Non ci siamo. Per quanto riguarda la politica del governo per i trasporti non ci siamo proprio. Il crollo in borsa del titolo Alitalia e lo sciopero di lunedì 18 settembre di tutti i lavoratori del gruppo ne è solo un primo grave segnale. Di quanto accade alla compagnia di bandiera la colpa è da attribuire al ministro Padoa Schioppa che invece di sostituire il “liquidatore” Cimoli e cambiare strategia, gli ha confermato piena fiducia. Ma la colpa è più complessiva. Da oltre un anno abbiamo rinnovato la preoccupazione e l’allarme essendo chiaro che il governo Berlusconi aveva deciso di lasciare all’eventuale governo dell’Unione la patata bollente. Nulla, nessuno si è mosso.
Eppure nel programma dell’Unione si fa esplicito riferimento al rafforzamento dei vettori nazionali e nel programma esteso si parla esplicitamente della compagnia di bandiera. In questi giorni Prodi è in Cina per cercare di riaprire un rapporto forte con la più importante locomotiva economica a livello mondiale. Il Presidente dovrebbe guardare come Air France e Lufthansa agiscono verso l’Estremo Oriente per favorire il loro sistema paese!
Se la situazione dell’Alitalia è disastrosa, non da meno è quella degli altri settori dei trasporti. Le ferrovie, che dovrebbero essere il fulcro del cambiamento, sono in rosso di bilancio ed in rosso anche nell’efficienza e nella tenuta organizzativa. Proprio in questi giorni sono stati rinnovati i vertici: Cipolletta Presidente, Moretti Amministratore Delegato. Non c’è nessuna novità. I medici chiamati a guidare l’azienda sono quelli che hanno prodotto la malattia. E i cinque ferrovieri licenziati sono sempre licenziati.
Non migliore è la situazione dell’Enac (aviazione civile) e dell’Enav (controllo aereo). Bloccate sono le nomine delle Autorità portuali commissariate da Lunardi. Aeroporti di Roma ha venduto ad una società spagnola l’handling. Per il trasporto pubblico locale, che proprio oggi consumerà l’ennesimo sciopero nazionale di 24 ore per il rinnovo del secondo biennio economico scaduto da circa un anno, non ci sono nè politiche e nè finanziamenti adeguati, ma solo un disegno di legge delega che prevede la privatizzazione dei servizi pubblici locali (presentato dalla Lanzillotta). Così come, del resto, non ci sono finanziamenti per i porti.
Tanta confusione, quindi. Peraltro la composizione del governo che ha fatto delle competenze del settore uno “spezzatino” non poteva che produrre caos. E vano è stato il tentativo di istituire una “cabina di regia” per rimediare al guaio. Fino ad ora si sono prodotte solo riunioni perché ognuno continua ad andare per conto proprio. Il ministro Di Pietro, dopo l’encomiabile blocco della vendita di Autostrade, sta incontrando tutte le Regioni e gli enti locali per dire che gli accordi fatti con Berlusconi/Lunardi non sono esigibili perché non ci sono risorse (cosa che gli Enti Locali sapevano benissimo; si sono accontentati dell’effetto annuncio di opere improbabili). A sua volta, tuttavia, promette la realizzazione di opere senza il minimo rispetto del programma dell’Unione che prevede che la selezione delle opere prioritarie da realizzare compatibilmente con le finanze disponibili in base ad una analisi costi/benefici, alla Valutazione Ambientale Strategica, alla coerenza con il cambiamento del modello di trasporti. Per altro verso il ministro Bianchi sembra girare a vuoto rilasciando dichiarazioni a volte condivisibili, altre davvero inaccettabili (Val di Susa, assetto FS ecc.). Entrambi non hanno ancora bloccato le procedure per la costruzione del Ponte sullo Stretto. La Finanziaria deciderà delle risorse per i trasporti ma senza una strategia politica, senza una politica per le aziende, gli effetti di queste saranno minime. Ed il sistema andrà al collasso.
Ancora una volta tocca ai lavoratori raddrizzare la barca. Non ci siamo. Proprio non ci siamo.