La piazza divide la Cosa Rossa. Mussi: Falsa partenza per l’unità

ORVIETO — Non condivide «la marcia degli incazzati». Meno ancora il modo in cui è stata decisa. Teme il rischio a cui si va incontro scendendo in piazza il 20 ottobre: «Attenti a non fare cadere il governo». Uno a cui piace parlare chiaro, Fabio Mussi. A Orvieto — che sta a Mussi come Telese sta a Mastella, essendo la roccaforte del ministro dell’Università sin dai tempi in cui guidava il Correntone Ds — allaprima festa di Sinistra democratica, la «Cosa rossa» mostra dì essere in impasse. Sfioratala battuta d’arresto. A segnare la divisione è proprio la manifestazione. Quella a cui Rifondazione e il Pdci hanno aderito e che vogliono a tutti i costi ma sulla quale Mussi (e anche il Verde, Pecoraro Scanio) hanno forti dubbi.
A Orvieto Si ritrovano ieri tutti sul palco, insieme con il socialista Ugo Intini, per raccontare a che punto è l’unità della sinistra. Pronti a fare una federazione, con l’eccezione di Intini che a nome dello Sdi declina. Tuttavia lontani sul 20 ottobre. Giordano affronta la questione di petto: «Compagni, non subiamo ricatti. Ridiscutiamo la piattaforma casomai, ma la manifestazione va fatta. E inquietante quello che sta accadendo. C’è una vocazione autoritaria nel Partito democratico: siccome siamo al governo tutti muti e zitti. E a Mastella devo chiedere il permesso anche per mandare mio figlio alla manifestazione?». Rabbia e ironia. Immediata la replica di Mussi, a cui l’intervistatore Giuliano Giubilei non ha bisogno di dare la parola. Sbotta, infatti: «Non posso se c’è un processo unitario in corso, trovarmi un appello che dice: o scendi o sali. La piattaforma, i modi, i tempi si decidono insieme. Questa è una falsa partenza per l’unità della sinistra». I tempi, per dire. Prima del 20 ottobre la Finanziaria sarà già stata scritta, il referendum tra i lavoratori sul protocollo del welfare già fatto. «Condivido quanto sostiene Epifani, che la manifestazione sarebbe un capolavoro negativo, non che voglia cooptare il segretario della Cgil». Il massimo di apertura offerta da Mussi è un incontro con gli organizzatori della manifestazione. «Noi non dobbiamo fare cadere il governo da sinistra, sarebbe sbagliato, sbagliatìssimo. No a una iniziativa che anche involontariamente ci metta con le spalle al muro». Poco prima nel corso del seminario a porte chiuse ai suoi aveva detto: «Bisogna avere chiaro l’obiettivo politico e gli effetti anche indesiderati che si possono determinare. Come si può accettare una piattaforma che va dalle pensioni al lavoro, dal no Tav all’Afghanistan?». Se l’uscita di Walter Veltroni, «il compagno e amico» sull’Italia che «ha bisogno della sinistra radicale», gli sta bene, al Pd manda a dire che «i suoi leader fanno a gara ad andare più a destra. Se noi siamo la Cosa rossa, loro sono la Cosa grigia». E ancora, se oltre al Pd non c’è l’unità a sinistra, allora «esce la carta della destra». Alfonso Pecoraro Scanio dal canto suo parla di dibattito ridicolo sui ministri in piazza: «Facciamo una manifestazione che rilanci il programma dell’Unione, tutti insieme e chi non ci sta berlusconiano è».
Si consuma la frattura con Gavino Angius. 11 vice presidente del Senato a Orvieto non è venuto: «La sua posizione – dice irritato Mussi – avrei voluto conoscerla direttamente e non per radio. Gli dico Adelante Pedro, calma». Lungo e vivace il dibattito interno. Il più applaudito, Giovanni Berlinguer. Altiero Grandi, il sottosegretario dell’aumento delle tasse sui bot, introduce il tema Finanziaria su cui la posizione è unanime e coincide con quella del segretario del Prc. Nel governo non possiamo essere ospiti e Padoa Schioppa decide. Olga D’Antona, la vedova del giuslavorista ucciso dalle Br, invita a una Conferenza sul lavoro. L’idea va a pennello a Mussi che aveva proposto un’Assemblea. Critico Massimo Villone: «Lanciamo la Costituente della sinistra dalla piazza del 20 ottobre, se no Sd è rischia l’aborto».