La politica prenda il posto delle armi

Alle/ai Presidenti dei Gruppi parlamentari dell’Unione

Alle Signore ministre, ai Signori ministri

L’Italia costruisca la pace con la pace.

In questi giorni, Governo e maggioranza dell’Unione, siete chiamati a discutere e decidere in merito al proseguimento delle missioni militari alle quali partecipano soldati italiani – in particolare in Iraq e in Afghanistan.

Il movimento per la pace – fin dall’ottobre del 2001 a Roma, in vista dell’attacco contro l’Afghanistan – ha manifestato contro la guerra “senza se e senza ma”, e oggi torna a chiedere che questa scelta venga compiuta. Ma mentre sembra chiaro (anche se con troppa indecisione) che nessun militare italiano rimarrà in Iraq, sull’Afghanistan la strada sembra differente.

A 5 anni dall’attacco armato statunitense in Afghanistan, quanto avviene in quel paese è ben diverso da quanto ci viene presentato abitualmente: non solo non è in corso nessuna “pacificazione” o “stabilizzazione”, ma la guerra e la violenza sono aumentate in maniera esponenziale – così come il numero di morti, anche civili – e la guerriglia talebana e dei loro alleati è forte come mai in precedenza; la situazione economica e sociale non ha visto grandi miglioramenti e l’intervento di organizzazioni internazionali e non-governative non sembra in grado di sostenere alcuno sviluppo, rischiando al contrario di favorire un processo di concentrazione dell’economia nelle mani delle multinazionali straniere e dei signori della guerra.

È in questo quadro che nel mese di marzo l’Amministrazione statunitense ha deciso di ritirare gran parte dei propri militari dalla zona meridionale dell’Afghanistan, e la Nato ha conseguentemente deciso di allargare il territorio delle sue operazioni – dopo aver deciso già nello scorso dicembre di modificare le “regole d’ingaggio”.

In questo modo scomparirà ogni confine – al quale non abbiamo mai creduto – tra una missione di guerra e una di “peacekeeping”, e la Nato si troverà presto a gestire direttamente operazioni di combattimento.

È quindi tenendo conto di questa cornice che deve essere collocata la scelta di un ritiro dei soldati italiani dall’Iraq e dall’Afghanistan: non è possibile pensare ad alcun ruolo positivo delle forze armate italiane, perché queste agiscono in sintonia con le strategie statunitensi e Nato, e ancora una volta la “copertura” dell’Onu rappresenta solamente la foglia di fico dietro la quale nascondere i reali interessi strategici e le reali intenzioni statunitensi.

Non possiamo credere a chi ci racconta che i militari italiani sono necessari alla protezione della popolazione afgana e al processo di democratizzazione, perché il proseguimento della guerra Usa in Afghanistan – e la loro alleanza con i fondamentalisti dell’Alleanza del Nord e i signori della guerra – stanno trascinando la popolazione afgana verso un nuovo baratro, così come la strategia in Iraq – e i crimini di guerra in essa commessi – hanno aperto la strada a sempre maggiore violenza e invivibilità.

Chiediamo al nuovo Governo e al nuovo Parlamento di iniziare la legislatura dando un segnale forte di inversione culturale rispetto alla militarizzazione della società e della politica: si smetta di coprire il ruolo delle forze armate impegnati in operazioni di guerra e in occupazioni con la maschera degli interventi umanitari e di peace-keeping.

E’ urgente che l’Italia separi le proprie responsabilità dall’occupazione illegale dell’Iraq e dalla guerra permanente e si impegni con una forte iniziativa diplomatica per ristabilire sovranità, pace e convivenza nell’area.

E’ urgente che si pronunci contro qualsiasi intervento militare contro l’Iran, si impegni per un piano generale di disarmo nucleare, per la fine dell’occupazione in Palestina e una pace giusta in Medio Oriente.

Chiediamo che non siano rifinanziate le missioni in Iraq e in Afghanistan, che si ritirino immediatamente i soldati italiani e vengano ridiscusse tutte le missioni militari italiane all’estero.

La politica prenda il posto delle armi. L’Italia costruisca la pace con la pace.

Associazione Guerre&Pace, Gruppo Bastaguerra Milano, Sincobas, SocialPress, Ass. Casa per la pace Milano, Assoc. Sinistra Rossoverde Milano, Confederazione Cobas tavolo bastaguerra