«La priorità sono le pensioni e l’innovazione. Altro che debito»

«Due sono le necessità urgenti di questo Paese: evitare di creare una marea di pensionati poveri e rilanciare gli investimenti con politiche industriali e ammortizzatori sociali». Altro che risanamento o riduzione delle tasse; Felice Roberto Pizzuti, professore di economia pubblica all’Università La Sapienza di Roma, indica ben altre vie dove destinare il tesoretto di 10 miliardi di euro che il governo Prodi si è ritrovato fra le mani.

Professore, questi 10 miliardi non sono proprio piovuti dal cielo, ma adesso si tratta di non sprecarli. Qual è la tua ricetta?
Beh, innanzitutto bisogna tener presente che il tesoretto nasce dalla lotta all’evasione fiscale, quindi è un aumento strutturale delle entrate. Si tratta di studiare le politiche che siano in grado di sfruttare al meglio l’incremento di bilancio. È logico dunque che se questi soldi venissero tolti dal circuito economico, come accadrebbe se venissero destinati al miglioramento di bilancio, si ridurrebbe la ripresa in corso e si attuenerebbe il futuro gettito fiscale.

È sbagliato quindi destinare questi soldi al risanamento dei conti pubblici?
Sì, anche perché a seguito delle politiche economiche restrittive degli ultimi anni, volte a ridurre i costi delle politiche salariali anziché a incentivare gli investimenti e la domanda interna, la spesa sociale italiana risulta inferiore alla media europea di 2 punti e addirittura di 4 rispetto ai Paesi più avanzati come Francia e Germania. Ebbene, questa impostazione ci ha traghettato verso il declino economico e verso il peggioramento degli equilibri sociali.

Sono questi i versanti su cui suggerisci di puntare?
Sì, serve un’inversione di tendenza. E le necessità più urgenti sono quelle di evitare i pensionati poveri, aumentando le pensioni minime e disinnescando la bomba della revisione dei coefficienti che andrebbe a diminuire in generale gli assegni. Se aumenta la percentuale di popolazione anziana, non è strano che aumenti parallelamente la quota di Pil a loro destinata. L’onere dell’invecchiamento demografico deve essere ripartito sull’intera popolazione. Poi c’è la necessità di rilanciare gli investimenti e l’innovazione, per cui servono idonee politiche industriali e ammortizzatori sociali che migliorino gli equilibri così che i rischi siano sia per le imprese che per i lavoratori. D’altronde le spese per le politiche del lavoro italiane sono circa la metà di quelle del resto d’Europa. Anche da noi si parla molto di flexicurity, ma si è introdotto solo quella povera, la peggiore, quella che si accompagna all’insicurezza, mentre il fattore fondamentale della formula danese è proprio la sicurezza del lavoratore.

La Commissione europea non è dello stesso avviso e dopo aver spinto perché la Finanziaria fosse studiata per il risanamento adesso vorrebbe che lo stesso fosse fatto con questi 10 miliardi. Perché?
Perché dietro il suggerimento della Commissione c’è un’idea di politica economica molto simile a quella che ha prevalso in questi anni e che ha ridotto i tassi di crescita. Invece l’esigenza che ha la nostra economia è quella di accompagnare e spingere la ripresa, di rilanciare la domanda, soprattutto in questo momento in cui l’inflazione è molto bassa e abbiamo delle riserve di occupazione.

Nella sua lettera al Corsera Prodi ha scritto che non si possono più accettare squilibri così grandi fra le retribuzioni…
È chiaro che la politica salariale la fanno imprese e sindacati, ma è evidente che nella distribuzione del reddito c’è stata un’accentuazione a favore delle alte retribuzioni e ancor più dei profitti e delle rendite. Un riequilibrio è utile e necessario.

Berlusconi invece suggerisce di abbassare le tasse..
Non è la priorità principale. Quando saranno raggiunti gli obiettivi d’equilibrio allora se ne può parlare. Ma solo dopo che la lotta all’evasione sarà completata.

E per quanto riguarda le imprese?
Non si deve ripetere l’errore fatto con il cuneo fiscale che è stata una distribuzione a pioggia di fondi pubblici. I fondi devono essere mirati e destinati solo a chi fa innovazione.