A 73 anni si dovrebbe stare nel salotto di casa a godersi il meritato riposo, specialmente dopo aver passato una vita intera nei cantieri. Vincenzo Piccirillo non la pensava così. Un po’ perché era uno a cui piaceva lavorare – «era più forte di lui», racconta il genero – un po’ perché quei piccoli lavoretti “in nero”, che ogni tanto svolgeva nel centro storico di Napoli, lo facevano stare più tranquillo anche dal punto di vista economico. La pensione era buona, circa 1200 euro al mese, ma, evidentemente, non bastava. Ieri Vincenzo ha idealmente salutato i tre figli per l’ultima volta. La sua vita si è spezzata in una traversa della centralissima piazzetta Nilo, precipitando dal terzo piano di una palazzina. Era in piedi sul cornicione con in mano un attrezzo da lavoro quando, all’improvviso, ha perso l’equilibrio ed è caduto battendo il capo. E’ morto all’istante. E’ la seconda tragedia in due giorni a Napoli, dopo l’esplosione di una fabbrica di fuochi di artificio a Gragnano.
Ieri alcune famiglie residenti nell’area dell’incidente sono state evacuate per il rischio di un movimento franoso nella zona. Carmela Novellino, moglie di Alfonso, il titolare della fabbrica morto insieme ai suoi due nipoti, non ha più lacrime. Piange il marito, la signora Carmela e ripete in continuazione che lui, Alfonso, «andava a lavorare per un piatto di pasta». Pare che per svolgere la sua attività il signor Novellino avesse ottenuto tutte le autorizzazioni necessarie. Peccato che le norme di sicurezza per questo tipo di produzioni risalgano a un Regio Decreto del 1931. Secondo i dati dell’Inail, nel corso degli ultimi 5 anni nel settore della pirotecnia si sono verificati 366 infortuni sul lavoro, di cui ben 23 con esiti mortali, per una media di quasi 5 morti l’anno.
Per il sindacato l’allarme è suonato da tempo. «La situazione sta degenerando, abbiamo mediamente tre morti al giorno, anche quando non ne parlano i giornali: è una vera strage», grida il segretario della Uil Luigi Angeletti. La Cisl di Napoli parla di «inaudita mattanza» e ricorda che quello di Vincenzo Piccirillo è il sesto infortunio mortale «dall’inizio dell’anno nel napoletano nel settore edile». Un’emergenza rispetto alla quale il governo non si è mostrato insensibile. Ieri il ministro del Lavoro Cesare Damiano è tornato a sollecitare la rapida approvazione della legge delega sul testo unico per la sicurezza, ora all’esame del Senato, e ha rivolto un appello all’opposizione perché assuma un atteggiamento collaborativo. Giovedì prossimo lo stesso Damiano lancerà la campagna contro il lavoro sommerso “Esci dal nero. Conviene”. «Presenteremo i risultati della nostra azione di prevenzione del sommerso», fa sapere il ministro durante un incontro con imprenditori e istituzioni locali a Porto Sant’Elpidio. «In pochi mesi – anticipa Damiano – sono state sospese 600 aziende edili. Contemporaneamente – aggiunge – ci sono state 76 mila nuove iscrizioni all’Inps, che ha incassato 33 milioni di euro in più di contributi previdenziali».
Ma proprio sulla lotta al sommerso si apre una polemica nella maggioranza. Nei prossimi giorni il deputato del Prc Alberto Burgio depositerà una proposta di legge per abrogare il comma 1198 dell’articolo 1 della Finanziaria. Tale comma prevede la sospensione per un anno delle ispezioni (di qualsiasi tipo, anche quelle sulla sicurezza del lavoro) per le imprese che scelgono di emergere dal nero utilizzando gli incentivi e gli strumenti messi a disposizione dalla stessa legge. «Mi chiedo – osserva polemicamente Burgio – se il governo vede dunque anche questo esonero dalle ispezioni come un incentivo!». La proposta di legge ha già raccolto le firme di Augusto Rocchi (Prc) e Gianni Pagliarini, presidente della Commissione Lavoro della Camera.
Sulla tragedia delle morti bianche è in campo anche il Quirinale. Il primo maggio il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano riceverà i parenti di alcune vittime di infortuni. Tra queste, Graziella Marota, madre di Andrea Gagliardini, un giovane operaio morto nel primo giorno di lavoro presso un’azienda meccanica di Petritoli (Ascoli Piceno). E al Capo dello Stato si rivolge anche Daniela Eramo Mariani, vedova di Franco Mariani, il manovratore delle Ferrovie morto il 6 aprile mentre era impegnato alla stazione di Terni. «Aiutatemi affinché non accada più – c’è scritto nella lettera indirizzata a Napolitano -, aiutatemi affinché nessuna madre, moglie, figli piangano più per una tragedia così immane».
Una buona notizia arriva da Treviso: entro il mese di luglio tutti i lavoratori dello stabilimento De Longhi andato a fuoco lo scorso 18 aprile rientreranno al lavoro. «Siamo molto soddisfatti – dichiara Antonio Bianchin, segretario provinciale Fim-Cisl Treviso – La nostra preoccupazione era che, dopo aver già subito in passato una riduzione di 400 persone, anche la produzione di Treviso rischiasse di venire trasferita all’estero».