La proposta di Fini del 2003 è alla base della svolta punitiva

Il disegno di legge sulle droghe presentato da Fini non consiste in una semplice modifica o aggiunta dell’attuale Testo Unico sugli stupefacenti (il Dpr 309/90), ma vorrebbe essere il nuovo Testo Unico che, ipso facto, soppianterebbe quello vigente.
È un corposo disegno di legge, composto di ben 106 articoli, che stravolge completamente l’attuale politica d’intervento statuale sulle sostanze psicotrope. Lo stesso stralcio proposto, oggi, a fine legislatura, dal ministro Giovanardi, manterrebbe questa portata di radicale cambiamento. Il “nuovo” approccio alla problematica consiste, come noto, in alcuni punti, per così dire, strategici. Ricordiamoli brevemente:
1) La cannabis viene considerata, a tutti gli effetti, alla stessa stregua di eroina, cocaina, Lsd ed ecstasy etc. e pertanto viene anch’essa inserita in tabella I, la tabella dell’illecito assoluto.
2) Si reintroduce surrettiziamente il concetto di “dose media giornaliera”
(abolito dalla consultazione referendaria del ’93. Anche se qui non è più presente questo ascientifico concetto, ma si fissa solo, apoditticamente, un confine quantitativo) indicando una soglia discriminante che separa la sanzione penale da quella amministrativa; la sanzione penale però
può venire irrogata anche al di sotto di tale soglia se, per modalità di presentazione o di frazionamento della sostanza sequestrata, se ne deduce un uso non individuale. Per esempio: se ad una persona trovano una stecca di hashish in cui il principio attivo (Thc) non superi i 250 mg. incorrerà “solamente” nella sanzione amministrativa, ma se lo stesso quantitativo viene rinvenuto suddiviso in 3 stecchette ognuna avvolta nel cellophane, il giudice può presumere che la detenzione non sia per uso personale e irrogare da 1 a 6 anni di reclusione (se ritiene il fatto di “lieve entità”) o, addirittura, da 6 a 20 anni di reclusione.
3) Per la prima volta in una legge sugli stupefacenti verrebbero introdotte le “misure di sicurezza”, antico retaggio di un codice penale fascista (l’attuale Codice Penale è pur sempre quello emanato dal ministro Rocco nel 1931). La misura di sicurezza non presuppone necessariamente la realizzazione di un’infrazione. Il condannato, anche non definitivamente, per reati contro la persona, il patrimonio, la legge
sulla droga o addirittura della circolazione stradale, se trovato
in possesso di una dose sanzionabile anche solo amministrativamente
e se il Questore ravvisasse >, potrà sottoporre il malcapitato ad una misura di sicurezza. Nel caso potrà disporre l’obbligo di dimora nel Comune o perfino l’obbligo di rientro notturno al proprio domicilio e ciò per un periodo fino a due anni!
L’applicazione di questa misura verrà disposta dal Questore e convalidata entro 48 ore dal Giudice di Pace.
4) Per il rovesciamento di prospettiva che implica è importante sottolineare un altro punto del disegno di legge. D’ora innanzi le strutture private riconosciute (ovvero le comunità terapeutiche)
saranno equiparate al servizio pubblico: potranno redigere piani
terapeutici (validi anche per le misure alternative al carcere) e addirittura diagnosticare lo stato di tossicodipendenza… d’ora in poi
sarà sufficiente che una struttura privata certifichi la tossicodipendenza
di un arrestato (per qualsivoglia reato) e proponga un idoneo progetto terapeutico ed il giudice sarà tenuto automaticamente a disporne gli arresti domiciliari presso la suddetta struttura. Se queste possono essere le “novità” più eclatanti, nei 106 articoli del testo troviamo ugualmente, come corollario, alcune altre “perle” altrettanto significative.
a) Ai condannati per il possesso di una dose (nell’ipotesi della lieve
entità) la pena della reclusione fino a 2 anni potrà essere convertita – già in sentenza di primo grado – in ugual periodo di Lavori di Pubblica Utilità (prestazione di un’attività non retribuita in favore della collettività da svolgere presso lo Stato, le Regioni, le Province, i Comuni o presso enti o organizzazioni di assistenza sociale e di volontariato. Attualmente può avere la durata massima di sei mesi); l’aspetto singolare è che ora la pena potrà essere scontata lavorando per una “struttura privata riconosciuta”. Questa è veramente la quadratura del cerchio: si potrà/dovrà andarsi a “curare” in una comunità terapeutica (dove l’Asl competente pagherà una retta) e dove ci saranno altri detenuti che vi lavoreranno gratuitamente… e lo Stato finanzierà comunque la struttura! Se certe comunità terapeutiche fossero quotate in Borsa forse converrebbe comprarne qualche azione.
b) Le sanzioni amministrative (sospensione della patente, del passaporto etc.) già previste nel testo in vigore, ma ora con un tetto massimo di quattro mesi, potranno arrivare fino ad un anno.
c) Negli istituti penitenziari verranno istituiti appositi reparti per i tossicodipendenti, anche con l’eventuale concorso delle strutture private di cui sopra; il modello di Castelfranco Emilia – struttura sperimentale per i tossicodipendenti detenuti – diverrà legge dello Stato ed implementato in ogni Regione italiana.
d) Con questa legge sarà ora possibile «…anche senza il consenso dell’interessato, procedere all’accompagnamento presso un’idonea struttura ospedaliera pubblica per sottoporla ad esame radiografico od ecografico». Quindi sarà possibile sottoporre una persona a diverse invasive radiografie… non è indicato nessun limite, in teoria potrebbero sottoporre un sospetto a più radiografie al giorno per un numero indefinito di giorni!
e) Infine l’impunità degli agenti infiltrati, per i cosiddetti acquisti simulati di droga, che finora era riservata solo agli ufficiali di polizia giudiziaria, si estende ora anche ad ausiliarî ed «interposte persone». Ciò significa che non solo non è punibile il poliziotto che organizza l’operazione, ma anche i varî intermediari e inoltre tutti potranno far uso di documenti di copertura attestanti identità fittizie. In operazioni così delicate, l’affievolirsi del controllo della magistratura sull’operato non solo degli ufficiali di polizia giudiziaria, ma anche su una catena, di lunghezza imprecisata, d’intermediari preoccupa non poco l’opinione pubblica. Se questo impianto di legge venisse approvato, a breve termine avremmo due macroscopiche conseguenze sul terreno del diritto, delle libertà civili: una massiccia criminalizzazione dei cittadini consumatori di sostanze psicotrope e una improvvida privatizzazione delle risposte terapeutiche al disagio-droga.
Da un lato quindi esploderebbe il circuito penale, sia il regime carcerario vero e proprio che il circuito dell’esecuzione esterna; oggi abbiamo già un sistema penitenziario sovraffollato oltre ogni decenza con oltre 60.000 detenuti in strutture atte a “contenerne” circa 40.000, ma abbiamo anche più di 100.000 cittadini “trattati” a vario titolo nel carcere diffuso delle misure alternative alla detenzione. Entrambi questi circuiti penali, con questi numeri, ogni funzione risocializzante è estremamente velleitaria, funziona solo il controllo/contenimento della devianza.
Con l’entrata in vigore di questo testo, i più ottimisti prospettano, in 12 mesi, un incremento del 30 % nei due circuiti; i più pessimisti parlano, soprattutto per l’area penale esterna di aumenti di oltre il 50 %.
Se ci spingiamo ad ipotizzare uno scenario molto probabile come la contemporanea approvazione della “ex-Cirielli” (e quindi l’incremento delle pene per i recidivi) lo scenario, soprattutto per la detenzione intra muros, diviene infernale : un sovraffollamento da terzo mondo… o da sistema penale statunitense.
L’altro aspetto della questione, la privatizzazione dell’intervento terapeutico sul problema-droga forse, di primo acchito, potrà sembrare meno eclatante dell’aspetto della sua criminalizzazione, ma in realtà non lo è. Innanzitutto perché è coattivo (o ti “curi” – da noi – o vai in galera).
Secondariamente perché qui non si tratta più dell’ampia (come tipologia d’intervento) offerta delle comunità terapeutiche di un volontariato che suppliva alle lacune del servizio pubblico: ora è un privato che avrà gli stessi “poteri” del servizio pubblico, ma solo se aderisce alla filosofia progettuale del soggetto politico governativo che stabilirà se la comunità terapeutica X ha le caratteristiche per essere iscritta all’Albo.