La piccola carica dei 101 (euro)

Sulla vertenza statali è stato chiuso il primo atto. Nell’incontro di ieri mattina a palazzo Chigi è stato sottoscritto l’accordo-quadro sul rinnovo del biennio economico 2006-2007 e sull’avvio di quanto previsto dal «memorandum» sulla riorganizzazione delle pubbliche amministrazioni (tranne che per ricerca, scuola, università, ancora in via di definizione). Come ampiamente previsto dalle «indiscrezioni» della vigilia – filtrate dai «tavoli tecnici» in cui confrontavano le rispettive tabelle gli esperti di Padoa Schioppa e quelli dei sindacati – l’aumento mensile medio a regime sarà di 101 euro, per un totale di risorse dichiarato pari a 3.711 milioni di euro nel 2008.
La cifra è puramente indicativa, oltre che «lorda», perché bisognerà vedere come saranno spalmate le risorse tra i vari comparti (statali veri e propri, scuola, università, forze di polizia, enti locali, sanità) e i contenuti delle direttive che il governo consegnerà all’Aran (l’agenzia che materialmente conduce le trattative). L’unica cosa certa è che in pratica il 2006 verrà coperto dalla sola «indennità di vacanza contrattuale», pari a una media di 10-15 euro al mese, da ricevere in unica soluzione alla stipula del contratto di comparto. Mentre – a termini di accordo – i 101 euro dovrebbero scattare dal 1 gennaio di quest’anno.
I condizionali sono d’obbligo. E gli stessi sindacati firmatari attendono che siano varate le «direttive all’Aran» per revocare lo sciopero indetto per il 16 aprile. Il governo promette di farlo già mercoledì prossimo; Cgil, Cisl e Uil hanno dato appuntamento per i due giorni successivi ai direttivi unitari di categoria per decidere l’eventuale annullamento dell’agitazione. «Marcatura stretta», insomma, come conferma anche Enrico Panini, segretario generale della Flc-Cgil; anche per «non dover chiedere con decisione tra un mese quello che è stato firmato ieri».
Tanto più che il ministro dell’economia, Tommaso Padoa Schioppa, nell’uscire dalla riunione ha, sì, ostentato tranquillità sul fatto che «si dà sicurezza economica a 3,5 milioni di lavoratori senza mettere a rischio il ritrovato equilibrio dei conti», ma si è anche lasciato sfuggire un sibillino «l’accordo c’è, ma non vado oltre; mai fatto cifre». Eppure le cifre erano il punto dirimente su cui si giocava l’accordo o la rottura.
L’altro punto sicuramente un guadagno netto per l’esecutivo – è l’avvio della «riorganizzazione» generale prevista dal «memorandum», firmato però con le sole Cgil, Cisl e Uil. Il ministro della funzione pubblica, Luigi Nicolais, ne ha enfatizzato l’importanza parlando di introduzione «di contenuti forti come, meritocrazia, mobilità e valutazione di qualità». Il combinato disposto per ottenere questi risultati ha i due pilastri principali nel cambiamento di molte regole e nell’implementazione tecnologica del lavoro. Padoa Schioppa sintetizza il tutto con la nettezza che gli è propria: «un aumento di produttività».
Enrico Letta, sottosegretario alla presidenza del consiglio, lo descrive come un «piano di legislatura», perché «gli obiettivi indicati verranno realizzati in 5 anni»: tra gli strumenti, la «mobilità territoriale», anche tramite agevolazioni contrattuali, forme di incentivazione all’uscita per «gli esuberi non ricollocabili», «sistemi di reclutamento pianificati» per sanare in parte la piaga della precarietà, da limitare anche contrattualmente (tipologie e percentuali).
E’ il primo accordo che comprende tutto il settore pubblico in ogni sua sfaccettatura. Su questo sono tutti d’accordo. Poi ogni soggetto cerca di dimostrare che il suo personale bicchiere è più mezzo pieno che mezzo vuoto. Vasco Errani, presidente della conferenza delle regioni, enfatizza il fatto che l’adeguamento contrattuale parte dal 2007 e non dal 2008 come previsto dalla finanziaria, che gli enti locali sono comunque autorizzati a star fuori dai vincoli del «patto di stabilità», e che sono state trovate nuove risorse per il contratto della sanità.
Sul piano salariale – l’unico relativamente chiaro – il risultato non fa certo gridare i lavoratori al trionfo. Soprattutto perché un anno di adeguamenti contrattuali (il 2006, visto che il contratto era scaduto a dicembre 2005) è stato di fatto cancellato. Non proprio un buon viatico per tutte quelle vertenze che si trascinano tanto a lungo da far guadagnare comunque ai «datori di lavoro» cifre consistenti. E intanto i «bi-enni» economici diventano «enni». Uno sì, uno no. E il salario si restringe.