La Palestina che verrà

Oltre un 1 milione e 500 mila palestinesi sono chiamati oggi alle urne per eleggere i 132 deputati del Consiglio legislativo. Si tratta di un appuntamento cruciale: le ultime elezioni si sono svolte nel 1996 e in questi dieci anni sul terreno sono cambiate molte cose. Per questo l’attesa è alta, non solo in Cisgiordania, Gaza e a Gerusalemme est ma anche nel resto del mondo. Le incognite di questo voto non riguardano soltanto il risultato, che potrebbe assegnare una clamorosa vittoria al movimento islamico Hamas – che si presenta per la prima volta alle legislative – oppure confermare al potere Al Fatah del presidente Abu Mazen. L’incertezza riguarda anche la possibilità di movimento degli elettori tra un centro e l’altro della Cisgiordania ora che le città palestinesi sono circondate dal muro e dalle recinzioni costruite da Israele. Riguarda anche il diritto al voto per i palestinesi residenti del settore arabo (est) di Gerusalemme che avranno a disposizione soltanto cinque uffici postali dove poter inserire le loro schede nelle urne. Senza dimenticare che in Cisgiordania cellule armate isolate potrebbero rendersi responsabili di attacchi armati. Ieri le Brigate dei martiri di Al Aqsa (Al Fatah) e le Brigate Ezzedin al Qassam (Hamas) hanno annunciato che consentiranno il regolare svolgimento del voto. Qualche ora prima a Nablus un leader locale di Fatah, Ahmed Assuna, era stato ucciso da militanti armati dopo aver cercato di opporsi alla rimozione di un manifesto elettorale del partito di Abu Mazen. Un ragazzo palestinese invece è stato colpito a morte dai soldati israeliani nei pressi di Ramallah. L’istituto «Near east consulting» di Ramallah, ieri ha reso noto un sondaggio secondo il quale Al-Fatah dovrebbe ottenere 59 seggi, contro i 54 di Hamas. Un vantaggio esiguo per il partito del presidente che sarà penalizzato dal fenomeno della dispersione di voti, a causa del grande numero di candidati presentati e di uomini politici vicini al partito che si presentano come indipendenti. Di ciò approfitterà Hamas, che può contare su una maggiore compattezza e disciplina dei suoi candidati e del suo elettorato. Senza il problema della dispersione dei voti Fatah otterrebbe una larga maggioranza, con 63 seggi contro i 37 di Hamas. «Sono solo fantasie, calcoli privi di logica, mentre tutto dice che vinceremo noi», commenta i risultati del sondaggio Nayef Rajub, leader di Hamas nella Cisgiordania meridionale e fratello del generale Jibril Rajub, uno degli esponenti più noti dell’Anp, candidato per Al-Fatah. «I nostri calcoli ci dicono che avremo più seggi (di Al Fatah) nel Clp e se il sistema elettorale fosse stato il proporzionale puro, la nostra affermazione sarebbe stata ancora più ampia» aggiunge. Dall’estero sono continuate anche ieri le interferenze nel voto. La partecipazione di Hamas nel futuro governo palestinese «complicherebbe seriamente» le relazioni tra l’Anp e l’Ue, hanno di nuovo ricordato fonti europee. «La presenza di Hamas renderebbe difficile continuare a finanziare l’esecutivo palestinese», hanno aggiunto le fonti non mancando, allo stesso tempo, di lasciar capire che l’Ue potrebbe cambiare la propria politica nei confronti di Israele se dovesse accettare alcune condizioni, come il riconoscimento di Israele e l’abbandono della lotta armata. Nayef Rajub dal canto suo esclude che Washington e Bruxelles possano realmente tagliare i finanziamenti (cospicui) ad una Anp governata da Hamas. «Gli Stati uniti non faranno l’errore di peggiorare ulteriormente la loro immagine nel mondo arabo negando fondi ai palestinesi. In ogni caso noi, in totale serenità, faremo le nostre scelte dopo il voto e non è detto che, pur avendo la maggioranza, chiederemo di formare il governo», afferma Rajub facendo capire che ad Hamas fa più comodo stare all’opposizione che al governo, almeno per i prossimi quattro anni.

Il presidente Abu Mazen ieri ha esortato tutti i palestinesi a recarsi alle urne: «Le elezioni sono un diritto per tutti i cittadini. Si tratta di un dovere nazionale che deve essere assolto», ha detto. Nei colloqui con i suoi collaboratori, il leader palestinese ha ribadito di voler rispettare la volontà degli elettori ma si è espresso contro la formazione di un governo con Hamas e non ha escluso di potersi dimettere in caso di una vittoria del movimento islamico. Ma se Abu Mazen è pronto a rispettare l’esito del voto, altrettanto non si può affermare per i settori di Al Fatah legati ai servizi di sicurezza. «La guerra civile a seguito di una vittoria di Hamas è un’ipotesi remota ma l’inizio di un nuovo ciclo di instabilità e violenza non può essere escluso», ha previsto l’analista Mouin Rabbani.