ha spostato voti nel blocco sociale del lavoro autonomo
e
nelle imprese che anzi si è radicato – spiega Roberto Weber presidente
Swg -. Questo blocco sociale al Nord ha fatto “filiera” comprendendo anche
il lavoro operaio. Non viene scalfito, forse perché non gli è stata fatta
un’offerta
politica adeguata».
È sempre il Nord a caratterizzarsi per un altro dato: quello dei
pensionati.
Nonostante la beffa delle pensioni a 1 milione al mese (516 euro) e la
povertà che tutti i centri studi danno in aumento, il 48,9% dei pensionati
settentrionali ha preferito la Casa delle libertà contro il 34,2% del
Centro
Nord, il 42,6% del Centro Sud e il 43, 9% delle isole. Ancora: i
disoccupati. Chi non ha lavoro (o almeno così dichiara) ha scelto a
maggioranza la destra in tutto il paese: al Nord il 42,7%, il 47,5% al
Centro Nord, il 43,9% al Centro Sud e il 38,2% al Sud. Dalla ricerca
emerge
anche che ovunque l’Unione si è avvalsa del voto degli impiegati e degli
insegnanti: «È tra queste categorie – continua Weber – che rispetto al
2001
si è avuto un recupero di voti molto sensibile per il centrosinistra.
Tutto
il lavoro dipendente ha recuperato, ma nel voto operaio molto meno
marcatamente». Al Nord i docenti hanno votato centrosinistra per il 54,8%
(il 27% ha scelto Berlusconi), gli impiegati pubblici a sinistra per il
47,9%. Ma anche l’impiegato privato che pure a maggioranza (il 43,2%
contro
il 41,2%) ha scelto il centrodestra, ha espresso una voglia di cambiamento
superiore a quella dell’operaio.
La questione settentrionale – che c’è e va riconosciuta- non deve tuttavia
distrarre da un fatto: complessivamente il mondo del lavoro ha dato la sua
preferenza al centrosinistra.
Quanto al voto degli iscritti alla Cgil, i dati saranno presentati in
settembre: «Anche lì emergerà qualche elemento su cui riflettere»,
anticipano all’Ires. Si delinea infatti che l’iscritto «attivo», il
militante ha un comportamento più «identitario» per il quale sindacato e
area politica si fondono, quindi ci si riconosce nella Cgil e nel
centrosinistra. L’iscritto non attivo, invece, chiede al sindacato cose
diverse da quelle che chiede alla politica. C’è quindi da attendersi la
conferma di quanto avvenne nel 2001 quando molti iscritti alla Cgil
votarono
a destra.