Chi vuole soffiare sul fuoco (Enrico Marro sul Corriere della Sera di ieri) la definisce la «resa dei conti in casa Cgil tra riformisti e massimalisti», ma in realtà la due giorni che vedrà impegnato il direttivo nazionale della Cgil a partire da oggi è ben altro. Il sindacato di Epifani dovrà decidere la linea da tenere su un tema centrale come la precarietà. Si tratterà di riprendere la “tesi 5”, uscita dall’ultimo congresso di Rimini e confrontarla con il famoso avviso comune sui call center, firmato tra le parti sociali e il ministro Damiano.
Sono o non sono incompatibili? Chi ha firmato quell’intesa, la segretaria nazionale Nicoletta Rocchi, è pronta, secondo quanto scrive il Corriere della Sera, ad invitare la Cgil «a cogliere l’opportunità, offerta dall’intesa, di una campagna di contrattazione da aprire in aziende, quelle dei call center, dove il sindacato finora ha faticato ad entrare». L’intesa, però, come si ricorderà, lasciava aperta una possibilità per considerare i lavoratori in “outbound” come lavoratori a progetto.
A chiedere la revoca di quella firma non sono soltanto i “massimalisti”, come li definisce il Corriere della Sera. Le richieste di smentita sono arrivate anche dai sindacalisti di Lavoro e Società e da altri come Dino Greco, segretario generale della Camera del lavoro di Brescia e Mirto Bassoli, segretario generale della Camera del lavoro di Reggio Emilia, in tre distinti documenti. «E’ inconcepibile che si determini una interpretazione della posizione congressuale della Cgil più bassa della circolare del ministro Damiano», dice a Liberazione Dino Greco. «Il problema – prosegue Greco, a commento dell’articolo del Corriere della Sera – non è essere radicali o meno ma verificare l’impianto teorico della Cgil e le proposte di legge sulle quali abbiamo raccolto cinque milioni di firme». Ovviamente, la vicenda dell’avviso comune sulla precarietà è legata alla manifestazione dello scorso quattro novembre. A scendere in piazza in quell’occasione fu la Fiom, Lavoro e Società (ma Paola Agnello Modica, della segreteria nazionale, non partecipò) e la Rete 28 aprile. C’è, insomma, il rischio di una reprimenda del direttivo nazionale, che a questo punto, però, non è così automatico. Il “confronto diplomatico”, ieri, sembra sia andato avanti fino a tarda sera.
Il segretario nazionale della Fiom Giorgio Cremaschi, si augura che al direttivo nazionale «si prenda atto che il quattro novembre sono scesi in piazza migliaia di lavoratori e di precari». A quel corteo, Carlo Podda, segretario generale della Funzione pubblica della Cgil, ritirò la sua adesione a causa della presenza di uno striscione dei Cobas che dipingeva il ministro Damiano come “servo dei padroni”.
«Oggi le questioni sul tappeto sono due – sottolinea Podda – il rapporto con i Cobas, caratterizzato da una posizione di non rispetto e di intolleranza e l’iniziativa della Cgil sulla precarietà». «Si deve capire – continua Podda – cosa la Cgil mette in campo sulla precarietà come sostegno alla tesi cinque uscita dal congresso». «Tutti dicono che non è in discussione – conclude Podda – bene, allora va detto che la Cgil promuove una iniziativa dopo aver elaborato una posizione unitaria». Il 24 è in programma una iniziativa unitaria a Roma in piazza Farnese. L’idea, però, è quella di fare in modo che l’omogeneità politica che sta alla base della piattaforma contro la precarietà nel pubblico impiego diventi il carburante per una iniziativa anche nel settore privato.
Come se non bastasse, oggi al direttivo nazionale della Cgil si affronterà anche il tema del Tfr. Su questo c’è molto fermento, perché il rischio è che si arrivi a suggellare la firma all’accordo con Confindustria e governo, quello raggiunto nelle scorso settimane che riguarda le aziende sopra i cinquanta dipendenti, senza un mandato preventivo e senza un voto finale di approvazione da parte dei lavoratori. Sul Tfr, il primo dicembre a Milano si terrà un’assemblea dei rappresentanti sindacali che invece vogliono votare. Anche presa dalla parte del “Tfr” si torna al quindicesimo congresso nazionale svolto a Rimini lo scorso febbraio. In quel congresso si discusse anche di democrazia, anche perché il segretario generale della Fiom Gianni Rinaldini presentò in merito una tesi alternativa (l’altra era sul modello contrattuale).