La partecipazione militare degli Stati Uniti all’attacco alla Repubblica Serba di Krajina nel 1995

[traduzione a cura di CNJ-onlus]

È di grande interesse politico per gli Stati Uniti, nei Balcani, il territorio della Bosnia-Erzegovina. E per controllarlo, era necessario risolvere la questione della Repubblica Serba di Krajina. Non c’era scelta: la Krajina doveva scomparire.
A Washington e Zagabria furono preparate in parallelo le operazioni militari “Bljesak”-Lampo, “Oluja”-Tempesta, “Mistral” e “Golubica”-Colomba.

La “Bljesak” fu progettata e realizzata per testare la reazione di Belgrado e Pale in vista della successiva operazione di pulizia etnica “Oluja”.

La “Mistral” fu prevista ma non attuata. Sarebbe stata attuata se Radovan Karadzic, il presidente della Repubblica Srpska [cioè Serba di Bosnia], non fosse riuscito ad impedire l’iniziativa (autonoma) del generale Ratko Mladic, capo dell’esercito della Repubblica Srpska, mirata ad indirizzare tutte le forze in una strenua difesa. Tramite la collaborazione dei vertici politici di Pale e Belgrado, l’esercito della Repubblica Srpska è stato espulso dal gioco con una serie di azioni, di cui la più importante è stata la sostituzione del generale Mladic dalla mansione del Capo di Stato Maggiore in base alla decisione del governo della Repubblica Srpska durante la loro sessione del 7 agosto 1995.

La “Golubica”, conosciuta anche come “Vukovarska golubica”-Colomba di Vukovar, sarebbe stata attuata se il regime di Belgrado non avesse potuto mantenere l’accordo, se certe strutture di comando nell’esercito jugoslavo si fossero messe fuori controllo in Baranja e Slavonia orientale causando una reazione a catena. Questa sarebbe stata punita con la massima pena e l’immediato richiamo anche in caso di una minima autonoma iniziativa nel tratto di territorio in oggetto, finalizzata alla resistenza contro l’offensiva croata.

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Il colonnello Richard Safranski, ufficiale dell’Air Force degli Stati Uniti, già primo analista nel settore dell’intelligence dell’Air Force e poi docente presso le alte scuole militari degli Stati Uniti, è diventato noto al pubblico mondiale con un suo lavoro scientifico pubblicato su “Military review” nel novembre 1994. Questa rivista ufficiale è seria e professionale, è un mensile edito con la massima cura, contenente gli articoli e i progetti importanti degli esperti militari e di scienziati di Stati Uniti, Gran Bretagna e altri membri della NATO. Ci sono due versioni di questa rivista: la prima è disponibile al pubblico, l’altra è sotto forma di newsletter, progettata per l’informazione interna. Lo studio del colonnello Safranski, che è nelle sue stesse parole “un minuscolo schizzo di un progetto di seria ricerca cui vari team di esperti lavorano oramai da un decennio” e che ha attirato grande attenzione da parte degli esperti, è stato pubblicato sotto il titolo: “Guerra neocorticale”.

L’articolo descrive la base su cui poggia la moderna dottrina militare degli Stati Uniti e la sostanza della strategia offensiva del XXI secolo, che, nelle parole del suddetto colonnello, “dopo anni di sperimentazione e verifica, ora è matura per l’introduzione nella pratica delle forze armate degli Stati Uniti e della NATO.” In seguito, già nel 1995, si era dimostrato che non si trattava soltanto del parere di un team scientifico o del loro direttore. Il Consiglio di sicurezza nazionale ha approvato e firmato in quell’anno l’introduzione di un nuovo regolamento sull’impiego delle Forze Armate USA, sotto la denominazione FM 100-5. Questo regolamento non è altro che una guida per l’applicazione della teoria del combattimento neocorticale, e non è altro che un metodo compatibile con il piano di attuazione della politica estera degli Stati Uniti, motivo per cui gli è stata conferita l’approvazione per l’applicazione.

La guerra neocorticale comprende la guerra psicologico-propagandistica, il verificarsi di azioni indirette, conflitti a bassa intensità, operazioni psicologiche.

La storia dell’umanità è la storia della guerra, dal fratricidio di Caino in poi. Tutti i periodi di pace sono periodi di volontà spezzate delle parti sconfitte e periodi di preparazioni per successivi conflitti armati.
L’essenza del moderno concetto di guerra è di trascurare il risultato raggiunto e non permettere che si verifichi una fase di tregua o di distensione, affinché l’azione si protragga fino al completo collasso, al punto di arresa totale ed irreversibile alla volontà dell’avversario. Il colonnello Sam Safranski afferma nel testo: “Dobbiamo prevenire tutte le mosse o i tentativi dell’avversario di riacquistare la propria volontà, una volta che questa è stata sottomessa. Ogni volta che, nella storia, si è verificata questa situazione, la volontà rinnovata ha risposto con più severità rispetto alla sudditanza precedente”.
Che cosa hanno concretamente realizzato gli Stati Uniti di tutto questo? Hanno semplicemente seguito le istruzioni sull’impiego dell’esercito dalle disposizioni dette FM 100-5. Una volta presa la decisione politica, l’esercito la mette in opera secondo i principi delle “operazioni FID” previsti nelle ipotesi strategiche e tattiche per i Balcani.

1. Operazione FID

Le “Operazioni FID” (Foreign Internal Defense), cioè “difesa interna dei paesi amici”, sono state definite nel 1976 al Pentagono con il regolamento FM 100-20, sulla base delle esperienze maturate in Vietnam, e collaudate in numerosi conflitti nel mondo. Le Operazioni FID comprendono la gestione delle operazioni “senza uno stato formale di guerra” e una serie di misure interconnesse e coordinate, realizzate da parte del protettore (governo USA) e dal governo estero, appoggiato dagli USA nella difesa contro gli atti distruttivi da parte suoi nemici interni.

Tali operazioni si organizzano nel momento in cui è necessario astenersi da ogni aperto e diretto intervento militare. Nella realizzazione dei propri obiettivi nei confronti del paese attorno quale si crea uno “scudo di protezione,” gli Stati Uniti dapprima forniscono supporto diplomatico e politico, al fine di creare una fiducia pubblica internazionale sulla fondatezza di tale pratica, poi si passa agli approvvigionamenti per i “clienti residenti” fornendo loro armi e istruttori di intelligence, in modo che il paese si difenda “con le proprie forze”, e infine, se è proprio necessario, si prosegue con il successivo coinvolgimento di forze armate statunitensi. Tutto mira ad abilitare le forze armate degli alleati e rafforzare la loro capacità di combattimento autonomo, affinché la partecipazione dei soldati americani sul terreno sia ridotta al minimo.
Una operazione FID si basa su di un trattato segreto o altro tipo di accordo segreto tra gli Stati Uniti ed il paese protetto, in cui si impiega il complessivo potenziale americano, che consiste in diplomazia, economia, intelligence e forze speciali per l’attuazione delle azioni psicologiche, di propaganda e di sostegno. Onde preservare il più possibile la segretezza di operazioni come quelle di formazione “dell’esercito del paese protetto”, si utilizzano delle società apparentemente private.

2. Operazione FID in Croazia

Con il riconoscimento della Croazia da parte degli USA e dell’UE entro i suoi confini della Costituzione jugoslava del 1974, si erano create le condizioni per la conclusione di accordi bilaterali tra la Croazia e gli Stati Uniti e quindi per l’avviamento della operazione FID. E ‘importante notare che la statualità della Croazia era stata pienamente riconosciuta, indipendentemente dal fatto che non erano state affrontate questioni chiave come quelle sulla successione e sulla posizione del popolo serbo in essa. Ciò significa che i serbi furono trattati come ribelli contro il “governo legalmente eletto” e contro “uno Stato riconosciuto a livello internazionale,” le loro unità militari furono trattate come “paramilitari” e la Repubblica Serba di Krajina come una “creazione illegittima”, anche se ciò era contrario allo stato di fatto. Pertanto tutte le azioni dell’esercito croato contro i serbi sono state interpretate come “lotta contro i ribelli” in cui bisognava prestare aiuto all’alleato che combatteva contro i “ribelli”.

Nell’operazione FID attuata dagli Stati Uniti nel territorio della Croazia, che si è conclusa con la distruzione della Repubblica Serba di Krajina, con la persecuzione della popolazione serba dalla Croazia e numerosi massacri contro di loro, uno dei ruoli principali lo ha avuto la società MPRI.

3.1. Il ruolo della MPRI – società di consulenza militare
La società privata statunitense di consulenza militare per la fornitura di servizi militari professionali MPRI (Military Professional Resources Incorporates – Società per le Risorse militari professionali) è stata costituita nel 1987. La sua sede è ad Alexandria in Virginia (USA) e raduna principalmente generali in pensione, ammiragli e ufficiali di ogni ordine e grado dell’Esercito degli USA, per lo più provenienti dai servizi segreti militari. Sul loro sito web, ma anche nei dépliant forniti alle parti interessate, si menziona che la MPRI rappresenta un centro con la più alta concentrazione mondiale di esperti e professionisti militari. Il numero di dipendenti a tempo indeterminato è di circa 2000. Tuttavia, nella fornitura dei servizi militari, la MPRI noleggia forze aggiuntive in base alle esigenze.
Il compito della MPRI nell’ambito di una operazione FID è di addestrare l’esercito alleato, mentre l’Amministrazione USA procura le condizioni fondamentali per azioni di guerra: armamenti, munizioni, apparecchiature per il comando e la comunicazione, supporto psicologico-propagandistico, dati di intelligence ecc. Qualora la parte “sponsorizzata”, nonostante l’aiuto americano, non fosse capace di eseguire il compito predisposto, allo scopo della salvaguardia dei propri tutelati gli USA ricorrono all’ intervento militare diretto. Prima dell’intervento, essi cercano di ottenere il permesso dell’ONU ed il consenso e sostegno degli alleati dalla NATO. La piattaforma di azione congiunta tra MPRI e Amministrazione USA, dapprima sul territorio della Croazia e poi in Bosnia-Erzegovina, ha avuto un effetto decisivo per il successo degli eserciti croati e musulmani contro gli eserciti della Krajina e della Repubblica Srpska. (Questa azione coordinata è continuata in Macedonia e Kosovo-Metochia).
Sebbene l’Amministrazione degli Stati Uniti abbia svolto tali operazioni in modo segreto, cercando di preservare ad ogni costo la loro segretezza, è però accaduto che loro funzionari, in occasione di apparizioni pubbliche, abbiano involontariamente rivelato il vero significato e l’essenza delle azioni della MPRI. Così il presidente degli USA, William Bill Clinton, raccomandandosi che la MPRI gestisse il programma “Addestrare ed equipaggiare” [Train and equip], dichiarò pubblicamente che questi avevano compiuto un grande lavoro per i croati in Bosnia. (Il contratto tra la MPRI e la Federazione croato-musulmana, nell’ambito del programma “Addestrare ed equipaggiare”, era stato firmato il 16 luglio 1996 da Alija Izetbegovic, Kresimir Zubak e James Jump, un rappresentante del governo degli Stati Uniti per la cooperazione militare nei Balcani. L’accordo è un’ulteriore prova del fatto che l’Amministrazione americana ha utilizzato questa società per le proprie attività sotto copertura. Questi sono solo alcuni dei fatti che comprovano come la MPRI sia un elemento offensivo della politica statunitense ed una “maschera” per le operazioni segrete dell’Amministrazione, perché si tratta di una organizzazione privata, anziché statale. Essa contribuisce a realizzare gli interessi americani in un determinato paese o regione.)

3.2. MPRI in Croazia
I governanti della Croazia e la MPRI già nel 1991 avevano firmato un contratto per l’addestramento dell’esercito croato. Il Ministro della Difesa croato Gojko Susak rinnovò il contratto il 15 novembre 1994, dopo di che in Croazia giunsero circa 60 esperti della MPRI, con il compito di addestrare le forze speciali croate e le unità della Guardia.

In parallelo, il 29 novembre dello stesso anno, fu firmato un accordo militare tra i Ministeri della Difesa di Croazia e Stati Uniti, che conteneva una serie di clausole segrete sulla formazione dell’esercito croato e sulla partecipazione dei generali americani alla pianificazione operativa, all’armamento, all’ intelligence e al supporto logistico. In tali contratti erano stati precisati anche la installazione di velivoli spia senza pilota statunitensi sull’isola di Brac, l’ascolto elettronico da parte della centrale NATO nel territorio della Croazia, l’utilizzo degli aeroporti e porti sull’Adriatico, e altre questioni. Entrambi i contratti significavano l’impegno diretto degli USA nel rafforzamento dell’esercito croato e nella sua preparazione per lo scontro decisivo con i serbi.

Nello Stato Maggiore dell’esercito croato furono inclusi alcuni autorevoli generali in pensione, membri della MPRI: John Galvin, ex comandante delle forze USA in Europa; Carl Vuno, ex capo dello Stato Maggiore dell’esercito terrestre USA durante le operazioni a Panama; Richard Griffith, ex-vice comandante delle forze USA in Europa per le questioni di intelligence; James Lindsay, ex comandante delle Forze Speciali USA ed esperto di conflitti a bassa intensità; Ed Sojster, ex capo del Servizi Segreti Militari; S. Crosby, ex capo dell’Accademia militare di Fort Levenvorth; e ancora molti altri ufficiali di rango inferiore. L’operatività in Croazia tra la MPRI e il governo degli Stati Uniti era coordinata dal generale John Svol, consigliere militare del segretario di Stato Warren Christopher. Presso l’Ambasciata USA a Zagabria, in base ai regolamenti, fu istituito un “team statale” per fornire assistenza di tutti i tipi al “paese amico”, con a capo l’ambasciatore Peter Galbraith, il quale in seguito, in un’intervista al quotidiano “Vecernji list” di Zagabria, ammetterà che gli Americani sapevano della preparazione della “Tempesta”, ma negherà la loro partecipazione diretta. Tutto questo indica chiaramente l’azione coordinata tra la MPRI e l’Amministrazione americana: la MPRI forniva l’addestramento e gli Stati Uniti fornivano armi, equipaggiamenti, sostegno diplomatico e di altro tipo.

Al centro delle attività della MPRI era la formazione degli ufficiali croati e dei comandi per le operazioni tattiche, l’organizzazione delle unità, la pianificazione dell’esecuzione di operazioni di combattimento, l’uso dell’intelligence, dei dati satellitari ed elettronici, la simulazione al computer e così via. L’intero esercito croato non poteva essere ristrutturato in così poco tempo secondo il modello occidentale, cosicché l’accento fu posto sulla formazione del personale preposto, dei comandi nelle basi militari, e la strutturazione delle Guardie del Primo Corpo d’elite in otto brigate organizzate secondo gli standard NATO, di cui facevano parte professionisti ben remunerati. Difatti, queste brigate di guardie costituiranno la potenza offensiva primaria, la forza d’urto nelle operazioni “Bljesak” e “Oluja”, ovvero nella distruzione della Repubblica Serba di Krajina, nel terrorismo e nella persecuzione della popolazione serba. In quell’occasione l’esercito croato si comportò secondo una versione modificata della dottrina americana del “combattimento aria-terra” in cui, tra l’altro, fece ampio uso dell’artiglieria (razzi) per operazioni in profondità, delle attività di guerra psicologica e propaganda, dell’intelligence e della logistica a livello NATO. È certo, comunque, che l’assistenza della MPRI non sarebbe stata sufficiente e fondamentale per il successo dell’esercito croato se non ci fosse stata un’azione forte e coordinata e il sostegno delle forze USA e NATO, sotto il cappello delle Nazioni Unite a favore della Croazia. Vale a dire che nel Quartier Generale croato erano ospitati un centro americano per il comando, il controllo e il coordinamento dell’esercito croato, organismi per le attività psicologiche e di propaganda nonché un Centro per l’elaborazione dei dati riservati sull’esercito serbo di Krajina, raccolti dagli Stati Uniti attraverso satelliti spaziali e altri mezzi d’aria (velivoli senza pilota e aerei spia).

4. La partecipazione degli Stati Uniti alla distruzione della Repubblica Serba di Krajina

Il fatto che gli Stati Uniti passassero dati di intelligence all’esercito croato è evidenziato nel film documentario “La grande storia”, presentato il 16 novembre del 1995 sul terzo canale della televisione londinese e realizzato dal network televisivo indipendente ITN. L’autore del documentario, il giornalista Dermot Mamahan, ha detto di avere iniziato la sua ricerca su “uno dei segreti meglio occultati della guerra dei Balcani” partendo dall’isola di Brac, dove in uno degli alberghi semideserti soggiornavano “misteriosi” americani che si muovevano solo in compagnia di poliziotti militari croati.

Abitanti locali, che vivono nella vicinanza dell’aeroporto, hanno confermato al giornalista britannico di aver avvistato certi “strani aerei” che si alzavano più volte al giorno dalla pista. Sulla base delle loro descrizioni e della consultazione di esperti, Mamahan ha concluso che si trattava degli aerei spia americani senza pilota, del tipo GNAT-750, le cui parti sono arrivate smontate nelle casse e che gli americani in seguito assemblavano in uno degli hangar. Questi velivoli sono dotati di telecamere moderne e dispositivi di registrazione del movimento delle truppe, del dispiegamento delle armi, e di raccolta di altri dati importanti.

In quel film Mamahan ha inoltre usato le dichiarazioni di David Fulgham di “Aviation Week”, che ha detto che “l’intera operazione dell’isola di Brac testimonia il coinvolgimento della CIA”, oltreché le testimonianze di generali in pensione della intelligence americana, quali Roger Ciles, su come gli americani abbiano condiviso con i croati i dati ottenuti con voli spionistici. Questo è stato confermato a Mamahan anche dal generale croato Martin Spegelj.

In base a tutto ciò, Mamahan ha concluso che le truppe croate sicuramente hanno ampiamente usato questi dati per la conquista della Krajina, quando è stata perpetrata “l’uccisione massiccia dei civili di nazionalità serba.” Così “l’offensiva si è trasformata in un massacro condotto con il sostegno degli Stati Uniti”, ha concluso Mamahan, aggiungendo che ufficiali delle Nazioni Unite hanno confermato che udirono i rumori di aerei americani poco prima che l’attacco avesse inizio.

I filmati degli aerei Nato che decollavano da Aviano poco prima dell’attacco alla Krajina, il cui compito era di demolire tutti i centri di trasmissione dell’esercito serbo di Krajina per disorientarlo poiché tutti i sistemi di comunicazione erano messi fuori uso, sono stati presentati due volte alla televisione croata. Così, la testimonianza dell’ufficiale ONU nel documentario di Mamahan ha acquistato peso e fornisce una ulteriore prova che la macchina della NATO guidata dagli Stati Uniti era direttamente impegnata a schiacciare la Krajina e, quindi, nelle persecuzioni e nei massacri ai danni della popolazione serba.

Per di più, del coinvolgimento diretto degli Stati Uniti nella operazione “Oluja” ha parlato anche Tim Marshall, autore del libro “Game of Shadows” [Il gioco delle ombre] pubblicato nel 2001 a Belgrado, che in modo diretto racconta i retroscena della cosiddetta rivoluzione del cinque ottobre [2001]. Una parte della conversazione tra Marshall e Marko Lopusina, giornalista del “Nedeljni Telegraf”, è stata pubblicata il 4 dicembre 2000. In essa, tra le altre cose, Marshall dice che la “Tempesta” fu una operazione pianificata e finanziata dagli Stati Uniti, con armi moderne utilizzate dalla CIA, e nota che questo dato gli è stato confermato da un colonnello della CIA: nella documentazione di questa agenzia, la “Tempesta” è valutata come una azione americana di grande successo.

Ciò che rimane come una questione aperta è il livello di partecipazione degli USA e della ditta MPRI alla diretta pianificazione di queste operazioni e se i pianificatori ed i consiglieri americani, insieme ai loro “allievi”, abbiano pianificato il massacro e la persecuzione della popolazione serba, oppure se gli “allievi” siano andati fuori controllo, commettendo le atrocità da soli, cercando di risolvere la questione serba in Croazia una volta per tutte, secondo la ricetta di Ante Pavelic.

5. I servizi segreti croati sulla partecipazione americana

“Signori, fateci espellere i serbi dalla Croazia, e noi non porremo questioni sulle condizioni che ponete”, dichiarò Gojko Susak a Carl Edward Vuono nel novembre 1994, in occasione della firma degli accordi con la MPRI.

Dal momento che gli Stati Uniti erano più interessati alla situazione in Bosnia-Erzegovina che a quella in Croazia, alla Croazia era richiesto di permettere l’installazione di una base militare per droni. La condizione principale era che tutto rimanesse top secret, per non far sembrare che gli Stati Uniti si schieravano dalla parte di uno degli avversari.

Gli Stati Uniti non soltanto monitorarono l’intera operazione “Tempesta”, ma collaborarono anche attivamente con l’esercito croato nella sua preparazione e, alla fine, la avviarono loro direttamente. La luce verde dalla Casa Bianca, ovvero del presidente Clinton, per l’operazione “Oluja” fu trasmessa dal colonnello Richard Herish, allora addetto militare degli Stati Uniti a Zagabria. Pochi giorni prima dell’inizio della “Tempesta”, egli si recò in visita da Markica Rebic, che con Miroslav Tudjman, allora primo uomo del servizio di intelligence croato, e Miro Medjimurac, allora capo del SIS, teneva le comunicazioni più intense con i militari statunitensi e i servizi segreti, così che nel 1996 ricevette da Peter Galbraith, allora ambasciatore USA a Zagabria, una medaglia per il servizio meritorio reso. Herish trasmise a Rebic il messaggio che gli Stati Uniti non si opponevano all’inizio dell’operazione “Tempesta”, ma che questa doveva essere “pulita e veloce” e completata in cinque giorni. Rebic rimase sorpreso che un tale importante messaggio politico e militare fosse trasmesso a tale livello, ed immediatamente informò la leadership dello Stato. Questo è degno di nota perché nella “linea di comando” Galbraith era stato completamente tralasciato. Vale la pena di sottolineare che il messaggio passò da Clinton ad Anthony Lake, allora consigliere per la sicurezza nazionale, e William Perry, ministro della Difesa, e tramite Rebic fino a Susak e al presidente Franjo Tudjman.

Questo fu il momento topico della cooperazione tra gli Stati Uniti e la Croazia, che aveva cominciato a svilupparsi nel 1992, all’inizio della guerra serbo-musulmana. Clinton nel 1995 era vicino alla sua seconda rielezione, Bob Dole era il candidato presidenziale repubblicano che chiese al Congresso di revocare l’embargo sulle armi ai musulmani della Bosnia-Erzegovina. Per Clinton questa regione diventava fondamentale per gli affari interni degli Stati Uniti ed era il prezzo per il mantenimento del suo potere. Nella loro strategia di soluzione della crisi essi decisero di utilizzare la Croazia per attaccare le forze serbe in Bosnia-Erzegovina, perciò Alija Izetbegovic e Franjo Tudjman firmarono la dichiarazione di Spalato – che permetteva l’ingresso in Bosnia-Erzegovina dell’esercito croato al comando del generale Ante Gotovina, nonché la cooperazione con l’esercito della Bosnia-Erzegovina. Al fine di realizzare questa operazione, l’esercito croato si portò sul monte Dinara sopra alla città di Knin per liberare la Krajina con l’operazione “Tempesta”, e poi subito trasferì le proprie unità in Bosnia-Erzegovina per fare pressione contro i serbi e forzare Slobodan Milosevic a firmare l’accordo di pace a Dayton. Clinton lottava con il tempo perché aveva bisogno di una soluzione rapida alla crisi al fine di fermare l’iniziativa di Dole e dimostrarsi dinanzi ai propri elettori come presidente deciso, in grado di risolvere una crisi così grande come quella nella ex Jugoslavia, i cui orrori ogni giorno venivano mostrati dalla CNN e dalle altre principali stazioni tv americane. Per non avere gli inglesi e i francesi alle calcagna, Clinton aggirò la diplomazia classica, in modo che, in caso di fallimento, avrebbe potuto affermare che non vi aveva fatto ricorso. Tuttavia, poiché l’azione intrapresa a suo nome da Richard Holbrooke era andata a buon fine, entrambi nei loro libri la elogiarono come un grande successo. Di fronte alla difficile situazione in Croazia e Bosnia-Erzegovina prima delle sue elezioni per il secondo mandato, Clinton aveva deciso di aiutare la Croazia contro la Krajina.

I primi contatti al massimo livello dell’intelligence erano iniziati nel 1992, quando a capo della DIA (Defense Intelligence Agency) era il generale James Claper. In Croazia i suoi uomini erano il tenente Richard Herish e il suo assistente Ivan Sarac. Sarac aveva il grado di sergente di quarto livello, il più alto che potesse avere un sottufficiale. Nato in Croazia, a 17 anni emigrò negli Stati Uniti. Dopo alcuni anni si arruolò nell’esercito ed agli inizi del conflitto in Jugoslavia fu inviato a Zagabria perché conosceva la situazione e la lingua. Il tenente colonnello Herish era ingegnere edile, ma alla fine divenne altamente qualificato tra i militari americani e persona di massima fiducia per Claper. Rapidamente iniziò una sorta di scambio tra i due servizi. La Croazia forniva alla DIA le mine subacquee russe da 500 chili ed i più moderni siluri russi, nonché dispositivi di cripto-protezione usati nella JNA come dall’esercito sovietico. I servizi croati fornivano informazioni sulla fabbrica di gas bellici in Serbia, trasferita in Serbia da Bijelo Polje presso Mostar. Gli Stati Uniti rapidamente fornirono apparecchiature per le intercettazioni telefoniche dirette contro la Serbia e il Montenegro, perché si potessero registrare contemporaneamente fino a 20.000 conversazioni telefoniche.

Prima della “Tempesta” avrebbero dovuto essere realizzate l’operazione “Summer ’94” e l’azione “Winter ’95”. Nel pianificare operazioni di dislocazione di truppe croate sopra Knin, gli Stati Uniti prestavano assistenza sugli aspetti di intelligence dell’operazione. Per essere in grado di pianificare con precisione la penetrazione nelle montagne dell’entroterra bosniaco verso Knin, sono servite un sacco di informazioni sui movimenti delle truppe serbe, sulla composizione dei collegamenti, cripto-protezione, punti con postazioni di artiglieria e così via. Fu selezionata l’isola di Brac che si poteva difendere bene. Vi erano tutte le attrezzature e il personale diretto da esperti della CIA, con velivoli a lunga gittata senza equipaggio che coprivano l’intera Bosnia-Erzegovina fino al corridoio serbo sul fiume Sava. Nel loro raggio di azione c’era tutto il territorio della Krajina. A quel tempo nessuno aveva idea di cosa accadeva e veniva nascosto sull’isola di Brac. Neanche i tedeschi, alleati degli Stati Uniti, che il 1 gennaio 1994 inviarono il loro addetto militare. La base fu rimossa dopo un’incidente inavvertitamente causato da questo tedesco. Una nuova base fu creata in un sito presso Zara, il paese di Šepurine. Le attrezzature provenienti dagli Stati Uniti venivano trasportate di notte.

Da Šepurine, con veicoli aerei senza equipaggio, veniva coperto ogni angolo della Krajina e della Bosnia-Erzegovina. Gli americani avevano un tacito accordo con l’esercito croato perché consegnassero tutte le foto del terreno e delle truppe serbe: in tempo reale le immagini venivano trasferite direttamente via satellite al Pentagono. In sale con videoterminali tutta la situazione era costantemente monitorata da parte di tre ufficiali americani e tre ufficiali croati.

Alla vigilia della operazione “Bljesak”, che doveva essere una prova generale della “Oluja”, ed esattamente a mezzanotte, cioè sei ore prima dell’operazione, al Ministero degli Interni furono convocati Herish e Sarac, per riferire loro che l’azione pianificata sarebbe iniziata entro poche ore. A mezzanotte, al Ministero degli Interni su allestito il quartier generale per la operazione “Bljesak”, che alle sei del mattino si trasferì presso il MORR. Così come veniva man mano spostata la sede, si spostava anche l’addetto militare americano. Egli ripetutamente esigeva rapporti sugli eventi e li inviava a Clinton alla Casa Bianca. Ogni mattina, il presidente degli Stati Uniti era informato sui preparativi e le operazioni in ogni dettaglio. Gli americani erano entusiasti per il modo in cui era condotta la “Oluja”, capivano che questo era un ottimo modello di collaborazione con i croati, che poteva essere decisivo nella battaglia contro i serbi in Bosnia-Erzegovina. Il Pentagono coordinava tutta l’azione tramite Richard Herish, mentre l’azione della CIA era coordinata da Mark Kelton, capo della filiale della CIA a Zagabria, che lavorava a stretto contatto con Miroslav Tudjman, allora capo della HIS [Servizi segreti croati].

Gli americani, al momento della preparazione della “Tempesta”, rifornivano l’esercito croato di dati sul movimento dei serbi in Krajina e sui movimenti dell’esercito jugoslavo sul confine orientale con la Croazia. Avevano paura che Milosevic avrebbe realizzato un contrattacco con due brigate corazzate nella Slavonia orientale, se lo scenario a sud si fosse rivolto contro Knin. Con un monitoraggio intensivo delle comunicazioni Belgrado-Knin e nella stessa Serbia, si concluse che il contrattacco non avrebbe avuto luogo. C’era il pericolo che i serbi dalla stessa Knin scatenassero un attacco nel momento in cui Gotovina arrivava con le sue unità sul monte Dinara sopra la città. Nel caso in cui i velivoli senza pilota ed il monitoraggio avessero svelato manovre offensive da parte delle truppe, la “Oluja” sarebbe cominciata dieci giorni prima.

Nella notte tra il 3 e il 4 agosto 1995 alle unità croate fu impartito l’ordine di spegnere tutti i dispositivi di telecomunicazione tra la mezzanotte e le quattro del mattino. Si è saputo in seguito che gli americani avevano utilizzato questo lasso di tempo per intercettare elettronicamente e distruggere i dispositivi di telecomunicazioni serbi. All’esercito croato rimase una sola ora, tra le 4 e le 5 del mattino, per il collegamento radio e il coordinamento dell’operazione. Alla vigilia della “Tempesta”, nel quartier generale dell’operazione fu nuovamente accolto l’addetto militare americano. Ad accompagnarlo era nuovamente Ivan Sarac. Un giorno o due prima della “Tempesta”, Herish – che aveva preparato l’operazione assieme agli ufficiali croati, trasmettendo il “via” da parte di Bill Clinton – fu sostituito dal colonnello John Sadler. A mezzanotte giunsero presso la sede operativa del MORR e da lì seguirono le vicende sul terreno. L’intera operazione “Tempesta” fu trasmessa in tempo reale via satellite al Pentagono. Il segnale che dagli americani andava al satellite era ricevuto anche dall’esercito croato, e con l’utilizzo di queste immagini era possibile controllare in modo millimetrico il fuoco dei cannoni contro le posizioni serbe sulla “Crvena zemlja” nei pressi di Knin, dove era situata la caserma dell’esercito della Repubblica Serba di Krajina. Assieme alla distruzione delle comunicazioni elettroniche serbe, le forze armate USA hanno agito direttamente anche contro le postazioni serbe, con il bombardamento missilistico contro la batteria antiaerea nei pressi di Knin, che copriva con i radar gli aerei da combattimento americani che sorvolavano la zona di battaglia. Questa notizia fu diramata solo una volta, nei notiziari delle 18; dopo di che giunse il severo rimprovero degli Stati Uniti per la diffusione della notizia, dopodiché questa non fu mai più ripetuta. Nessuno credette alla spiegazione ufficiale americana per l’attacco missilistico, e a tutt’oggi regna la convinzione che questo fosse un modo di fornire assistenza diretta da parte degli Stati Uniti all’esercito croato – ma questo non si può ammettere neanche dopo quindici anni dalla “Oluja” per via delle relazioni tra gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, la quale aveva un concetto completamente diverso per la soluzione dei problemi nei Balcani.

La “Oluja” si chiuse e la offensiva croata proseguì contro l’esercito della Repubblica Srpska.

Gli Stati Uniti rimasero impressionati di come le azioni erano veloci e pulite, e dei loro risultati, che consentirono un ingresso molto veloce dell’esercito croato in Bosnia-Erzegovina e la penetrazione fino a Banja Luka, e, infine, il consenso di Belgrado per gli accordi di pace a Dayton.