La pace non può aspettare

«Tutto sommato, è andata bene». Lo dicono in tanti in piazza Duomo, mentre dal palco il numero dei partecipanti alla manifestazione viene alzato da 50 a 80 mila. Il «tutto sommato» riassume il timore della vigilia che al corteo dei «buoni», secondo alcuni «troppo filogovernativo», ci sarebbero stati più gonfaloni che manifestanti. Non è stato così. Intanto a Roma, alcuni «cattivi» facevano la loro parte per «conquistarsi» il titolo di testa già pregustato in quasi tutte le redazioni.
A Milano si è manifestato «Per la pace e la giustizia in Medio Oriente», obiettivo declinato nello striscione d’apertura in «Palestina e Israele due popoli, due Stati: stessa dignità, stessi diritti, stessa sicurezza». E’ lo slogan che il movimento per la pace e la sinistra ripetono da decenni. All’improvviso, sarebbe diventato troppo «equivicino», da quando il ministro degli esteri D’Alema ha messo in circolazione l’aggettivo. Uno slogan condiviso dall’ambasciatore palestinese in Italia Sabri Ateyeh, presente alla manifestazione di Milano, che di certo non equipara le responsabilità del suo popolo e di Israele nel conflitto che dura da oltre mezzo secolo. «Israele è potente, è armata, occupa i territori. I palestinesi sono alla fame. Impossibile metterli sullo stesso piano», dice una ragazza – occhi pittati e capo velato – che sfila con i Giovani musulmani d’Italia. «Il punto è che c’è un popolo in più, quello palestinese, e uno Stato in meno», dice il capogruppo di Rifondazione al Senato Giovanni Russo Spena. Sottoscrivono gli «Ebrei contro l’occupazione», quattro gatti – scherzano – «ma abbiamo un certo indotto, fidanzati, figli…». Venuti al corteo anche per testimoniare che ci sono ebrei, «qui e in Israele», che non sono d’accordo con il governo israeliano.
«Azioni concrete» per «fare» la pace in Medio Oriente. Dal palco Flavio Lotti, portavoce della Tavola della pace, le sollecita al governo italiano e all’Unione europea. Due innanzi tutto: conferenza internazionale e forza d’interposizione a Gaza, «come in Libano». Al governo Prodi il portavoce della Tavola, e alcuni striscioni, rimproverano l’aumento le spese militari in finanziaria. Solo un cenno alla manifestazione di Roma: «Basta prediche, basta demagogia, basta contrapposizioni per schieramenti. Questa è la vera solidarietà che dobbiamo ai nostri amici palestinesi e israeliani».
Robusta la presenza organizzata di Arci, Legambiente, Cgil, Cisl, Acli, Rifondazione, Pdci, Ds. In mezzo i tanti tasselli di un moviemento per la pace che ha perso smalto ma resiste. Lupetti dell’Agesci di Casale Monferrato, Donne in nero, Beati costruttori di pace, organizzazioni del volontariato. «Vicenza città d’arte, non militare», recita lo striscione della Cgil e il suo segretario, Oscar Mancini, assicura che la partita contro il raddoppio della base americana «non è chiusa, stiamo preparando un referendum». Quelli di Ronco Briantiano, paese dell’hinterland milanese, tengono a far sapere che «se la pace è un sogno, allora noi siamo irrudicibili sognatori». E teniamo sul pennone del municipio la bandiera arcobaleno, puntualizza il sindaco, «anche se a qualcuno dà fastidio». Il gonfalone del comune di Monterotondo accompagna lo striscione «Ciao Angelo». Lo portano i volontari dei campi di lavoro in Palestina, compagni di Angelo Frammartino, ucciso quest’estate a Gerusalemme da un giovane palestinese. Molti gli striscioni delle comunità d’immigrati, con bandiere palestinesi e qualche barba in odor di fondamentalismo islamico. Tenuta sotto osservazione dalle telecamere per cogliere qualche «eccesso». Non ce ne sono stati. L’unico fuori programma è stato il check point costruito dai Giovani comunisti in un angolo di piazza Duomo (non siamo riusciti a vederlo, li prendiamo in parola».
Delegazione sindacale ai massimi livelli, con Epifani per la Cgil e Bonanni per la Cisl (la Uil non ha aderito, ma nessuno sembra averci fatto caso). Il segretario della Fiom Gianni Rinaldini ammette che la preparazione della manifestazione è stata piuttosto accidentata. Ma la soluzione della questione israelo-palestine è la «chiave» della pace in Medio oriente, Dunque, bando alle polemiche e «stiamo al pezzo». Una piattaforma «chiara e netta» ha avuto la meglio sulle logiche particolaristiche di casa nostra, osserva Paolo Beni, presidente dell’Arci. E Piero Maestri, di Action for Peace, rivendica al movimento il merito d’aver reso più netta la piattaforma.